Parole chiave: Fattore di Crescita Neuronale (NGF) • Terapia Elettroconvulsivante (ECT) • Convulsione • Schizofrenia • Depressione
Key words: Nerve Growth Factor (NGF) • Electroconvulsive Therapy (ECT) • Seizures • Schizophrenia • Depression
Introduzione
Numerosi studi condotti in modelli animali hanno dimostrato una implicazione delle neurotrofine (NT), e nello specifico del Nerve Growth Factor (NGF) (1), nei meccanismi della convulsione (2-12). Non si hanno, per contro, dati sul ruolo ricoperto dal NGF nella convulsione umana anche se numerose sono le evidenze a favore di meccanismi simili tra convulsione in modelli animali e nell’uomo. In particolar modo, sono i meccanismi intrinseci del modello animale del kindling (14-21,3) quelli che più si avvicinano all’epilessia umana, soprattutto nell’analogia della riorganizzazione sinaptica delle fibre muschiate (22-25). (Per un approfondimento del ruolo ricoperto dal NGF nel meccanismo della convulsione e nei disturbi psichiatrici si vedano i riferimenti bibliografici (26-30).
I risultati, ottenuti dai numerosi studi condotti sui modelli animali, rappresentano la base da cui partire per studiare il ruolo ricoperto da questa NT nei meccanismi della convulsione umana (31,32). La Terapia Elettroconvulsivante (ECT) rappresenta, a questo proposito, un utilissimo modello non solo perché la convulsione indotta con ECT è simile a quella che si osserva nell’epilessia generalizzata ma anche perché i meccanismi intrinseci dell’ECT presentano delle analogie con alcuni meccanismi biologici mediati dal NGF. Se, infatti, da un lato il NGF sembrerebbe essere coinvolto nei meccanismi di microplasticità nuronale, regolazione della sintesi delle monoamine, integrazione neuroendocrina e mantenimento dell’omeostasi (33), dall’altra l’ECT interverrebbe nella promozione degli scambi sinaptici, nell’aumento della sintesi e del turnover delle monoamine, nell’induzione di effetti neuroendocrini e nel riequilibrio della bilancia omeostatica (34).
Alla luce di questi dati, obiettivi dello studio sono stati:
2. valutare le modificazioni nel tempo sia della risposta acuta di NGF alla convulsione, sia della risposta in cronico;
Materiali e Metodo
Campione
È stato studiato un campione di 12 soggetti maschi adulti (età media = 38,17 anni; DS = 17,53; range = 18-59 anni), 6 con diagnosi di Schizofrenia e 6 con diagnosi di Depressione Maggiore secondo i criteri del DSM-IV (35). Le diagnosi di Schizofrenia erano così distribuite: Schizofrenia Paranoidea, N = 2; Schizofrenia Indifferenziata, N = 1; Schizofrenia Disorganizzata, N = 1; Schizofrenia Catatonica, N = 2. I soggetti sono stati ricoverati presso il reparto della III Clinica Psichiatrica dell’Università di Roma “La Sapienza”. I criteri di inclusione sono stati la gravità del quadro psicopatologico e la resistenza al trattamento psicofarmacologico. Tutti i soggetti, infatti, in precedenza erano stati sottoposti a trattamento farmacologico con neurolettici classici o atipici, antidepressivi e benzodiazepine. Almeno una settimana prima dello studio a tutti i soggetti è stato sospeso ogni precedente trattamento farmacologico. Nessun soggetto era stato sottoposto in precedenza ad ECT. Tutti avevano sottoscritto il consenso informato prima di essere sottoposti a trattamento e, ove possibile, erano stati informati della terapia anche i familiari che avevano acconsentito a tale intervento terapeutico.
Procedura dell’ECT
Il soggetto era accompagnato alle ore 8.30 di mattina, a digiuno, nella sala del reparto adibita alla somministrazione di ECT. L’équipe terapeutica era costituita da due psichiatri, dall’anestesista e da un infermiere specializzato. Il soggetto era accolto dal personale e fatto sdraiare sul lettino dove si montavano gli elettrodi, si rilevavano temperatura corporea, frequenza cardiaca e pressione arteriosa.
Dopo circa 5 minuti, il medico anestesista iniziava il trattamento anestesiologico che comprendeva la somministrazione di atropina endovena (i.v.) ad un dosaggio di 0,5 mg e succinilcolina i.v. ad un dosaggio di 0,5 mg/Kg. L’anestetico utilizzato è stato il propofol al dosaggio di 1,2 mg/Kg -(1) (7 pazienti) o tiopentale 2-4 mg/Kg -(1) (5 pazienti) in infusione rapida. L’assistenza anestesiologica è stata completata con ventilazione assistita, con O2 al 100% somministrato mediante maschera, e condotta fino al completo risveglio del soggetto (36).
I soggetti sono stati sottoposti ad ECT bilaterale mediante lo strumento MECTA SR-2 ed anestetizzati sotto monitoraggio dell’attività elettroencefalografica e sotto controllo anestesiologico-rianimatorio per tutta la durata della sessione di ECT. Quando i soggetti presentavano una iniziale riduzione della profondità del sonno, evidenziabile dalla ricomparsa dei riflessi palpebrali e dalla iniziale sincronizzazione del tracciato a-elettroencefalografico, veniva somministrato l’impulso elettrico. Tale metodica è stata adottata al fine di attenuare la variabilità di risposta convulsiva legata al diverso stadio di anestesia in cui lo stimolo era somministrato.
L’intero trattamento elettroconvulsivante consisteva in 10 sedute (la prima seduta per l’identificazione della soglia convulsivante iniziale, 8 sedute terapeutiche ed, infine, l’ultima seduta per l’identificazione della soglia finale) (37). Le sedute venivano eseguite a giorni alterni, per un totale di tre a settimana.
Valutazione psicopatologica
L’andamento clinico di ciascun soggetto è stato valutato mediante la somministrazione delle seguenti scale: HAM-D (Hamilton Scale for Depression) (38), SANS (Scale for the Assesment of Negative Symptoms) e SAPS (Scale for the Assessment of Positive Symptoms) (39), PANSS (Positive and Negative Syndrome Scale) (40). La valutazione è stata effettuata alla I, IV ed VIII seduta.
Per l’HAM-D sono stati considerati il valore totale e le sottoscale: “Ansia”, “Riduzione di peso”, “Variazioni diurne”, “Disturbi cognitivi”, “Rallentamento” e “Disturbi del sonno”.
Per la SANS sono stati considerati il valore totale e le sottoscale: “Appiattimento affettivo”, “Alogia”, “Apatia”, “Anedonia” e “Compromissione dell’attenzione”.
Per la SAPS sono stati considerati il valore totale e le sottoscale: “Allucinazioni”, “Deliri”, “Comportamento bizzarro” e “Disturbo formale del pensiero”.
Per la PANSS sono stati considerati il valore totale e le sottoscale positiva, negativa e psicopatologia generale ed i clusters: “Anergia”, “Disturbi del pensiero”, “Attivazione”, “Sintomi paranoidei”, “Depressione”.
Valutazione del NGF
La valutazione della risposta del NGF è stata effettuata alla I, IV ed VIII seduta dell’ECT. È stato eseguito un prelievo di sangue da una vena periferica incannulata ai tempi: -5 minuti (5 minuti prima della induzione della convulsione), 0 minuti (baseline, corrispondente alla induzione della convulsione) ed ai tempi 5, 15 e 30 minuti dalla convulsione. Il sangue, prelevato e raccolto in provette eparinate, è stato centrifugato a 3000 rpm per 15 minuti ed il plasma immediatamente congelato a -70�C. Il NGF è stato dosato nel plasma con metodo ELISA in un’unica sessione. La sensibilità del metodo è < 1 pg/ml (41).
Analisi statistica
È stata eseguita una ANOVA per le variabili in studio (diagnosi di schizofrenia e di depressione; tempi in cui sono stati eseguiti i prelievi per il dosaggio del NGF in tutte le sedute di studio). Si è poi proceduto ad una analisi di regressione per valutare le eventuali correlazioni tra livelli di NGF e valori delle rating scales.
Risultati
I risultati dello studio sono numerosi e possono essere sintetizzati in quattro aree di interesse:
1. Curva di risposta del NGF alla singola convulsione
In tutte le sessioni esaminate (I, IV ed VIII ECT) i livelli plasmatici medi di NGF si riducono passando dal tempo -5 minuti al tempo 0 (baseline), per poi aumentare e raggiungere un picco che al I ed al IV ECT si ottiene al tempo 5 minuti mentre all’VIII ECT al tempo 15 minuti.
La curva di risposta del NGF osservata è la stessa sia nei pazienti con diagnosi di schizofrenia, sia in quelli con diagnosi di depressione anche se questi ultimi hanno, al tempo -5, livelli medi basali di NGF più bassi rispetto al gruppo degli schizofrenici (p < 0,05) i quali, per contro, presentano valori plasmatici della NT non solo più alti rispetto al gruppo dei depressi ma anche rispetto ad un campione di schizofrenici da noi precedentemente studiato in condizioni standard (42).
2. Andamento del NGF durante l’intero ciclo di ECT
L’andamento del NGF, durante l’intero trattamento elettroconvulsivante, è diverso nei due sottogruppi studiati. Infatti, nel gruppo dei soggetti con diagnosi di depressione il NGF basale aumenta in maniera costante passando dal I all’VIII ECT; nel gruppo degli schizofrenici il NGF basale aumenta dal I al IV ECT, per ridursi, anche se non in maniera significativa, all’VIII ECT.
3. Andamento clinico dei soggetti
Il miglioramento clinico di tutti i soggetti sottoposti ad ECT è dimostrato dall’analisi dei valori delle rating scales.
I valori dell’HAM-D totale si riducono non solo nei soggetti con depressione ma anche negli schizofrenici passando dal I ECT alla fine del trattamento (p = ,0079). Al I ECT i livelli medi totali dell’HAM-D totale sono più alti nel gruppo dei depressi rispetto agli schizofrenici ma la riduzione a fine trattamento avviene senza differenze significative tra i due gruppi diagnostici (p = ,09). Le sottoscale che migliorano sono soprattutto quelle dell'”Ansia” (p = ,04), “Riduzione di peso” (p = ,0043), “Variazioni diurne” (p = ,033), “Disturbi cognitivi” (p = ,014), “Rallentamento” (p = ,038), “Disturbi del sonno” (p = ,009).
Nel gruppo dei soggetti con schizofrenia, passando dal I all’VIII ECT, si osserva un miglioramento della sintomatologia negativa misurata con la SANS (p = ,04). Le aree sintomatologiche che migliorano sono soprattutto quelle dell'”Appiattimento affettivo” (p = ,05) e della “Compromissione dell’attenzione” (p = ,024).
Nello stesso gruppo si osserva anche un significativo miglioramento della sintomatologia positiva misurata con la SAPS (p = ,0007) e precisamente delle sottoscale “Allucinazioni” (p = ,012), “Deliri” (p = ,007) e “Disturbo formale del pensiero” (p = ,0021) confermata anche dalla riduzione dei sintomi positivi della PANSS (p = ,018).
4. Analisi di correlazione tra livelli medi plasmatici di NGF e variabili cliniche
L’analisi di correlazione tra tutte le variabili cliniche in studio ed i livelli medi di NGF in tutti i tempi di studio e tutte le sessioni ha dimostrato, nel gruppo degli schizofrenici, una correlazione tra i livelli plasmatici medi di NGF al tempo -5 minuti all’VIII ECT ed i valori della SANS totale (p = ,04; r = ,755), della SAPS totale (p = ,017; r = ,843) e della PANSS (p = ,041; r = ,772).
Discussione
Tutti i soggetti in studio, sia schizofrenici che depressi, presentano livelli medi plasmatici di NGF che si riducono passando dal tempo -5 minuti al tempo 0 (baseline). Questa osservazione è presente in tutte le sedute studiate (I, IV ed VIII). È ipotizzabile che i più alti livelli misurati al tempo -5 minuti siano correlabili ai più alti livelli di ansia anticipatoria che il soggetto vive in attesa di essere sottoposto alla terapia elettroconvulsivante. A favore di questa interpretazione stanno gli studi nei modelli animali di stress (43-47) ed i primi studi compiuti nell’uomo sottoposto a condizioni di stress che dimostrano un incremento dei livelli basali di NGF in seguito a stress psichico piuttosto che fisico (48), tanto da ipotizzare per questa NT un ruolo di mediatore nelle risposte allo stress (33). A conferma di quanto detto vi sono i risultati di studi compiuti sia in modelli animali che nell’uomo che hanno dimostrato come, per contro, condizioni di sedazione riducano i livelli plasmatici di questa NT (49-51).
Per quanto concerne la significativa differenza individuata, tra i soggetti schizofrenici e quelli depressi, nei livelli di NGF al tempo -5 minuti, va considerato che i più alti livelli di NGF presenti nel gruppo degli schizofrenici rispetto ai depressi potrebbero essere interpretati con più alti livelli di paura presente in questo gruppo di soggetti. Anche questo dato troverebbe conferma in modelli animali dove sono stati riscontrati alti livelli di NGF in animali sottoposti a ripetute esperienze di sottomissione e frustrazione (46). Inoltre, il dato riscontrato di più alti livelli plasmatici di NGF nel gruppo di schizofrenici sottoposti ad ECT, in confronto ad un campione da noi studiato in precedenza di soggetti schizofrenici (42), è a favore dell’ipotesi di un maggiore livello di tensione nei soggetti schizofrenici in attesa di essere sottoposti ad ECT.
La convulsione induce un aumento del NGF plasmatico che si registra nel I e IV ECT al tempo 5 minuti mentre, nell’VIII ECT il picco plasmatico di NGF si registra al tempo 15 minuti. Questi dati dimostrano, per la prima volta, come la convulsione nell’uomo induca un aumento del NGF esattamente come osservato in numerosi modelli animali (2-12). Inoltre, l’aumento di NGF indotto dalla convulsione è indipendente dalla diagnosi e dall’età, iscrivendosi, quindi, come elemento intrinseco al meccanismo convulsivante. Infatti, tutti gli studi compiuti sui modelli animali hanno dimostrato un aumento del NGF e del suo messaggero in diverse aree cerebrali in seguito a convulsione comunque indotta (52-56). Il nostro studio, per quanto a noi noto, è il primo che dimostra nell’uomo l’aumento di NGF in seguito a convulsione, individuando per questa NT un possibile ruolo nei fenomeni convulsivi umani tra cui l’epilessia.
Le ipotesi che possono essere elaborate sull’aumento di NGF in seguito a convulsione possono essere differenti. È noto dagli studi sui modelli animali che l’aumento nell’espressione di NGF e del suo mRNA potrebbe essere evocato da una intensa attività neuronale associata a particolari condizioni fisiologiche o comportamentali che manterrebbero livelli plasmatici alti di NGF anche in assenza di ulteriori convulsioni. L’aumento del NGF plasmatico potrebbe essere intrinseco al meccanismo della convulsione e, quindi, ricoprire un ruolo nei processi fisiopatologici comuni a questa. Gli studi eseguiti nei modelli animali dimostrano che sebbene siano stati usati differenti pattern di stimolo (danno), tutti i metodi di induzione della convulsione causano un aumento del NGF, particolarmente a carico delle cellule granulose dell’ippocampo (57). Sembrerebbe, dunque, sufficientemente probabile che l’attività convulsiva di per sé rappresenti uno stimolo per l’espressione del NGF e che le cellule granulose ne sono particolarmente sensibili. È evidente che la fine comprensione di questo fenomeno non possa prescindere dalla conoscenza puntuale dei meccanismi di processing e di trasporto della proteina NGF nel cervello; tuttavia, i dati di letteratura riportano, almeno nel modello animale, che l’aumento di NGF si inscriva in quelle modifiche genomiche che seguono le convulsioni limbiche ricorrenti (c-fos, c-jun, preproencefalina, preproneuropeptide Y) (58).
Nel corso del trattamento convulsivante il NGF plasmatico basale aumenta nel gruppo dei soggetti con depressione in maniera costante e continua passando dal I all’VIII ECT; anche nei soggetti con schizofrenia si osserva un aumento del NGF plasmatico basale nel corso del trattamento elettroconvulsivante con un picco che, però, si osserva al IV ECT per diminuire all’VIII seduta anche se non in maniera significativa. Le modifiche dei livelli basali di NGF durante la terapia, sia nel gruppo degli schizofrenici che nel gruppo dei depressi, potrebbero rappresentare la conseguenza a lungo termine del trattamento elettroconvulsivante; i più alti livelli basali di NGF a fine trattamento potrebbero essere correlati al miglioramento clinico che tutti i soggetti hanno riportato. Va anche detto che l’andamento dei livelli plasmatici di NGF in cronico (10 sedute terapeutiche) sembrerebbe essere in relazione a quanto osservato in acuto, cioè in seguito ad una sola induzione di convulsione. Ciò suggerisce che un relativo breve periodo di attività convulsiva sia sufficiente a determinare quei cambiamenti di NGF che si osservano nei modelli di convulsione animale di maggiore entità dove sono presenti lesioni o danni cerebrali. Possiamo, pertanto, ipotizzare che l’aumento di NGF possa essere una risposta adattativa ad una stimolazione neuronale eccessiva e che la NT potrebbe esercitare un certo ruolo protettivo per minimizzare un possibile danno cellulare.
Il miglioramento clinico dell’intero campione in studio è obiettivato dalla riduzione dei punteggi delle diverse scale psicopatologiche utilizzate. La dimensione “depressiva” si è ridotta in maniera significativa passando dal I all’VIII ECT sia nel gruppo degli schizofrenici che nel gruppo dei depressi anche se, naturalmente, in quest’ultimo l’effetto clinico è stato più apprezzabile a motivo di un maggior peso che questa dimensione presentava prima dell’inizio del trattamento. Anche la sintomatologia negativa, sia nel gruppo degli schizofrenici che nel gruppo dei depressi, si è ridotta in maniera significativa anche se la differenza è risultata più evidente nel gruppo degli schizofrenici i quali, prima dell’inizio del trattamento, presentavano un punteggio più alto di quest’area sintomatologica rispetto ai depressi. Le dimensioni negative che migliorano in maniera significativa sono quelle dell'”Appiattimento affettivo” e della “Compromissione dell’attenzione”.
Nel gruppo degli schizofrenici la sintomatologia positiva migliora in maniera altamente significativa in seguito ad ECT; sono soprattutto le allucinazioni, il delirio ed il disturbo formale del pensiero che beneficiano di questa terapia.
Il miglioramento clinico osservato in tutto il campione in studio è in linea con quanto riportato in letteratura sia per i soggetti con schizofrenia che con depressione (59-61). Vale la pena ricordare che si trattava di soggetti con una gravissima sintomatologia, resistenti a terapie farmacologiche. I risultati clinici ottenuti sono a favore della bontà della scelta terapeutica.
Più difficile risulta dare una spiegazione alla correlazione emersa tra livelli plasmatici di NGF al tempo -5 minuti all’VIII ECT ed i valori della SANS totale, SAPS totale e PANSS totale negli schizofrenici. L’aumento di NGF che si osserva all’VIII ECT rispetto all’inizio della terapia correla con un miglioramento, nei pazienti schizofrenici, della sintomatologia positiva e negativa. È possibile ipotizzare per il NGF, al di là di una funzione protettiva nei riguardi della convulsione, una sua implicazione nei processi legati al miglioramento dello status psicopatologico, in particolar modo della dimensione negativa e positiva dei soggetti con schizofrenia. Se è vero, come osservato, che i livelli plasmatici di NGF nei soggetti con schizofrenia sono più bassi di quelli presenti nei controlli sani (42), è allora possibile ipotizzare che l’aumento di NGF indotto dalla convulsione sia correlato, in qualche modo, ad un riassetto delle strutture cerebrali implicate nella patogenesi della schizofrenia. Di che natura sia questo riassetto, a tutt’oggi non è noto. È possibile ipotizzare per il NGF un ruolo di modulatore a carico del rilascio e/o sintesi e/o degradazione di neurotrasmettitori oppure nella induzione di modifiche dell’espressione genomica. L’osservazione clinica di una latenza nella risposta alla terapia elettroconvulsivante sembrerebbe supportare la seconda ipotesi (62). È, dunque, possibile che il NGF giochi un ruolo funzionale nel mediare quelle modifiche strutturali permanenti che seguono la convulsione. Studi futuri dovranno approfondire questo filone di ricerca, non solo per aumentare le conoscenze sui meccanismi intrinseci dell’ECT, ma anche per meglio comprendere il fine ruolo ricoperto dal NGF nella convulsione umana.
“Il mio concetto, dunque, che sottoponendo ripetute volte il cervello all’estremo cimento dato dall’elettroshock, si devono produrre nel cervello stesso sostanze di estrema difesa, o comunque altamente vitalizzanti, viene confermato in pieno… Individuate queste sostanze, attraverso gli esperimenti sull’uomo e sugli animali, è opportuno designarle con un nome. In base al sopra detto concetto, propongo di chiamarle sostanze di estrema, suprema (dal greco: acros) difesa o lotta (agon): acroagonine”. Questo affermava Cerletti nel 1947. Non si può escludere che una di queste possibili acroagonine sia proprio il Nerve Growth Factor.
Ringraziamenti: Il lavoro è in parte supportato dal progetto 1% dell’Istituto Superiore di Sanità: “Danno cerebrale ipossico-ischemico nel neonato: studi epidemiologici e sperimentali su diagnosi, terapie e recupero” (L. Aloe) e dal progetto di ricerca finanziato dal CNR: “Modelli di interazione tra fattori ontogenetici ed ambientali: NGF e schizofrenia” (G. Bersani).
Corrispondenza: dott. Giuseppe Bersani, III Clinica Psichiatrica, Università di Roma “La Sapienza”, viale dell’Università 30, 00185 Roma – Tel. 06 49914591 – Fax 06 4454765 E-mail: bersani@uniroma1.it
Fig. 1. Livelli medi plasmatici di NGF al tempo -5 minuti in pazienti depressi e schizofrenici al I, IV ed VIII ECT. Mean NGF plasma levels at -5 min before the seizure in depressive and schizophrenic patients at 1st, 4th and 8th ECT sessions.
Fig. 2. Livelli plasmatici basali medi di NGF durante l�intero ciclo di ECT. Mean baseline NGF plasma levels during the course of ECT.
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