Valutazioni morfofunzionali cerebrali e trattamento farmacologico in un caso clinico di schizofrenia con polidipsia

Brain morphofunctional characteristics and pharmacological treatment in a patient with chronic schizophrenia and polydipsic behaviour

S. GHERARDELLI, V. ORLANDI, G. BERSANI

III Clinica Psichiatrica, Università di Roma "La Sapienza"

Key words: Schizophrenia • Polydipsia • Brain Abnormalities • NDWG • Atypical Antipsychotics • Quetiapine

Correspondence: Dr. G. Bersani, III Clinica Psichiatrica, Università “La Sapienza”, viale dell’Università 30, 00185 Roma, Italy – Tel. 06 49914591- E-mail: bersani@uniroma1.it

Introduzione

La polidipsia, ovvero l’eccessiva introduzione di liquidi nell’organismo, è un fenomeno osservabile con relativa frequenza in pazienti psichiatrici cronici e descritto in letteratura, in popolazioni di pazienti ospedalizzati, con una prevalenza compresa tra il 3% ed il 39% a seconda dei metodi diagnostici utilizzati per evidenziare le condotte potomaniche (1) (2). Di tale fenomeno si hanno segnalazioni, in particolare in soggetti con diagnosi di Schizofrenia, fin dal 1935 (3), ma origine e natura del fenomeno sono ancora poco conosciuti e ne rendono il riconoscimento diagnostico di difficile inquadramento, con possibilità, quindi di scarso effetto del trattamento farmacologico (1).

Le principali manifestazioni cliniche della polidipsia primaria sono rappresentate dalla poliuria e dall’intossicazione da acqua. La poliuria viene definita come l’emissione giornaliera di una quantità di urine superiore ai tre litri (3) (4), direttamente proporzionale al quantitativo di liquidi assunti, all’eventuale concomitante assunzione di alcuni farmaci (ad esempio litio o diuretici) od alla presenza di patologie di ordine endocrino, come il diabete mellito, che possono mimare quadri clinici similari, detti di “polidipsia secondaria”, con poliuria e conseguente polidipsia compensatoria. L’intossicazione da acqua si manifesta, invece, quando il sovraccarico di fluidi a livello renale ne renda insufficiente l’eliminazione, determinando una conseguente ritenzione idrica con eventuale possibile iponatremia che, se di natura grave ed improvvisa, può condurre a quadri di edema cerebrale e sintomi di tipo psichiatrico (agitazione, irritabilità ed aggravamento della patologia psicotica) e/o neurologico (nausea, vomito, delirium, atassia, convulsioni e coma) (5). Attualmente si ritiene che la polidipsia primaria possa essere descritta sulla base di un modello distinto in tre fasi: 1) polidipsia semplice, accompagnata da poliuria, che alcuni Autori ritengono si verifichi in pazienti psichiatrici dopo circa 5-10 anni di diagnosticata psicosi (6); 2) polidipsia con intossicazione da acqua, ad insorgenza dopo circa 5-10 anni di polidipsia (5); 3) complicanze di ordine strettamente medico legate all’ingestione di eccessivi quantitativi di fluidi, che generalmente si verificano dopo molti anni di pregressi episodi di intossicazione e/o dopo trenta o più anni di polidipsia (5). Non tutti i pazienti, tuttavia, attraversano necessariamente le fasi descritte e non sono rari i casi in cui si manifestano esclusivamente quadri di polidipsia semplice.

L’eziopatogenesi della polidipsia semplice resta ancora poco conosciuta ed è supposto il coinvolgimento di molteplici meccanismi, tra i quali l’ipotesi di anomalie funzionali a livello ipotalamico (7) ed ippocampale (8) (9). Tra le ipotesi patogenetiche è stato preso in considerazione anche il possibile effetto collaterale dell’assunzione di farmaci psicotropi, ma essendo noti casi di polidipsia anche in era pre-neurolettica (10) ed in pazienti psichiatrici drug-free (11), questo potrebbe spiegare solo in parte la complessità del fenomeno. Tuttavia, alcuni case reports suggeriscono che l’evenienza di episodi sporadici di polidipsia semplice possa in qualche modo dipendere dai trattamenti farmacologici in atto, come carbamazepina, clorpromazina ed aloperidolo (12). Per quanto concerne, invece, la patogenesi dell’intossicazione da acqua, questa potrebbe spiegarsi in base alla combinazione di tre fattori: polidipsia, incapacità ad eliminare acqua e sensibilizzazione del Sistema Nervoso Centrale all’iponatremia (1). Si ritiene, infatti, che forme di polidipsia grave riescano a superare i meccanismi compensatori del rene o, quanto meno, contribuiscano a ridurne l’efficacia. Poiché evidenze scientifiche dimostrano in pazienti schizofrenici cronici una minor capacità di escrezione di acqua dopo test di carico con liquidi, il fenomeno potrebbe manifestarsi con una gravità maggiore in questo tipo di pazienti (13). Inoltre, la presenza di fattori concomitanti, come disfunzioni renali (da ipotiroidismo ed assunzione di diuretici tiazidici) (4) (14) (15), l’aumentata attività dell’ADH (da fumo di sigaretta ed assunzione di carbamazepina o antidiabetici orali) (14) (16) (17), l’eventuale insorgenza di una Sindrome da Inappropriata Secrezione di ADH (SIADH), la presenza di una disregolazione osmotica, peraltro frequentemente associate a forme cliniche di psicosi cronica (18), potrebbero contribuire all’aggravamento del quadro clinico. La sensibilità del cervello alla condizione di iponatremia che ne deriva, e che potrebbe essere di fondamentale importanza nella patogenesi della polidipsia grave, non è ancora stata indagata nel dettaglio, tuttavia l’utilizzo di farmaci psicotropi, soprattutto neurolettici, dovrebbe sempre essere effettuato sotto stretto controllo medico, a causa della possibile insorgenza di convulsioni iponatremiche da riduzione della soglia convulsiva (19). Lo stadio successivo è caratterizzato dall’insorgenza di complicazioni connesse direttamente all’ingestione cronica di notevoli quantitativi di liquidi. Tra le patologie più frequentemente associate si riscontrano l’osteoporosi, dovuta ad un eccesso di escrezione di calcio, la dilatazione del tratto gastrointestinale e di quello urinario (20) e, con una frequenza inferiore alle precedenti, l’insufficienza cardiaca, la malnutrizione e le erniazioni (21).

L’elevata incidenza della polidipsia primaria in associazione ai disturbi mentali, principalmente alla schizofrenia, merita un interesse particolare anche per la possibile influenza di questo disturbo psichiatrico sul suo decorso e trattamento. Alcuni dati clinici sembrano indicare che la polidipsia con o senza intossicazione d’acqua possa avere diversi predittori clinici (Tab. I). La polidipsia semplice, infatti, sembra associata a punteggi di QI più elevati, ad un migliore funzionamento pre-morboso ed ad una prominente sintomatologia positiva (1). L’incidenza di intossicazione idrica è, di contro, accompagnata da quadri di discinesia tardiva, dilatazione ventricolare, predominante sintomatologia negativa, cronicità di malattia, sesso maschile e maggior compromissione cognitiva sia in presenza che in assenza di iponatremia ed eventuale storia di abuso di sostanze tra cui il fumo di sigarette (1) (2) (22) (23). Quest’ultima associazione potrebbe essere interessante anche dal punto di vista patogenetico per i possibili meccanismi mediati dall’ADH ed eventuale insorgenza di SIADH (1).

L’obiettivo di questo lavoro è stato di confrontare i dati forniti dalla letteratura con le caratteristiche cliniche di un paziente affetto da Schizofrenia Indifferenziata cronica ed Insufficienza Mentale di Grado Moderato, secondo i criteri classificativi del DSM IV (24), con potomania psicogena ed aspetti di dismorfismo genetico.

Caso clinico

Il paziente è un uomo di 28 anni che dimostra più della sua età, anche se atteggiamenti, eloquio e contenuti del discorso sono estremamente poveri ed infantili.

Fortemente obeso (peso ponderale circa 135 chilogrammi), è difficile stimare con esattezza la quantità di liquidi introdotta durante l’arco della giornata che è stimabile, tuttavia, al momento dell’osservazione attorno ai 6-8 litri di acqua al giorno. Disoccupato, ha effettuato in passato lavori saltuari come giardiniere e facchino. Vive in condizioni socio-economiche estremamente precarie, in un’abitazione molto degradata con la madre, in cui è possibile evidenziare un lieve ritardo mentale, e la sorella, affetta da una forma di epilessia non meglio specificata e ritardo mentale moderato. Il padre, deceduto per ictus cerebri, era un alcolista violento, affetto da idrocefalo ostruttivo congenito e patologia tiroidea non meglio specificata. Di lui si è, inoltre, a conoscenza di una non meglio specificata agenesia renale.

I dati familiari, oltre all’aspetto somatico del paziente (faccia a luna piena, ginecomastia), suggerivano una possibile implicazione eziologica su base genetica, ma indagini effettuate per la valutazione del cariotipo sono risultate negative.

Intorno al primo anno di età il paziente sarebbe scivolato dalle braccia della madre, mentre questa cadeva per le scale, riportando un trauma cranico rilevante con relativo ricovero di lunga durata. A causa delle notevoli difficoltà comunicative, verosimilmente attribuibili al livello cognitivo del paziente ed alla scarsa attendibilità del nucleo familiare, sono insufficienti le informazioni sull’adattamento pre-morboso, ad eccezione del dato sulla scolarità (media inferiore), conseguita intorno ai 17 anni, e sul servizio militare, non espletato per motivi imprecisati.

L’esordio della sintomatologia psicotica conclamata risale all’età di 25 anni, con episodi pantoclastici, associati a forte tensione soggettiva per il manifestarsi di spunti deliranti a sfondo persecutorio, intenso stato di ansia ed agitazione e numerose preoccupazioni ipocondriache non accessibili alla critica. Per tali motivi il paziente veniva ricoverato in diversi ospedali generali e, per la prima volta, presso la struttura psichiatrica in cui si svolge attualmente l’osservazione. Durante tale periodo si evidenziava una preponderante quota di sintomi negativi (SANS 78; SAPS 21) ed il peso corporeo si aggirava attorno ai 90 chilogrammi.

Seguito negli anni successivi in regime ambulatoriale per un quadro diagnostico dapprima di Disturbo Somatoforme NAS, poi di Psicosi NAS, con sulpiride, promazina, clomipramina e benzodiazepine, iniziavano a manifestarsi dispercezioni uditive, dispercezioni visive di tipo ipnagogico ed ipnopompico e condotte potomaniche (il paziente riferiva di bere circa 12-14 litri di acqua al giorno), con modalità apparentemente impulsive. In un secondo ricovero richiesto per l’approfondimento diagnostico delle condotte potomaniche, emergeva la presenza di un delirio parzialmente strutturato caratterizzato dalla convinzione dell’esistenza e dalla voce di un “fratello gemello visibile soltanto da me”, del tutto identico al paziente, ma di materiale plastico e metallico, che impartiva l’ordine di bere quanta più acqua possibile per “poter alleviare lo stato di tensione”. Il paziente non presentava alcuna critica nei confronti di tale ideazione che spiegava, peraltro, in base al suo segno zodiacale, che è quello dei gemelli. In quell’occasione il peso corporeo oscillava tra i 153 ed i 155 kg ed indagini endocrinologiche escludevano la presenza di diabete mellito, diabete insipido o patologia tiroidea. È stato impossibile escludere una sindrome da inappropriata secrezione di ADH (SIADH) per la mancata collaborazione del paziente nell’effettuare il test di assetamento con il relativo dosaggio dell’ormone antidiuretico. Risultavano negativi anche l’ecografia renale e l’elettroencefalogramma. L’esame tomografico dell’encefalo dimostrava un’asimmetria del sistema ventricolare (più ampio a sinistra), una scissura silviana di destra più ampia della controlaterale, calcificazioni dei plessi corioidei ed ampi spazi subaracnoidei in sede frontale e temporale. Ugualmente, la RMN specificamente effettuata per indagare, oltre alle caratteristiche morfologiche cerebrali generali, anche la sella turcica, non mostrava alterazioni a carico dell’ipofisi, ma ampliamento del sistema ventricolare e degli spazi liquorali per atrofia prevalentemente temporale. All’esame neurologico si evidenziavano gravi alterazioni alle prove di coordinazione motoria, di integrazione audio-visiva e di convergenza oculare, impersistenza dello sguardo, presenza di movimenti speculari alla opposizione indice-pollice e positività per il riflesso di suzione. Veniva posta diagnosi di Schizofrenia Indifferenziata Cronica e s’impostava terapia ambulatoriale con aloperidolo, promazina e benzodiazepine, con parziale beneficio.

Successivamente, per l’assunzione impropria di quantità rilevanti dei neurolettici prescritti, veniva nuovamente ricoverato per una condizione di forte acatisia accompagnata ad una sintomatologia prevalentemente negativa (SANS 77; SAPS 39); si rilevavano, tuttavia, ancora allucinazioni uditive imperative che conducevano alle condotte potomaniche ed impedivano questa volta al paziente di alimentarsi normalmente. Si obiettivava un calo ponderale notevole rispetto al precedente ricovero (circa 20 kg) e s’impostava terapia con quetiapina fino al dosaggio di 500 mg/die.

All’inizio del ricovero, la densità urinaria risultava essere di 1020, con 45 mEq/24 ore di sodio (valori normali 75-200 mEq/24 ore) e 21 mEq/24 ore di potassio (valori normali 40-80 mEq/24 ore); i valori della natremia e della kaliemia erano nella norma. Nel corso del ricovero la densità urinaria aumentava a 1030 e si normalizzavano gli elettroliti urinari (sodio 76 mEq/24 ore, potassio 41 mEq/24 ore). Non essendo possibile effettuare la raccolta delle urine delle 24 ore ed il test di assetamento, che avrebbero consentito una precisa valutazione della quantità di liquidi introdotta, è stata effettuata la valutazione del Normalized Diurnal Weight Gain (NDWG), utilizzato in pazienti non collaboranti per indagare la quantità di acqua introdotta nel corpo, ovvero una misura della ritenzione idrica (Tab. II). Il NDWG è una misura fornita dal rapporto tra differenza del peso corporeo del paziente al mattino ed al pomeriggio e peso del paziente al mattino per 100 (9). In soggetti normali il NDGW è inferiore all’1,2% e si considerano al limite valori compresi tra 1,2% e 4, mentre NDWG maggiori del 4% sono a rischio di intossicazione da acqua. Nel periodo di trattamento con quetiapina sono stati riscontrati valori di NDWG compresi tre l’1,4% ed il 0,15%, ottenuti rispettivamente all’inizio ed alla fine del periodo di degenza ospedaliera. Le variazioni dell’NDWG sono riportate in Figura 1.

Discussione

In presenza di un comportamento potomanico in assenza di cause organiche che giustifichino una forma di polidipsia secondaria, il caso clinico esposto può essere inquadrato in una franca polidipsia psicogena. Studi condotti su campioni di pazienti schizofrenici con condotte potomaniche e polidipsia con intossicazione da acqua hanno dimostrato associazioni positive tra il fenomeno e la sintomatologia negativa (25), la dilatazione dei ventricoli cerebrali (22) (26), i deficit cognitivi (27) ed una storia di condotte d’abuso di altre sostanze come l’alcol (28). Parallelamente, in soggetti schizofrenici con polidipsia primaria sono state evidenziate associazioni con QI più elevati (10), migliore funzionamento pre-morboso (26) e predominante sintomatologia positiva (25). Come in altri casi descritti, nel paziente esaminato si evidenziavano dilatazione ventricolare, atrofia corticale, basso QI, prevalente sintomatologia negativa. Le condotte potomaniche si rendevano maggiormente evidenti, invece, nelle fasi di riesacerbazione della sintomatologia psicotica produttiva. La letteratura fornisce dati secondo i quali episodi di intossicazione da acqua spesso coincidono con riesacerbazioni della malattia psicotica (1), ma il significato di tale associazione rimane ancora poco chiaro. Al riguardo, alcuni Autori ipotizzano che l’eccessiva introduzione di acqua sia in qualche modo dipendente dalla riesacerbazione psicotica, come suggerito dal transitorio aumento dei valori di vasopressina durante fasi di psicosi acuta in pazienti schizofrenici sia ipo- che normo- natriemici (29)-(31). Altri, invece, sostengono la relazione inversa, ritenendo che la riesacerbazione sia la diretta conseguenza dell’intossicazione da acqua (1) (11) (32). Tale ipotesi si fonda sull’osservazione di due ordini di fattori:

1) la gran parte dei pazienti schizofrenici polidipsici rimane normonatremica durante le fasi di riacutizzazione;

2) evidenze dimostrano che gravi forme di iponatremia possono aggravare la psicosi in atto, facilitare crisi convulsive o stimolare il rilascio di vasopressina.

Goldman et al. (33) riportano associazioni tra esacerbazioni psicotiche ed aumentato rilascio di ormone antidiuretico in pazienti schizofrenici con iponatremia cronica, supportando l’ipotesi che l’esacerbazione psicotica sia implicata, seppur in misura non nota, nell’increzione dell’ormone antidiuretico.

L’impossibilità di effettuare il test di assetamento e la conseguente misurazione dell’ADH non ci permette di valutare alcuni aspetti eziopatogenetici della polidipsia in questo paziente. Condotte potomaniche, infatti, si possono riscontrare anche in pazienti con SIADH. Tale patologia può essere causata oltre che dai tumori a secrezione ectopica di ADH (carcinoma polmonare, duodenale, pancreatico) e da alcune condizioni neurologiche (encefaliti, ictus, tumori, traumi) e polmonari (pneumonia, tubercolosi, ascessi polmonari), anche da fattori quali lo stress e l’assunzione di farmaci (carbamazepina, tioridazina, amitriptilina, desipramina, IMAO, flufenazina, aloperidolo, clorpromazina, SSRI) (34) e di nicotina (35)-(37), che possono facilitare il rilascio di ADH. Nel nostro soggetto, la non evidenza di iponatremia, frequentemente associata alla SIADH, comunque, ci permette di escludere la presenza di tale patologia.

Nel caso clinico osservato, inoltre, è stata riscontrata un’atrofia corticale, prevalentemente temporale, accompagnata da un lieve ampliamento del sistema ventricolare e degli spazi liquorali. Alterazioni a livello della corteccia temporale sono state riportate anche in altri case reports ed il possibile ruolo di tale reperto nella eziopatogenesi di entrambi i disturbi (schizofrenia e potomania) suggerisce di continuare la ricerca in questo campo. In letteratura, infatti, è descritta una non meglio specificata relazione tra le anomalie della corteccia temporale e la secrezione di vasopressina (37). In particolare alcuni studi sembrano suggerire l’esistenza, in pazienti schizofrenici, di due forme cliniche di patologia; in un caso si osserverebbero associazioni con alterazioni della struttura medio-temporale, aumentato rilascio di vasopressina e condotte potomaniche, mentre nel secondo tipo, invece, non si presenterebbero tali associazioni.

Nel nostro paziente si è potuta riscontrare una condizione di polidipsia soltanto nei giorni iniziali di ricovero in quanto, in condizioni per così dire “protette” e con l’introduzione di un’adatta terapia farmacologica, l’NDWG è tornato al di sotto dei limiti inferiori (Fig. 1).

Il trattamento di pazienti schizofrenici con polidipsia è stato tentato con diversi farmaci (neurolettici, propanololo, captopril, fluoxetina e naloxone) e psicoterapie di tipo comportamentale, ma non esistono evidenze controllate di efficacia. L’iponatremia, frequentemente associata alla polidipsia in pazienti psicotici, sembra, invece, più facilmente trattabile (38).

Tra i nuovi antipsicotici la clozapina è riportata, in uno studio condotto su quattro casi clinici, come parzialmente efficace nel controllo sia della polidipsia che della iponatremia (38); parimenti è suggerito che il risperidone a bassi dosaggi (4 mg/die) migliora le condotte ed i comportamenti associati alla polidipsia. Kruse et al. (39) riportano, tuttavia, un peggioramento globale delle condizioni cliniche suggerendo in un case report il trattamento sostitutivo con olanzapina (fino a 30 mg/die) in associazione al diuretico irbesartan che ha il vantaggio di migliorare comportamenti associati alla polidipsia.

L’effetto dei nuovi antipsicotici sulle condotte potomaniche è interessante anche alla luce del miglioramento clinico ottenuto nel nostro paziente con l’assunzione di quetiapina (500 mg). È stato, infatti, ipotizzato che il meccanismo della sete sia in qualche modo modulato da un aumento dell’attività dopaminergica, che potrebbe essere in rapporto con l’associazione di psicosi e polidipsia (34). L’effetto potrebbe essere direttamente relazionato alla patofisiologia della schizofrenia od essere secondario alla ipersensibilità dei recettori dopaminergici ai neurolettici tradizionali (40) (41). Questa ipersensibilità dei recettori D2 nell’asse ipotalamo-ipofisario potrebbe spiegare i comportamenti polidipsici, che sarebbero quindi più probabili in pazienti trattati cronicamente con neurolettici (42). La quetiapina ed altri antipsicotici atipici con profilo recettoriale diverso rispetto ai neurolettici tradizionali, soprattutto per quanto concerne l’azione sui recettori D2, potrebbero, quindi, ridurre od eliminare i comportamenti associati alla polidipsia. Una spiegazione alternativa per il ruolo che questi farmaci possono svolgere è che la polidipsia potrebbe essere associata ad una disfunzione dei recettori D4, per i quali sia clozapina che quetiapina hanno una discretamente elevata affinità (43).

Conclusioni

La polidipsia in pazienti psicotici è un comportamento più comune di quanto generalmente ritenuto, grave sia rispetto al decorso in se stesso che rispetto alla possibilità di sviluppo di complicazioni anche mortali. A tutt’oggi non sono ancora perfettamente conosciuti i meccanismi eziopatogenetici di tale alterazione comportamentale né ne esistono linee guida di trattamento. Nei pazienti schizofrenici è ancora controverso se questi comportamenti possono essere considerati come secondari ai sintomi positivi della schizofrenia, come rituali compulsivi agiti dal soggetto per ridurre la tensione emotiva, come secondari ad effetti collaterali del trattamento farmacologico (secchezza delle fauci) o, ancora, come un disturbo primario o secondario dei meccanismi omeostatici. Nel caso descritto le condotte potomaniche sembrerebbero, piuttosto, conseguenti ad ordini impartiti da voci imperative “benevole”, che prometterebbero la riduzione dello stato di tensione soggettiva avvertita dal paziente.

L’utilizzo di antipsicotici atipici sembra avere dato risultati positivi nel trattamento di questa patologia, ma non è ancora possibile parlare in senso generale di farmaci più o meno efficaci o curativi. Studi di follow-up che confermino questi effetti benefici sono necessari e potrebbero portare ad una riduzione dei tassi di morbilità e mortalità legati alla polidipsia.

I risultati positivi forniti dalla quetiapina nel caso presentato necessitano, naturalmente, di essere replicati in campioni di pazienti più vasti, ma sono comunque in accordo con tali precedenti osservazioni cliniche.

Tab. I. Variabili cliniche riportate associate alla polidipsia. Clinical variables associated with polydipsia.

Lawson et al. 1985

Kirch et al. 1985

Evenson et al. 1987

Ripley et al. 1988

Ripley et al. 1989

Kirch et al. 1992

Schnur et al. 1992

De Leon et al. 1994

Sintomatologia positiva

+

Sintomatologia negativa

+

Deficit cognitivi

+

+

+

+

+

Discinesia tardiva

+

Dilatazione dei ventricoli cerebrali (TAC)

+

+

Storia d�abuso di altre sostanze

+

+

+

+

Migliore adattamento premorboso

+

Tab. II. Riduzione del Normalized Diurnal Weight Gain (NDWG) in relazione ai giorni di degenza ospedaliera. Reduction of Normalized Diurnal Weight Gain (NDWG) values during the period of hospitalisation.

GIORNO

0

3

6

9

12

15

18

21

NDWG

1,4

1,35

0,96

0,58

0,29

0,2

0,15

0,15

Fig. 1 – Variazione del Normalized Diurnal Weight Gain (NDWG) in rapporto alla dose di quietapina assunta nell�arco della degenza ospedaliera. Reduction of Normalized Diurnal Weight Gain (NDWG) values in relationship with increasing dose of quietapine during the period of hospitalisation

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