La disfunzione erettile: aspetti diagnostici, esperienze cliniche e terapeutiche

Erectile Dysfunction: diagnostic aspects, clinical and therapeutic experiences

M.R. Grimaldi, A.M. Pacilli, S.G.A. Scirè, M. di Giannantonio, F.M. Ferro

Cattedra di Psichiatria, Università "G. d'Annunzio", D.S.M. Dipartimento Salute Mentale, ASL, Chieti

Parole chiave: Disfunzione erettile • Psicoterapia • Approccio integrato • Psicometria • MMPI • Sesamo
Key words: Erectile dysfunction • Psychotherapy • Multidisciplinary approach • MMPI • SesamoIntroduzione

Durante le ultime tre decadi sono avvenuti numerosi cambiamenti riguardo l’inquadramento della disfunzione erettile (DE); un cambiamento significativo ha interessato la definizione diagnostica ed i criteri utilizzati per classificare tale disturbo. Inizialmente il termine “impotenza” è stato preso in prestito dalla Medicina ed utilizzato per descrivere un ampio spettro di difficoltà sessuali. Tuttavia molti Autori hanno ritenuto questo termine impreciso, pertanto nel DSM III è stato introdotto il termine di “eccitamento sessuale inibito”, successivamente nel DSM III R è stato proposto il termine “disturbo erettile maschile” e gli Autori del DSM IV hanno conservato tale terminologia operando delle piccole modifiche ai criteri diagnostici.

Gli odierni criteri diagnostici, pertanto, definiscono le DE come una “difficoltà persistente o ricorrente nell’ottenere e/o mantenere l’erezione fino al completamento dell’atto sessuale, che provoca notevole stress o difficoltà interpersonali” (APA, 1994).

Il disturbo è ulteriormente classificato in primario o acquisito, generalizzato o situazionale e provocato da fattori psicologici o dall’influenza congiunta di fattori psicologici e di una condizione medica. Gli studi del Massachusetts Male Aging (1) hanno dimostrato una prevalenza del 39% in uomini con un’età compresa tra 40 e 50 anni, del 46% con un’età compresa tra 50 e 60 anni, e quasi del 70% in uomini di età superiore ai 70 anni. Alcuni di questi uomini riferiscono di avere una DE lieve, definendolo un problema occasionale, senza però che venga compromessa la capacità di soddisfare un rapporto sessuale. L’incidenza della disfunzione non è probabilmente cambiata nel corso degli anni, ma la liberazione dei costumi sessuali, tipica delle società occidentali, fa sì che l’importanza di questa patologia appaia proporzionalmente maggiore rispetto al passato e che un numero sempre crescente di uomini si rivolga al medico per cercare di risolvere i propri problemi sessuali, il cui inquadramento diagnostico risulta spesso difficile, data la grande carica di soggettività che caratterizza l’impotenza maschile (2).

Circuiti bio-fisiologici e psico-relazionali

Tutta l’attività sessuale umana è un evento psicosomatico unitario (3). Perché tutto ciò si svolga entro parametri di “normalità” è necessaria l’integrità dei circuiti bio-fisiologici e psico-relazionali. Proprio perché questi circuiti sono tra loro interdipendenti si preferisce parlare di disfunzioni sessuali a prevalente impronta organica o a prevalente impronta psicogena. È necessario innanzitutto valutare, nell’anamnesi del paziente, la presenza di difficoltà sessuali di origine psicogena precedenti l’innesto della noxa somatica, nel qual caso qualsiasi terapia di pertinenza urologica non avrebbe successo. Se la dizione “disfunzione erettile psicogena” rimanda con chiarezza all’assenza di componenti organiche nell’espressione della disfunzione che risulta unicamente addebitabile all’ambito psichico, all’opposto la dizione “disfunzione erettile organica” è concettualmente obsoleta, in quanto scotomizza la presenza ed il ruolo di mantenimento dei fattori psichici. Per tale motivo, ultimamente, si preferisce utilizzare la dizione “disfunzione erettile mista”.

Sintomatologia

Teoricamente i problemi relativi all’erezione possono insorgere in un momento qualsiasi dell’età sessualmente attiva. Si è constatato che oggi un numero sempre crescente di giovani si rivolgono al medico per tale problematica, fenomeno derivante in parte da un’aumentata consapevolezza e dalla presa di coscienza che appare necessario abbandonare sentimenti di vergogna e vecchi pregiudizi relativi alla sfera sessuale. Si è già accennato che le difficoltà erettili possono presentarsi in vario modo e secondo diversi livelli di gravità, variabili da una difficoltà transitoria ed occasionale fino a forme di deficit permanente (4).

Si può avere: un’assenza totale dell’erezione, una parziale erezione in cui però la rigidità del pene non consente la penetrazione, la perdita involontaria dell’erezione durante il rapporto, ancora, un deficit erettile che si manifesta come difficoltà a completare un rapporto sessuale soddisfacente, anche in presenza di un’erezione, in quanto il paziente lamenta altri disturbi come dolori, sensazione di bruciore, oppure delle vere e proprie deformazioni del pene incompatibili con la normale penetrazione, ad esempio l’induratio penis plastica, che interessa maggiormente l’età adulta. In tale patologia si ha una infiammazione del tessuto erettile del pene, con conseguente indurimento dei tessuti stessi che viene avvertita soggettivamente con la presenza di noduli palpabili all’interno del pene. Un cenno meritano le problematiche relative all’eiaculazione che può essere patologicamente alterata, nel senso di essere precoce, ritardata o assente, verificarsi in un individuo sin dall’inizio della sua attività sessuale e quindi definirsi primaria, oppure sopravvenire dopo un periodo di normale eiaculazione e quindi definirsi secondaria. In molte situazioni l’eiaculazione precoce è espressione della difficoltà erettile, in quanto rappresenta il segno che non si è capaci di mantenere l’erezione per il tempo sufficiente ad avere un normale rapporto sessuale. In altri casi l’eiaculazione precoce deriva da una ipersensibilità derivante da malattie a carico dei nervi periferici, oppure da patologie a carico del midollo spinale come l’ernia del disco. Le patologie di natura infiammatoria a carico dell’apparato genitale maschile, a livello del glande, dell’uretra, della prostata e delle vescicole seminali possono dar luogo ad una eiaculazione precoce che trova la sua risoluzione allorquando tali infiammazioni vengono adeguatamente curate. Altra situazione particolare è quella in cui non si ha la fuoriuscita del liquido seminale durante l’eiaculazione, che merita il consulto dello specialista in quanto può essere il segno di patologie anche abbastanza gravi oltre che la conseguenza di interventi chirurgici, come l’asportazione della prostata.

Le cause organiche della disfunzione erettile

Sono numerose e possono essere dovute a malattie dei vasi arteriosi e/o venosi, a patologie del sistema nervoso centrale e/o periferico (5), a malattie del sistema endocrino e a fattori locali interessanti specificamente la struttura e la capacità erettile dei corpi cavernosi del pene (6). Tali meccanismi non agiscono sempre in modo indipendente tra di loro, ma spesso in modo sinergico nel provocare il deficit erettivo. Altra importante causa può essere l’assunzione di alcune categorie di farmaci. I meccanismi d’azione della maggior parte dei farmaci nel causare una disfunzione erettile sono tuttora sconosciuti. In generale, i farmaci che interferiscono con il sistema di controllo neuro-endocrino centrale o neuro-vascolare locale della muscolatura liscia peniena rappresentano delle potenziali cause. La cimetidina, un antagonista dei recettori istaminici di tipo H2, è stata associata ai disturbi erettili per i suoi effetti antiandrogeni. Numerosi farmaci possono interferire con i neurotrasmettitori centrali coinvolti nella funzione sessuale, tra cui alcuni antiipertensivi, alcuni antipsicotici ed antidepressivi assunti a dosi elevate. Tra gli agenti antiipertensivi che possono causare impotenza troviamo alcuni b-bloccanti (labetalolo), i vasodilatatori (idralazina), i diuretici tiazidici (idroclorotiazide e metalazone), alcuni a-agonisti ad azione centrale (alfametildopa, clonidina) e la guanetidina, che determina inibizione dell’eiaculazione e disfunzione erettile nel 50% dei casi. Gli antiipertensivi riducono la pressione arteriosa sistemica, che, nei pazienti con una preesistente patologia occlusiva a carico del letto arterioso ipogastrico cavernoso, può determinare una significativa diminuzione della pressione perfusionale a livello degli spazi lacunari, ma soprattutto determinano un’alterazione a carico dell’endotelio con conseguente modificazione del rilascio dei neuromediatori (NO, endotelina, PGE1) e, quale risultato finale, deficit erettile.

Inquadramento diagnostico: il paziente con DE e il medico di medicina generale

La maggior parte degli uomini affetti da DE, inizialmente, si mostrano reticenti nel parlare delle proprie difficoltà sessuali: temono l’imbarazzo proprio e quello del medico, a volte temono che la loro preoccupazione non venga presa nella giusta considerazione dal medico stesso. Parlare della propria sessualità non è facile soprattutto quando viene vissuta con preoccupazione e disagio. A volte il paziente manifesta esplicitamente la sua problematica e la sua angoscia, altre volte offre altri sintomi, dietro i quali è presente una richiesta d’aiuto che non riesce ad esplicitare. Le personali barriere nel portare le proprie preoccupazioni sanitarie ad un medico comprendono il senso di immunità, la difficoltà nell’allentare il controllo e la convinzione che cercare aiuto sia inutile. Altri ostacoli identificati comprendono il tempo e la possibilità di accesso, il dover specificare il motivo della visita, non avere un medico curante di sesso maschile. Tutti questi fattori impediscono la facile scoperta di una DE nella pratica clinica. Senza considerare il livello al quale il medico affronta la DE, le capacità di comunicazione sono essenziali per ottimizzare lo scambio di informazioni, così come per facilitare un esito soddisfacente. Da ciò si evince come sia necessario che il medico di base sviluppi quelle capacità emozionali e relazionali che gli permettono di individuare e di poter gestire adeguatamente un colloquio di tipo sessuologico (7).

L’anamnesi rappresenta il momento fondamentale per un corretto iter diagnostico del deficit erettile e delle eventuali patologie sistemiche che possono essere causa del deficit stesso. Appare utile condurre un colloquio con il paziente che comprenda un’indagine su tutte le aree che possono essere sede di alterazioni della funzione sessuale, inclusa la perdita della libido, le alterazioni dell’eiaculazione e la perdita dell’orgasmo.

Le modalità di inizio della disfunzione erettile sono altrettanto importanti. Va indagato se l’esordio è stato improvviso o graduale, se ha fatto seguito ad interventi chirurgici addominali radicali, se è intermittente, se riguarda un solo partner sessuale e, a tale proposito, va indagata la situazione matrimoniale del soggetto, eventuali esperienze extraconiugali, possibili tendenze omosessuali, la cosiddetta “storia delle erezioni” come la presenza o assenza delle erezioni notturne e/o mattutine, gli atti masturbatori, sensazioni di dolore e/o incurvature anomale del pene eretto. Inoltre è importante includere informazioni sullo stile di vita (consumo di tabacco, alcool, farmaci). Tramite l’esame obiettivo è possibile invece, rilevare alterazioni a carico dell’apparato genitale maschile (ipoplasia testicolare, incurvamenti dell’asta, presenza di placche da Induratio Penis Plastica), nonché il tono sfinteriale dell’ano ed i caratteri della prostata. A completamento dei rilievi anamnestici e dell’esame obiettivo si dovranno condurre alcune indagini di laboratorio, che comprendono il dosaggio di vari ormoni (testosterone, FSH, LH, DHT, PRL, T2 T3, T4, FT3, FT4, TSH) (8). Tali indagini possono portare alla luce eventuali patologie sistemiche di cui il paziente non è a conoscenza. Per un’ulteriore definizione della diagnosi sarà necessario attuare delle metodiche diagnostiche più approfondite, oltre al semplice test al sindenafil: la farmaco-iniezione dei corpi cavernosi (F.I.C. test), che consiste nell’iniezione di sostanze vasoattive (PGE1, papaverina), e nell’osservazione della risposta erettile. L’utilità di tale metodica risiede nella possibilità di individuare i pazienti responsivi, che potranno essere trattati con terapia autoiniettiva, e verificare l’integrità del meccanismo veno-occlusivo. Un ulteriore metodo diagnostico di indubbia importanza è rappresentato dall’esame Rigiscan, che viene eseguito domiciliarmente e consiste nella registrazione e nello studio delle erezioni notturne, durante il sonno profondo, per 2 o 3 notti successive. L’esame fornisce informazioni sul numero di episodi erettivi e sulla loro durata espressa in minuti, e permette un primo screening tra disfunzioni psicologiche ed organiche. Un’ulteriore metodica introdotta da Lue et al. nel 1985 (9), è rappresentata dall’Ecocolor-doppler penieno basale e dinamico, ossia in condizioni di flaccidità e in stato di erezione del pene. Questa indagine consente di valutare la velocità del flusso ematico e la variazione del calibro delle arterie cavernose dorsali e dell’elasticità delle loro pareti, in soggetti in cui si sospetti una disfunzione erettile su base arteriogenica, oppure, valutando la morfologia della curva velocimetrica e del drenaggio venoso permette la diagnosi di deficit erettile da deficit veno-occlusivo. Alcuni tipi di disfunzione, tuttavia, possono essere diagnosticati in modo certo solo tramite la Cavernosometria e la Cavernosografia, con le quali si studiano i vari parametri correlati al flusso di induzione e di mantenimento dell’erezione.

Ruolo dei fattori psicologici nella DE

Durante gli anni ’60 è stato chiaramente stabilito che la DE può avere una base psicogena. In quel periodo il ruolo degli psicologi e degli psichiatri che si interessavano di questo problema riguardava principalmente la possibilità di fornire una terapia sessuale, mentre le strategie di diagnosi (tests psicologici), pur essendo molto importanti, venivano considerate ausiliarie. Nel corso degli ultimi due decenni il ruolo delle diverse figure professionali che si accostano a questo problema è decisamente cambiato, rivoluzionando le strategie terapeutiche. La pubblicazione degli studi pionieristici di Beutler et al. nel 1975 ha introdotto nuovi strumenti utili per l’approccio a questi tipi di pazienti. Nel loro studio, Beutler et al. hanno pensato di utilizzare l’MMPI per cercare, in prima istanza, di orientarsi tra una DE organica ed una psicogena. Essi hanno utilizzato la valutazione della tumescenza peniena notturna, come criterio discriminante, e quindi hanno dedotto due distinti set di items che, quando applicati ai profili dell’MMPI degli uomini del loro campione, erano in grado di categorizzare il 90% dei partecipanti allo studio. Hartmann nel 1998 (10), in una review ha posto in evidenza il ruolo dei fattori psicosociali nella DE, sottolineando che le principali cause delle forme psicogene possono essere divise in tre gruppi:

1. fattori immediati (ansia da prestazione);

2. eventi di vita legati ad un passato recente;

3. eventi di vulnerabilità originati durante l’infanzia o l’adolescenza.

Riportiamo i risultati dello studio condotto da Shabsig et al. (11) nel quale è stata considerata l’ipotesi che uomini affetti da DE abbiano una maggiore incidenza di sintomi depressivi rispetto ai soggetti di controllo. Gli Autori inoltre hanno valutato l’impatto dei sintomi depressivi sui livelli di libido e sul trattamento. Si è osservato che la DE è associata ad un’elevata incidenza di sintomi depressivi, senza alcuna correlazione con l’età, con la situazione coniugale, o con la presenza di condizioni mediche associate. I pazienti con DE presentano una riduzione della libido rispetto ai soggetti di controllo, i pazienti depressi presentano una libido inferiore rispetto ai soggetti di controllo, i pazienti depressi presentano una libido inferiore rispetto ai pazienti senza eventi depressivi. Quando la DE coesiste con una sintomatologia depressiva si riscontra una maggiore possibilità che il paziente abbandoni il trattamento proposto: tale dato sottolinea la necessità di un approccio multidisciplinare al problema (12).

Disfunzione erettile e depressione

Sul piano emozionale e comportamentale la depressione è caratterizzata da una generale perdita di interesse e della spinta ad agire: tutte le funzioni sono rallentate. Il paziente depresso perde l’appetito, presenta alterazioni del ritmo sonno-veglia, ha un rallentamento psico-motorio e sono presenti effetti negativi anche sul funzionamento sessuale. Il dolore psichico soffoca la libido, rende il soggetto refrattario all’eccitamento e pregiudica fisicamente la relazione sessuale fisiologica. La libido viene estinta completamente da depressioni gravi o medio-gravi, ma anche una depressione lieve, a volte non manifesta, non individuata subito dal clinico, può presentare come sintomo precoce una inibizione del funzionamento sessuale. Secondo i dati presenti in Letteratura, molti dei casi diagnosticati come impotenze psicogene o funzionali, sono in realtà secondarie ad un episodio depressivo maggiore (13). Come avremo modo successivamente di vedere, però, il nostro studio, condotto su un piccolo numero di pazienti, non ha confermato l’alta incidenza di una sintomatologia depressiva nei soggetti da noi esaminati.

Dimensione individuale, di coppia, sociale e DE

I fattori psicologici coinvolti in questa patologia vengono principalmente individuati attraverso tre dimensioni: individuale, di coppia e sociale.

A livello individuale la psicoanalisi freudiana considera l’impotenza come una inconscia difesa, demandando al corpo il compito di renderla fisicamente impossibile. Il timore inconscio della sessualità è collegato al timore della castrazione, correlato, a sua volta, ad un “inconscio attaccamento sessuale alla madre”, rendendo il rapporto sessuale incestuoso e dannoso. Le cause psicologiche dell’impotenza risiederebbero, secondo la visione psicoanalitica, nella storia dell’individuo, riconducendo ad una fase edipica non risolta dello sviluppo sessuale infantile che riaffiora nell’età adulta.

La seconda dimensione amplia il discorso considerando le dinamiche di coppia, al fine di individuare i fattori relazionali, situazionali ed extrarelazionali che possono essere causa di disagi in ambito sessuale. Secondo Kernberg: “Studi clinici condotti sulle coppie indicano l’effetto significativo sull’esperienza sessuale della natura della loro relazione complessiva; la frequenza dei rapporti, l’intensità della qualità erotica, l’eccitazione legata alla messa in atto e alla condivisione delle fantasie sessuali, tutto ciò dipende dalla qualità della relazione oggettuale della coppia”(14).

In un’ottica ancora più ampia, la dimensione sociale permette di individuare il significato culturale della sessualità e di evidenziare le modalità con cui le esperienze, relative al proprio contesto sociale, vengono assunte da ciascun individuo. Infatti per la maggior parte degli uomini ed in molte culture, l’adeguatezza sessuale rappresenta l’unità di misura che serve a valutare la personale identità globale, facendo assumere alla disfunzione erettile un significato di crisi d’identità maschile (15).

La gestione integrata nella DE

La scelta terapeutica è importantissima, necessitando di una gestione integrata, cioè di un intervento che coinvolga contemporaneamente l’andrologo e/o urologo e lo psichiatra, cioè che si organizzi su un intreccio e modulazione di competenze reciproche. Questo intervento, proposto da Furlan et al. (7), ha come sede l’ambulatorio andrologico e come oggetto d’intervento i pazienti affetti da DE, che inizialmente non hanno la precisa indicazione per accedere ad un trattamento psicoterapeutico specifico. Infatti Furlan sostiene che circa l’11% dei pazienti funzionali da lui esaminati presentava caratteristiche tali da poter essere avviato senza preparazione ad un trattamento psicoterapeutico specifico. L’obiettivo di questo modello è sviluppare la crescita di una reale motivazione al trattamento psicoterapeutico e, soprattutto, identificare il trattamento più idoneo per ogni singolo paziente. La psicogestibilità indica la possibilità d’accesso ad un trattamento sessuologico ad orientamento psicoterapeutico avente come “focus” il disfunzionamento sessuale.

Partendo da tali considerazioni, abbiamo approntato il nostro protocollo di studio che ci proponiamo qui di seguito di analizzare.

Protocollo di studio dei disturbi della sfera sessuale

Il nostro studio iniziato nel 1998, è nato dalla collaborazione tra la Clinica Psichiatrica e la Clinica Urologia dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti.

I pazienti oggetto della ricerca sono affetti da disfunzione erettile di probabile origine psicogena, perché precedentemente testati con indagini diagnostiche di pertinenza urologica (anamnesi, esami obiettivi, glicemia, Hb glicosilata, esami di funzionalità epatica, testosterone libero e totale, prolattina, ILEF, 2-3 Rigi-Scann, Doppler), che hanno escluso l’origine organica del disturbo.

Lo studio si articola nel modo seguente:

– il primo incontro consiste in un colloquio clinico (esame psichico);

– il secondo ed il terzo incontro prevedono una valutazione psicodiagnostica per indagare la struttura di personalità (profilo di personalità) ed il profilo sessuo-relazionale. Questa seconda fase si articola in due incontri in cui vengono somministrati due diversi tipi di tests: il Minnesota Multiphasic Personality Inventory (M.M.P.I.) in forma ridotta ed il Sexuality Evaluation Schedule Assessment Monitoring (SESAMO).

– Nel quarto incontro è prevista la restituzione al paziente della diagnosi e gli si propone una terapia combinata di tipo farmacologico e psicoterapeutico. I pazienti vengono seguiti settimanalmente con un approccio psicoterapeutico ad orientamento analitico e mensilmente per il controllo della farmaco-terapia.

Materiali e metodi

Nel nostro studio fino ad oggi sono stati esaminati 15 pazienti.

Nel corso del primo colloquio sono emerse delle modalità differenti di approccio al problema della disfunzione erettile. In alcuni casi si è visto che i pazienti parlano liberamente del loro disturbo, chiedendo anche con una certa insistenza il coinvolgimento della partner agli incontri; in altri invece il motivo della richiesta di consulenza diventa marginale nell’ambito del colloquio.

Si è visto, inoltre che di questi pazienti alcuni erano stati già sottoposti ad un trattamento di tipo farmacologico con ansiolitici e/o antidepressivi; una parte di essi è stata anche trattata con Sildenafil.

Il primo test somministrato è stato l’MMPI (16), ossia un questionario di personalità autodescrittivo. La forma ridotta si compone di 357 items, raggruppati in 10 scale cliniche. Oltre alle scale cliniche sono state individuate tre scale di validità: L, F e K. Tale test è stato somministrato a partire dai 16 anni a soggetti che abbiano un livello d’istruzione almeno elementare. È un test descrittivo che può presentare nello specifico campione di soggetti da noi studiati, problemi legati all’indagine “oggettiva”:

1. possibilità di essere falsificato, perché il paziente potrebbe cercare di dare un’immagine positiva o negativa di sé;

2. il paziente può rispondere ai vari items con una personale interpretazione delle opzioni del test;

3. ci possono essere delle variabili situazionali e temporali nella risposta al test;

4. potrebbe esserci una scarsa comprensione dei quesiti proposti dal test.

Dall’analisi derivante dalla somministrazione del test M.M.P.I. ai pazienti, è emerso che le scale cliniche significative sono state: Hs, D, Hy, Pd, Mf, Pa, Pt, Sc, Ma, Si.

La scala Hs, che è inerente a problemi fisici ed al modo in cui il soggetto vive la propria corporeità, risulta interessata nel 46,15%. In due di questi pazienti si è evidenziata un’elevazione della scala Hs che indica somatizzazione dell’ansia, immaturità del soggetto e preoccupazioni relativa al proprio stato di salute. In quattro si è evidenziata un’alterazione della scala verso il basso: in questi casi può trattarsi di soggetti che tendono ad evitare rapporti interpersonali molto stretti.

Contrariamente a quanto ci si aspettava in base ai dati riportati in Letteratura, solo il 15,38% dei soggetti ha presentato un’elevazione della scala D, che valuta gli aspetti depressivi del carattere, con chiusura in sé e scarsa fiducia nelle proprie capacità.

Il 30,76% dei soggetti presenta un’elevazione della scala Hy. Alti valori di questa scala, che valuta l’isteria di conversione, indicano egocentrismo, esibizionismo a superficialità.

Il 38,46% dei soggetti esaminati presenta un’elevazione della scala Pd, che valuta i rapporti familiari, sociali e la tolleranza nei confronti delle norme.

In un solo caso si è evidenziato un basso punteggio di questa scala che indica eccessiva dipendenza dagli altri e sottomissione alle regole sociali.

Alti punteggi indicano opposizione all’ambiente sociale ed alle norme etiche.

Nel 30,7% dei pazienti si è riscontrata un’elevazione della scala Mf, che potrebbe indicare una particolare sensibilità in campo estetico ed artistico, non necessariamente un quadro psicopatologico.

La scala Pa è risultata elevata nel 15,38% dei soggetti e ciò indica una personalità paranoide.

La scala Pt è risultata elevata nel 53,84% dei pazienti, il che starebbe ad indicare una carenza di autostima, timidezza, insicurezza, tendenza al sottoslivellamento del tono dell’umore. Nella nostra esperienza tale risultato è apparso il più significativo.

La scala Sc è apparsa alterata nel 46,1% dei soggetti. Di tale percentuale la metà presenta un’elevazione che starebbe ad indicare un rapporto distorto con la realtà, la restante parte una diminuzione, con tendenza alla sottomissione.

La scala Ma è risultata alterata nel 15,38% dei soggetti, nel senso della diminuzione. Tale scala indica facilità alla frustrazione e ad atteggiamenti di passività.

La scala Si è risultata alterata nel 30,7% dei soggetti. In tre di essi è risultata elevata, caratterizzando tratti di timidezza e di scarsa capacità decisionale; in un soggetto, invece, sono stati evidenziati bassi punteggi, indicativi di una propensione verso gli altri con tendenza a stabilire rapporti sociali.

A scopo esemplificativo tali risultati sono riassunti nella Tabella I.

Il sesamo (17) si propone di formare un profilo psicosessuale e socio-affettivo del soggetto in esame e di rilevare ipotesi di cause ed aspetti disfunzionali nell’ambito della sessualità individuale e di coppia. Le aree da indagare sono divise in “sezioni”. La sezione 1 raggruppa le aree che considerano la sessualità remota e gli aspetti socio-caratteriali del soggetto. Il soggetto una volta completata questa sezione passa alla compilazione di una delle due sottosessioni, in base alla sua situazione affettiva o relazionale. La sezione 2 è riservata alla situazione di single (mancanza di una stabile relazione sessuoaffettiva) e comprende le aree relative alla sessualità attuale e agli aspetti motivazionali. La sezione 3 è indirizzata alla situazione di coppia che duri da almeno 6 mesi e indaga la sessualità attuale del soggetto e gli aspetti sessuo-relazionali della coppia

Dall’analisi del test SESAMO (Tab. II) è risultata un’elevazione della scala 1A nel 46,15% dei soggetti, che indaga il vissuto socio-ambientale.

La scala 1E è risultata elevata nel 38,4% dei soggetti, che valuta la masturbazione remota.

La scala 1F è risultata elevata nel 100% dei soggetti, stando a testimoniare la presenza di problematiche sessuali relative all’epoca infantile ed adolescenziale dello sviluppo psicosessuale.

La scala 1G è risultata elevata nel 76,9% dei soggetti, indicando la possibile presenza di malattie alla base del deficit erettile.

L’area 1H è risultata elevata nell’84,6% dei soggetti, indicando che coloro che si sottopongono al questionario appaiono motivati ad indagare quali siano le loro problematiche.

L’area 2A è risultata elevata nel 7,6% dei soggetti indicando il vissuto soggettivo della situazione di single.

L’area 2B è risultata è risultata elevata nel 7,6% dei soggetti indicando la connotazione soggettiva del piacere.

L’area 2C è risultata elevata nel 7,6% dei soggetti indicando le modalità relazionali con cui il soggetto si rapporta all’eventuale partner.

L’area 3A è risultata elevata nel 53,8% dei soggetti. Essa indaga sul rapporto di coppia tentando di enucleare quegli aspetti che rappresentano caratteristiche peculiari di una relazione sesso-affettiva.

L’area 3B è risultata elevata nel 76,9% dei soggetti, indagando sulla frequenza dei rapporti sessuali, sui rapporti sessuali senza desiderio, la qualità della relazione sessuale, la valutazione del grado di coinvolgimento del partner ed infine la valutazione della reattività sessuale del partner.

L’area 3C è risultata elevata nel 69,2% dei soggetti e valuta l’attività masturbatoria recente ed il valore che l’autoerotismo assume nella sua vita sessuale.

L’area 3E risulta elevata nel 38,4% dei soggetti ed esprime se la comunicazione tra i partner è aperta e disinibita.

L’area 3F è risultata elevata nel 38,4% dei soggetti e valuta il grado di autonomia decisionale all’interno della coppia.

L’area 3G è risultata elevata nell’84,6% dei soggetti e si propone di indagare la sessualità extrarelazionale.

L’area 3I risulta elevata nel 69,2% dei soggetti e si propone di valutare il vissuto relativo all’utilizzo o non di mezzi contraccettivi.

Al momento della restituzione della diagnosi ai pazienti, derivante dall’analisi dei due tests precedentemente descritta, è stata loro prospettata la possibilità di un approccio integrato di tipo farmacologico e psicoterapeutico ad orientamento analitico, consistente in un incontro settimanale (18). Alcuni di essi hanno aderito ad entrambe le possibilità terapeutiche, altri hanno accettato un trattamento di tipo esclusivamente farmacologico, consistente nella somministrazione di basse dosi (10 mg) di antidepressivi di nuova generazione (SSRI), altri ancora, hanno aderito solo al trattamento di tipo psicoterapeutico. La somministrazione dell’antidepressivo è stata valutata anche in base ai dati riportati in Letteratura, secondo i quali tali farmaci, somministrati a basse dosi avevano la capacità di migliorare la performance sessuale (Tab. III).

Dalla conduzione dei colloqui ad orientamento analitico, sono emerse diverse problematiche relative alla scarsa autostima che provano i soggetti, ad un’alterazione del rapporto con la propria corporeità (soggetti che si ritengono scarsamente attraenti o invecchiati), e ad alterazioni nell’ambito familiare e relazionale.

La presa di coscienza da parte dei soggetti di avere uno spazio ed un tempo a loro disposizione, si è dimostrata un valido ausilio per il successivo trattamento psicoterapeutico.

Dei pazienti sottoposti a trattamento, due casi hanno mostrato risoluzione completa del proprio problema a seguito della terapia combinata durata solo un anno. In tutti i pazienti comunque si è evidenziato un miglioramento nell’ambito sessuo-relazionale, determinato nella nostra esperienza, nelle fasi iniziali dall’approccio integrato, in quelle successive dai colloqui ad orientamento analitico che hanno consentito un miglioramento e un mantenimento dei risultati ottenuti. In alcuni casi particolari si è reso opportuno il coinvolgimento della partner all’approccio psicoterapico i cui colloqui venivano condotti o individualmente o in coppia.

È necessario precisare che la nostra sperimentazione è ancora troppo recente per poter trarre delle conclusioni più certe sull’efficacia del trattamento.

Riguardo alla nostra esperienza, si è potuto constatare che i pazienti spesso mostravano una sorta di timore, se non un vero e proprio rifiuto, riguardo all’ipotesi psicogena del loro disturbo. Infatti nella grande maggioranza dei casi, i pazienti si dimostravano maggiormente propensi a rifugiarsi in una improbabile causa organica, che avrebbero maggiormente accettato, e che, però, purtroppo per loro veniva a priori esclusa dagli urologi. Per tali ragioni è sembrata di essenziale importanza:

a) l’individuazione delle caratteristiche della sessualità individuale del paziente;

b) l’individuazione delle caratteristiche della sessualità di coppia;

c) la verifica e la “costruzione” di una motivazione ad un progetto terapeutico di tipo psicosessuologico, fondantesi su un’alleanza tra terapeuta e paziente.

Riportiamo qui di seguito, a titolo esemplificativo, tre casi clinici da noi seguiti che hanno avuto esito variabile: il primo con un successo terapeutico, il secondo con un parziale miglioramento della sintomatologia, il terzo con un abbandono della terapia.

Il Signor M. di anni 42 ci riferisce, al primo colloquio, un disturbo erettivo che si è manifestato a seguito della separazione dalla coniuge, una volta scoperto il tradimento di lei. M. va a vivere da solo e saltuariamente si incontra con la moglie con la quale, solo all’inizio, riesce ad avere normali rapporti sessuali e contemporaneamente intrattiene relazioni con altre donne. Subito si evidenzia la sua problematica sessuale, M. riesce a stabilire relazioni basate su una affinità esclusivamente affettiva ma non sessuale. Nonostante M. si fosse separato dalla moglie continua ad interessarsi della vita di lei, fino ad arrivare a pedinarla e nutrire il desiderio di manifestare aggressività nei confronti dell’attuale compagno. Nel corso dei primi colloqui M. aveva mostrato un grande “materialismo”, parlandoci dei suoi traguardi raggiunti: successo lavorativo, economico e sociale, benessere di cui fruiva anche la coniuge proveniente da una famiglia non benestante. Dopo circa due mesi di colloqui con noi, dolorosamente, cominciano ad affiorare le sue emozioni ed il paziente prende consapevolezza della maggiore importanza, nell’ambito dei rapporti interpersonali, del raggiungimento di un’affinità sentimentale e “mentale” piuttosto che di un traguardo economico. “… Probabilmente tutto il dolore che ho provato per l’esperienza vissuta mi ha fatto riflettere, ha fatto sì che guardassi dentro di me e che cercassi di capire che cosa è successo, di darmi delle risposte. Ho capito di aver sbagliato, di avere anche delle colpe, delle misere colpe, come per esempio quella di non aver dialogato con mia moglie, di aver cercato di emanciparla socialmente ma non intellettualmente, di non averle impedito di chiudersi in sé stessa …” “… Prima la mia vita procedeva tranquilla lungo un binario, fin quando non mi è crollato tutto addosso; a quel punto ho dovuto cercare altre vie, altri modi di essere e, per dirlo in una sola parola, ho cercato di capire la mia psiche …”. Il trattamento integrato di M., dopo circa un anno, ha portato alla completa risoluzione del suo problema erettivo, ma soprattutto alla presa di coscienza da parte del paziente della propria complessità interiore e del mondo che lo circonda.

G. è un paziente di 35 anni, attualmente ancora in trattamento di tipo esclusivamente psicoterapeutico, da circa sei mesi. È fidanzato da circa 10 anni con L., una bellissima ragazza di 7 anni più giovane di lui; i primi problemi di deficit erettile sarebbero comparsi circa tre anni fa “… La prima volta, ricordo benissimo quando è successo! Non mi sono meravigliato, perché già da prima aveva perso il desiderio fisico per lei … Il mio corpo non rispondeva più alla mia mente … Era come se io non volessi essere completamente dentro di lei”.

G. ci riferisce di rendersi conto di aver fatto trascorrere troppo tempo prima di iniziare un trattamento, ma in parte ciò era dovuto al fatto che egli riusciva ad avere rapporti sessuali con altre donne. Questa modalità da lui adottata di manifestare la propria sessualità apparve ben presto una sorta di corazza che si era costruito per proteggersi dalla consapevolezza di una crisi della sua identità maschile.

G. nel corso dei colloqui ci riferisce le innumerevoli liti con la fidanzata, dovute in parte a questioni di diversità caratteriale, in parte alla intolleranza da parte di lei del problema e al non riuscire ad essergli vicino come lui avrebbe voluto. Inoltre, ai colloqui, è emersa una problematica molto angosciante per il paziente legata ai tradimenti effettuati dalla compagna. Negli ultimi tempi il paziente mostra un miglioramento del dialogo di coppia e un riavvicinamento al corpo della fidanzata, che prima veniva quasi rifiutato, seppur senza ancora avvertire pulsioni sessuali.

T. ha 41 anni, giunge al colloquio accompagnato dalla moglie. È questo il suo secondo matrimonio, che dura da un paio d’anni, mentre il paziente era in precedenza coniugato all’età di 28 anni, con una donna che definisce prepotente e autoritaria. Il primo matrimonio termina dopo poco tempo, con l’abbandono del tetto coniugale da parte della moglie. Le prime “defaillances” sessuali del paziente risalgono ai tempi del primo matrimonio, ma non si erano mai verificate prima di esso. Successivamente egli intrattiene altre relazioni senza un eccessivo coinvolgimento affettivo fino a conoscere A. con la quale si sposa all’età di circa 38 anni, dopo un breve fidanzamento. T. appare entusiasta di questa donna dalla quale si sente compreso e aiutato in ogni suo problema. I primi giorni insieme appaiono splendidi anche dal punto di vista sessuale ma ben presto i due non riescono ad avere rapporti.

Sin dai primi incontri con il paziente emergono tematiche incentrate su un’eccessiva dipendenza dalle figure genitoriali e soprattutto da quella materna, che si è evoluta in una dipendenza dalle due altre figure femminili più importanti della sua vita, la prima e la seconda moglie, caratterialmente assai più incisive di lui.

A causa dell’estrema “complicità” e fusionalità della coppia si è deciso di procedere ad un trattamento psicoterapeutico di entrambi, seguiti negli stessi orari separatamente da due diversi terapeuti.

Subito appare la personalità intensamente conflittuale della donna, quasi teatrale nelle proprie manifestazioni. I rapporti interpersonali da lei instaurati sono improntati ad un atteggiamento manipolatorio e ad un certo egocentrismo: gli altri sono spesso considerati come strumento di soddisfacimento del suo bisogno di essere al centro dell’attenzione e dell’ammirazione. A. si ritiene superiore, speciale ed unica e si aspetta che anche gli altri la ritengano tale (“… Io sono una moglie stupenda, perfetta, T. lo può dire …”), anche se a tratti sembrerebbero individuarsi dei punti di scucitura (“… Non so se quello che faccio è giusto o sbagliato. Forse amo troppo T …”), che però potrebbero anche non essere delle vere e proprie incrinature ma trovare la loro collocazione nell’atteggiamento manipolativo della paziente.

T. appare molto introverso, remissivo nei confronti della moglie e durante i colloqui risponde stentatamente solo alle domande postegli, senza un eloquio spontaneo. Riferisce a fatica la sua problematica sessuale, descrivendo con dovizia di particolari le pratiche masturbatorie con le quali comunque riesce a trovare un proprio soddisfacimento, al di fuori del rapporto di coppia.

Dopo circa un anno di trattamento psicosessuologico, proprio quando sembrava che la coppia avesse preso consapevolezza della disparità dei ruoli (eccessiva dipendenza del marito e atteggiamento manipolativo e iperprotettivo della moglie), tramite contatto telefonico, la moglie ci comunica la loro decisione di abbandonare la terapia.

Acknowledgments: tutti gli Autori hanno dato un eguale contributo alla presente ricerca.

Corrispondenza: dott. Maria Rosaria Grimaldi, via Gorizia, 42, 66013 Chieti scalo – Tel. 0368 573057.

Tab. I. Risultati dell�MMPI. Results on the MMPI.

Scale di validità: L, F, K Scale cliniche:

Aree significative

1. Hs (ipocondria)

Hs: 46,15%

4 pz

2 pz

2. D (depressione)

D: 15,38%

2

3. Hy (isteria)

Hy: 30,76%

4

4. Pd (deviazione psicopatica)

Pd: 46,15%

5

1

5. Mf (mascolinità e femminilità)

Mf: 30,7%

4

6. Pa (paranoia)

Pa: 15,38

2

7. Pt (psicastenia)

Pt: 53,84%

3

4

8. Sc (schizofrenia)

Sc: 46,15%

4

4

9. Ma (ipomania)

Ma: 15,38%

2

10. Si (introversione sociale)

Si: 30,7%

3

1

Tab. II. Risultati del test SESAMO. Results on the SESAMO test.

1A: 46,15% ≠6

2A: 7,6%≠1

3A: 53,8%≠7

1E: 38,4% ≠5

2B. 7,6% ≠1

3B: 76,9% ≠10

1F: 100% ≠15

2C: 7,6% ≠1

3C: 69,2% ≠9

1G. 76,9% ≠10

3E: 38,4% ≠5

1H. 84,6% ≠11

3F: 38,4% ≠5

3G: 84,6% ≠11

3I: 69,2% ≠9

Tab. III. Risposta alla farmacoterapia antidepressiva nel campione. Response to antidepressant drug treatment in the sample.

Paziente Farmaci
(SSRI 10 mg)
Psicoterapia T. combinato Risultati
1 x x x ++
2 x x x
3 o x o +
4 x o o +
5 x x x +++
6 x x x +
7 o x o ++
8 o x o +
9 o x o ++
10 x x x +/-
11 o x o +
12 x x x +++
13 o x o
14 o x o +/-
15 o x o ++

legenda:
x: adesione al trattamento
o: non adesione al trattamento
+: lievemente migliorato
++: migliorato
+++: guarito
+/-: invariato
-: interruzione trattamento

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