Parole chiave:— Schizofrenia – Trattamento – Risperidone – Antipsicotici atipici
Key words:— Schizophrenia – Treatment – Risperidone – Atipical antipsychotic
Introduzione
La schizofrenia � il pi� grave dei disturbi psichiatrici e la sua terapia � il compito pi� impegnativo che si trova oggi ad affrontare lo psichiatra. Attualmente � ancora impensabile porsi come obiettivo terapeutico la completa remissione intesa come un ritorno ad un livello di funzionamento analogo a quello precedente l’esordio della patologia schizofrenica, ma molto spesso la farmacoterapia consente di ottenere un miglioramento clinico variabile da paziente a paziente e di prevenire le riacutizzazioni che condizionano la cronicizzazione (1).
L’avvento di nuove classi di Antipsicotici (A.P.) ha da un lato stimolato nuove aspettative e dall’altro ha posto nuovi obiettivi modificando anche l’atteggiamento psicologico dello psichiatra. Un nuovo composto non dovrebbe infatti limitarsi al controllo della sintomatologia positiva ma dovrebbe indurre effetti extrapiramidali minimi o addirittura non provocarne affatto, dovrebbe inoltre essere efficace sui sintomi positivi e su quelli negativi ed essere in grado di migliorare le funzioni cognitive, tutto ci� nell’ottica di un miglioramento della qualit� di vita nel suo complesso.
Di qui � nato l’interesse riguardo l’impatto che queste nuove molecole hanno avuto sugli operatori e di come si � modificato negli ultimi anni l’approccio terapeutico alla patologia schizofrenica. Nel presente lavoro sono descritti i risultati di un’indagine conoscitiva relativa al comportamento degli psichiatri italiani in tema di trattamento farmacologico dei disturbi schizofrenici con particolare riferimento agli antipsicotici atipici o dell’ultima generazione.
Al momento in cui questa indagine � stata realizzata soltanto il Risperidone e la Clozapina erano presenti ufficialmente sul mercato. Il Sertindolo era stato ritirato da poco e l’olanzapina non era ancora a disposizione degli psichiatri.
Materiale e metodi
Il questionario, composto da un totale di 26 domande, � stato spedito a circa 5.000 psichiatri operanti su tutto il territorio nazionale. Era allegata al questionario una lettera di presentazione del progetto che spiegava le modalit� di comportamento relativamente alla compilazione e alla spedizione della scheda preaffrancata. Era anche possibile spedire la scheda (5 pagine) tramite Fax direttamente ad un PC dedicato.
La scheda � stata preparata tramite l’ausilio della tecnica denominata OCR (Optical Character Recognition) ed IMR (Image Character Recognition). Con tale sistema, le informazioni trascritte su ciascuna scheda erano gi� definite come variabili di un Database. Tali pagine venivano inserite come immagine all’interno del PC mediante l’ausilio di uno scanner dotato di un caricatore automatico di documenti (ADF). Raggiunto un certo numero di immagini, queste venivano valutate tramite l’ausilio di un programma che riconosceva la pagina e quindi ciascun item collocato su essa. Ogni elemento veniva quindi valutato, interpretato e se superava il controllo veniva automaticamente inserito all’interno di un Database predefinito (Microsoft Access 7.0)
I campi non valutati correttamente venivano sottoposti ad analisi visuale tramite operatore che stabiliva la procedura da adottare.
Mediante collegamenti ODBC il Database di Access veniva valutato tramite pacchetto statistico SPSS per l’analisi dei risultati. Il progetto ha avuto un decorso di 5 mesi, dalla preparazione della scheda alla produzione delle tavole descrittive.
Il questionario era diviso in tre aree principali:
1) Criteri diagnostici;
2) Criteri di trattamento della schizofrenia;
3) Farmaci antipsicotici atipici.
La prima parte dello studio aveva come scopo quello di valutare, nell’ambito del campione in esame, i criteri diagnostici normalmente utilizzati per porre diagnosi di schizofrenia nell’ambito di alcune opzioni che comprendevano la dicotomia positiva-negativa, la gravit� del quadro clinico e l’uso di strumenti pi� tradizionali quali il DSM IV e l’ICD-10.
Nella seconda parte veniva indagata l’adesione degli psichiatri alle indicazioni terapeutiche frutto delle consensus conferences e delle conseguenti linee guida al trattamento della schizofrenia realizzate da esperti italiani e stranieri. In tale sezione erano indagate le modalit� di trattamento in fase acuta (durata, dosaggio, tempi di latenza nella risposta), distinguendo inoltre tra la schizofrenia a prevalente sintomatologia positiva e quella a prevalente sintomatologia negativa. Erano inoltre indagate l’adesione ai criteri previsti per il trattamento delle riacutizzazioni ed il rispetto dei criteri della farmacoresistenza.
La terza parte dell’intervista era incentrata sull’utilizzo dei farmaci antipsicotici ponendo l’accento soltanto sugli atipici Risperidone e Clozapina in quanto al momento della realizzazione del questionario l’Olanzapina non era ancora disponibile e il Sertindolo era stato appena ritirato dal mercato. In questa parte erano indicati i criteri di scelta del farmaco, gli effetti collaterali e i dosaggi terapeutici.
Descrizione del campione
A fronte di 5.000 questionari spediti vi � stato un tasso di ritorno totale pari a 556 (11,1%) psichiatri suddivisi in maschi (72,1%) e femmine (26,6%). L’et� media � risultata pari a 42 � 6,88 anni.
L’attivit� clinica prevalente degli psichiatri che hanno riposto al questionario era maggiormente concentrata sul servizio ospedaliero pubblico (74,5%), i restanti items hanno avuto valori inferiori al 10% (clinica psichiatrica universitaria, clinica privata, pratica ambulatoriale privata, altro).
Relativamente alla quantit� di pazienti visitati ogni mese, la frequenza maggiore di psichiatri (39,2%) “vedeva” mediamente ogni mese tra i 30 ed i 50 pazienti.
Mediamente gli anni di pratica post-specializzazione hanno dato un risultato pari a 12 � 7,6.
A livello territoriale le schede sono state rispedite maggiormente da Sicilia (13,5%), Lazio (11,7%) e Veneto (11,3%). Infine, il criterio maggiormente seguito nella prassi terapeutica degli psichiatri che hanno risposto al questionario � stato l’utilizzo del DSM IV o dell’ICD10 (52,9%), segue la Gravit� del quadro clinico (37,1%).
Risultati
Per rendere meno ridondante la lettura del lavoro abbiamo deciso di commentare per ogni sezione del questionario soltanto le domande che pi� si prestavano a commenti clinici sia per quanto riguarda l’aderenza alle indicazioni diagnostiche e terapeutiche che per le eventuali discordanze. Le risposte date dagli psichiatri intervistati sono state messe a confronto con le conoscenze relative alla buona pratica clinica oltre che ovviamente con le linee guida al trattamento della schizofrenia realizzate in Italia e all’estero.
L’osservazione delle risposte al quesito riguardante la durata del trattamento in fase acuta nei pazienti schizofrenici mostra che soltanto un 30.2% degli psichiatri intervistati applica i criteri che prevedono un trattamento variabile fra le 6 e le 8 settimane (2) (Fig. 1).
Un 52% pur non attenendosi precisamente ai criteri rientra nelle due fasce immediatamente precedente e successiva. Un 11% mostra uno scostamento significativo protraendo il trattamento in fase acuta a dosaggio terapeutico oltre i 18 mesi. Tale condotta, a nostro avviso, potrebbe essere responsabile della diminuzione di compliance da parte del paziente che si troverebbe ad assumere alti dosaggi del farmaco e a sopportare gravosi effetti collaterali in un periodo di remissione farmacologica o comunque di evidente miglioramento. Un 50% degli intervistati ritiene necessario protrarre il trattamento a dosaggio ridotto dopo la remissione della sintomatologia oltre i 18 mesi mostrando di interpretare in maniera tendenzialmente estensiva le linee guida che prevedono la durata del trattamento a dosi ridotte di almeno un anno (3).
In accordo ai criteri di trattamento il 48% degli intervistati si aspetta una latenza di risposta sui sintomi negativi di 1-3 mesi (Fig. 2).
Variamente distribuito il restante 52%. � interessante notare che un 8% degli intervistati si aspetta un risultato terapeutico sui sintomi negativi in meno di un mese. Tale dato induce a delle considerazioni:
1) che tale comportamento sia dettato da esperienze personali su singoli casi che non possono per� essere elevate a rango di prassi clinica visto che la latenza terapeutica sulla sintomatologia negativa � sicuramente maggiore ai 30 giorni;
2) che l’applicazione di tale condotta possa indurre all’abbandono della terapia in modo prematuro interpretando come non risposta al trattamento quello che sembra essere invece il decorso naturale di questi sintomi pur in presenza di trattamento (4,5).
In accordo con i dati della letteratura circa il 50% degli intervistati prevede, in assenza di trattamento, una percentuale di riacutizzazioni nel primo anno pari al 40-60% (6). Un 32% degli intervistati mostra di avere una visione pi� pessimistica valutando l’incidenza delle riacutizzazioni pari al 70% (Fig. 3).
Gli effetti di tale visione sono tuttavia da considerarsi pi� positivi che negativi in quanto spesso inducono ad una scrupolosa adesione alle modalit� di trattamento attivo.
Il 67,8% degli intervistati ritiene utile associare una molecola anticolinergica alla terapia neurolettica soltanto alla comparsa di effetti collaterali di tipo extrapiramidale in accordo con il dato clinico che non tutti i pazienti in trattamento con neurolettici sviluppano segni extrapiramidali (soprattutto con gli A.P. atipici) e che in alcuni casi l’associazione pu� determinare una diminuita biodisponibilit� dell’antipsicotico (vedi riduzione dei livelli plasmatici da diminuito assorbimento intestinale come conseguenza del rallentato svuotamento gastrico) ed il potenziamento degli effetti atropino-simili (stati confusionali, ritenzione urinaria, ileo paralitico, alterazioni cognitive) (7). � inoltre importante ricordare che l’associazione in cronico di anticolinergici alla terapia antipsicotica � considerata una delle cause pi� importanti nell’induzione della discinesia tardiva.
Il 70,5% degli psichiatri intervistati ritiene necessario un cambio di molecola alla comparsa di sindrome negativa da neurolettici. La conferma clinica oramai assodata riguardo al fatto che le molecole caratterizzate da attivit� di blocco 5HT2-D2 svolgano una specifica attivit� sui sintomi negativi superiore a quella dei farmaci con blocco prevalente dei D2 � probabilmente alla base di tale scelta terapeutica. Percentuali molto basse di psichiatri ipotizzano un aumento di dosaggio del NL o l’aggiunta di un anticolinergico per il trattamento della sindrome negativa.
In accordo con i criteri di resistenza proposti da Kane e Coll. sono considerati resistenti al trattamento neurolettico quei pazienti che negli ultimi 5 anni sono stati sottoposti ad almeno tre cicli terapeutici con NL di almeno 2 classi diverse (dosi equivalenti o superiori a 1000 mg di clorpromazina per 6 settimane) (8). Solo il 54% degli intervistati mostra di attenersi a tali criteri. Una minima percentuale di intervistati considera resistenti al trattamento quei pazienti che non hanno risposto ad un solo neurolettico (3,9%) (Fig. 4).
Non vi � accordo tra gli psichiatri intervistati relativamente alla percentuale di farmacoresistenza che varia da meno del 5% ad oltre il 30%.
La quasi totalit� del campione mostra di utilizzare, in caso di farmacoresistenza, gli AP atipici Clozapina (46,2%) e Risperidone (43,1%) come da indicazioni della letteratura (9,10) (Fig. 5).
Relativamente all’associazione tra 2 o pi� neurolettici la gran parte degli intervistati ritiene utile tale pratica che, se � in linea di massima sconsigliabile, pu� tuttavia essere adottata in condizioni cliniche particolari quali: 1) riacutizzazioni con comparsa di sintomi positivi in corso di trattamento di base per sintomi negativi, 2) periodo di sovrapposizione di 2 NL in corso di switch terapeutico (farmaco in uscita a dosaggi decrescenti, farmaco in entrata a dosaggi crescenti).
L’aloperidolo rimane ancora il farmaco di prima scelta nel trattamento della schizofrenia positiva secondo il 68,7% degli intervistati.
� oramai prassi clinica consolidata embricare nel trattamento di un esordio schizofrenico o nella riacutizzazione di una patologia cronica stabilizzata l’aloperidolo e un A.P. atipico. Lo schema prevede infatti di permettere all’atipico di raggiungere un livello plasmatico terapeutico mentre l’aloperidolo svolge la sua attivit� sulla componente positiva del quadro e operare poi un lento scalaggio fino alla sospensione dello stesso (aloperidolo).
Il 73,2% degli psichiatri utilizza il Risperidone come farmaco di prima scelta nel trattamento della schizofrenia a prevalente sintomatologia negativa. Numerosi trials clinici hanno infatti dimostrato che il Risperidone � significativamente pi� efficace dell’aloperidolo nel trattamento dei sintomi negativi (11-13) (Fig. 6).
Tale dato ha grande significato clinico per la persistenza nel tempo di questi sintomi, i lunghi periodi di ospedalizzazione e la cattiva prognosi ad essi associata (14). � stato osservato infatti, in campioni oramai piuttosto numerosi di pazienti schizofrenici cronici, che il trattamento a lungo termine con Risperidone riduce in modo statisticamente significativo (20% circa) la degenza media ospedaliera annua (14-17). La gran parte degli intervistati mostra invece di utilizzare solo raramente il Risperidone come farmaco di prima scelta nella fase acuta.
In merito alla gamma di effetti collaterali del Risperidone un 30,9% degli intervistati indica l’agitazione come effetto collaterale pi� frequente in corso di trattamento con tale farmaco, un 20,5% indica invece la sonnolenza (Fig. 7).
Gli studi clinici indicano tuttavia che tale effetto collaterale compare raramente ed � pi� probabile a dosi elevate del farmaco (18). Aumento ponderale (20,1%), iperprolattinemia (19,1%), disturbi extrapiramidali (soltanto ad alti dosaggi) (9,5%) sono gli altri effetti collaterali riportati pi� frequentemente.
� importante sottolineare un bias metodologico costituito dal fatto che la descrizione degli effetti collaterali pi� frequentemente riportati in corso di terapia con Risperidone non si accompagnava alla definizione del dosaggio utilizzato. Questo aspetto clinico � particolarmente importante in virt� del profilo degli effetti collaterali del farmaco che � differente a seconda dei dosaggi utilizzati (4-8 mg od oltre).
In merito al tempo occorrente per raggiungere il dosaggio terapeutico (nell’acuto) in corso di terapia con Risperidone, i protocolli prevedono tempi variabili da 3 giorni fino a circa 2 settimane. Questo schema di titolazione permette un rapido e sicuro raggiungimento del dosaggio terapeutico efficace riducendo il rischio di comparsa di ipotensione dovuta all’effetto alfa adrenergico nei primi giorni di trattamento (19). Non vi � accordo in tal senso tra gli intervistati che indicano tempi variabili da 2 gg (29,5%) fino ad oltre 10 gg (8,2%) con una quota maggiore (38,4%) che indica un tempo di circa 7 gg. In cronico vengono indicati tempi di una (32,7%) due (39%) settimane. Occorre tuttavia sottolineare che l’esperienza clinica pi� recente prevede una strategia di titolazione pi� lenta effettuata in un periodo di tempo che va da 1 settimana a 3 mesi (Figg. 8–9).
Per quanto riguarda la clozapina la maggioranza degli intervistati (40,6%) raggiunge il dosaggio terapeutico nell’acuto in circa due settimane e nel cronico tra le due e le quattro settimane (41,7%) come evidente dagli studi clinici. Gli effetti collaterali riportati con maggiore frequenza in corso di trattamento con clozapina sono sedazione (40,6%), scialorrea (25,7%) ed aumento ponderale (22,3%). I tempi di latenza terapeutica vengono indicati tra i tre (52,5%) ed i sei mesi (29,5%) di trattamento (Figura 10).
In un campione di circa 100 pazienti schizofrenici trattati con clozapina e seguiti presso la nostra clinica con un follow-up di 3 anni si sono confermati i dati riportati. In una elevata percentuale di pazienti il progressivo miglioramento (clinico e psicometrico) era evidenziato attraverso osservazioni effettuate dopo 9-12 mesi dall’inizio del trattamento.
Discussione
Dall’analisi dei dati esposti � possibile trarre alcune conclusioni.
Per quanto riguarda la scelta del trattamento non � possibile interpretare in maniera chiara l’atteggiamento degli psichiatri intervistati in merito all’uso di un’ottica dimensionale o categoriale. L’ottica dimensionale, sebbene offra il vantaggio di scegliere in modo mirato la terapia farmacologica agendo sulla dimensione pi� alterata (distorsione della realt�, impoverimento, affettiva) nel singolo caso in esame e in relazione al periodo storico della malattia, non risulta ancora essere consolidata nella pratica clinica.
L’aloperidolo rimane il farmaco di prima scelta nel trattamento della schizofrenia positiva superato dal Risperidone nella gestione del mantenimento. Il Risperidone viene considerato farmaco attivo nel trattamento della schizofrenia a prevalente sintomatologia negativa (20-23). Tale azione viene attribuita all’attivit� antagonista del farmaco sui recettori 5HT2 responsabile peraltro anche della scarsit� degli effetti collaterali di tipo extrapiramidale che sono infatti riportati nella misura del 9,5% (24-26). � importante precisare che la sintomatologia extrapiramidale molto raramente si manifesta in corso di trattamento a dosaggio terapeutico (4-8 mg) ma quando, al contrario, il farmaco viene assunto a dosaggi superiori ai 10 mg. In questo caso � possibile affermare che il Risperidone perde le caratteristiche di atipico e si comporta, dal punto di vista dei disturbi extrapiramidali, come un antipsicotico tradizionale.
Il Risperidone viene usato raramente come farmaco di prima scelta nella fase acuta anche se esistono alcune esperienze recenti che riferiscono della sua efficacia anche nelle acuzie psicotiche a dosaggi terapeutici raggiunti molto velocemente.
Dall’analisi dei dati emergono le differenze nel profilo di azione di Clozapina e Risperidone. A quest’ultimo infatti viene riconosciuta una pi� rapida risposta terapeutica con il raggiungimento della dose terapeutica efficace in tempi pi� brevi rispetto alla Clozapina.
Il 44,6% degli psichiatri intervistati ritiene necessario all’inizio del trattamento con Risperidone associare una BDZ. Tale dato � correlato al profilo degli effetti collaterali del Risperidone come dimostra il fatto che una percentuale analoga degli intervistati annovera tra gli effetti collaterali pi� frequentemente associati al Risperidone agitazione (30,9%) ed insonnia (10,9%)
Conclusioni
I dati emersi dall’indagine conoscitiva sulle abitudini diagnostiche e prescrittive degli psichiatri italiani riguardo alla patologia schizofrenica ci permettono di fare alcune considerazioni.
La prima � di tipo “aridamente” descrittivo e riguarda la numerosit� del campione.
I circa 600 questionari rispediti (556 inseriti nell’elaborazione) costituiscono una percentuale statisticamente significativa del campione intervistato. � importante sottolineare che � stato concesso un tempo relativamente breve fra la consegna del questionario e la chiusura dell’arruolamento (circa 5 mesi) e che la quasi totalit� dei questionari � stata rispedita autonomamente dagli psichiatri. Appare evidente quindi che i colleghi hanno dimostrato un reale interesse a far parte del campione di studio.
La seconda � di tipo pi� squisitamente scientifico.
Come accennato nella introduzione le risposte ottenute alle varie domande del questionario sono state messe a confronto con le linee guida al trattamento dei disturbi schizofrenici realizzate in Italia e all’estero da gruppi di esperti (27). Anche se le direttive terapeutiche ottenute dalle consensus conferences dovrebbero costituire una guida unanimemente condivisa non sempre � cos� (28-31).
In alcuni dei questionari conoscitivi precedentemente realizzati dal nostro gruppo � pi� volte accaduto di imbattersi in risposte che si discostavano nettamente dalle indicazioni proposte e che in alcuni casi erano addirittura in contraddizione netta con le conoscenze pi� attuali.
Nel questionario appena descritto si � invece notata una adesione abbastanza costante alle indicazioni proposte dalle buona pratica clinica sia in tema di durata dei trattamenti che di scelta farmacologica. Le percentuali di colleghi che hanno dato risposte che si discostavano nettamente dalla media sono state molto basse in quasi tutte le domande pi� importanti del questionario. Appare superfluo affermare che questi risultati non descrivono in maniera capillare lo stato delle conoscenze riguardo all’argomento ma costituiscono comunque una piacevole conferma (statistica!) riguardo all’aumento delle conoscenze e dell’interesse soprattutto per quanto riguarda il delicato problema del trattamento della schizofrenia.
La terza � di tipo storico.
Quella che si � appena conclusa � la settima indagine conoscitiva realizzata su tutto il territorio nazionale sotto l’egida della Fondazione Italiana della Schizofrenia (FIS). Sono stati trattati quasi tutti i disturbi psichiatrici e la numerosit� delle risposte � variata da i 380 questionari per un’indagine sul Disturbo Ossessivo ai quasi 3100 per una recente sulla depressione. I risultati elaborati sono quasi in ogni caso stati oggetto di articoli scientifici o comunicazioni in congressi ed hanno sempre stimolato interesse e discussione.
Appare evidente che pur con tutti i limiti metodologici e i possibili bias il criterio della indagine conoscitiva sulle modalit� operative costituisce uno strumento utile che permette di far parte di un “villaggio globale” psichiatrico e di scambiarsi opinioni a distanza nella ricerca di conferme o di nuove indicazioni.