Il disturbo ossessivo compulsivo con scarso insight: revisione critica della letteratura

Obsessive compulsive disorder with poor insight: a review

S. Bellino, S. Ziero, A. Ceregato, F. Bogetto

Servizio per i disturbi depressivi e d'ansia Dipartimento di Neuroscienze, Università di Torino

Parole chiave: Disturbo ossessivo-compulsivo • Disturbi psicotici • Scarso insight • Spettro ossessivo-compulsivo • Terapia
Key words: Obsessive-compulsive disorder • Psychotic disorders • Poor insight • Obsessive-compulsive spectrum • Therapy

La capacità di critica del contenuto delle ossessioni e delle compulsioni nel Disturbo Ossessivo Compulsivo

La nosologia contemporanea del Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) prende origine dalle definizioni elaborate nel corso dell’800. Esquirol (1) ha descritto una sindrome caratterizzata da “ricorrente o persistente idea, pensiero, immagine o sentimento che è accompagnato da un senso di compulsione soggettiva e dal desiderio di resistergli; il soggetto riconosce che l’evento è estraneo alla propria personalità ed è consapevole del suo carattere abnorme”.

La capacità di riconoscere come assurdi o irragionevoli i pensieri ossessivi e i comportamenti compulsivi è stata quindi riconosciuta fin dalle prime definizioni psicopatologiche come un elemento caratterizzante della sindrome ossessivo compulsiva. L’importanza attribuita alla presenza della capacità di critica dei contenuti di ossessioni e compulsioni si ritrova nei termini utilizzati nella seconda metà dell’800 per definire la patologia: folie lucide (2) ,folie raisonnante (3-4) ,folie avec conscience (5) .

All’inizio del ‘900 Janet (6) e Schneider (7) hanno indicato i seguenti requisiti per identificare la sindrome ossessivo compulsiva:

1) il soggetto si sente forzato a pensare, sentire, agire;2) il contenuto dell’ossessione è percepito come assurdo ed egodistonico;

3) il soggetto oppone resistenza all’ossessione.

Questa definizione è stata sostanzialmente ripresa dalla terza versione del DSM (8) ,che nei criteri diagnostici per il DOC afferma che “il soggetto riconosce che le proprie idee sono eccessive o irragionevoli”. Tuttavia, numerose osservazioni cliniche hanno messo in evidenza che la capacità del paziente di criticare il contenuto delle ossessioni può ridursi fino a scomparire. Diversi autori hanno infatti notato che non tutti i pazienti ossessivi riferiscono l’esperienza di coazione e non tutti riconoscono l’assurdità di ossessioni e rituali compulsivi (9-10) .Nel 1935 Lewis (9) ha sottolineato che “la consapevolezza dell’assurdità dell’ossessione non è caratteristica essenziale del disturbo” in quanto “la capacità di critica nei confronti delle ossessioni … non è sempre presente”. Lo stesso Schneider, pur riconoscendo che “l’estraneità all’Io e il senso dell’assurdo e dell’irrazionale” rappresentano elementi comuni delle esperienze coatte, ha sostenuto che tali caratteristiche “si presentano in gradi che sono i più diversi, che possono assottigliarsi e diluirsi senza limiti netti fino ad arrivare ad una coazione che non è più chiara ed evidente” (10) .In questi soggetti viene progressivamente a mancare ogni tentativo di resistere all’ossessione.

Si tratta di situazioni cliniche in cui emerge il complesso problema del rapporto fra ossessione e delirio, poiché proprio la capacità di critica del soggetto nei confronti del contenuto del proprio pensiero rappresenta il criterio fondamentale che permette di distinguere tra i due fenomeni psicopatologici. Le posizioni espresse dalla psicopatologia classica sui rapporti fra ossessione e delirio sono discordanti e sono riconducibili a due tesi fondamentali:

1) Kraepelin (11) ha sostenuto in merito una posizione dicotomica, secondo cui “le transizioni dall’ossessione verso le altre malattie mentali, specialmente la paranoia, non sembrano probabili”2) Bleuler (12) si è espresso al contrario per un possibile rapporto di continuità, ritenendo che “al culmine dello stato emotivo anancastico le idee ossessive possono trasformarsi per breve periodo in un indiscutibile delirio”.

Le osservazioni che abbiamo riportato dall’opera di Lewis e Schneider, indicando che in alcuni casi la capacità di critica dei pazienti ossessivi si assottiglia fino a perdersi del tutto, rappresentano implicitamente un argomento a sostegno della posizione bleuleriana di una possibile transizione di questi casi, anche solo temporaneamente, verso un disturbo delirante. Ne deriva l’importanza di un’approfondita valutazione di questi pazienti anche per le rilevanti implicazioni di tipo psicopatologico.

Soprattutto negli ultimi anni, la valutazione della capacità di critica (insight per gli autori anglosassoni) nel disturbo ossessivo-compulsivo ha richiamato l’attenzione di vari autori che hanno utilizzato termini differenti per definire pazienti nei quali la consapevolezza di malattia risulta marcatamente ridotta o assente. Si è parlato in passato di “psicosi ossessiva” (13-15) ,poi di “DOC con idee prevalenti” (16-17) ,quindi di “DOC con aspetti psicotici” (18-20) e, più recentemente, di “DOC con scarso insight” (21-23) .

Il termine insight viene usato in questo caso con un significato radicalmente diverso da quello che gli è stato tradizionalmente attribuito in psicoanalisi. Il concetto psicoanalitico di insight ha avuto molte definizioni e non è facile darne una sintesi, ma può essere considerato come il contatto con la realtà intrapsichica che si stabilisce attraverso il transfert (24) o come la capacità di cogliere l’origine e il significato inconscio dei propri sintomi e del proprio comportamento (25) .L’acquisizione dell’insight può essere considerata come l’obiettivo ultimo della psicoterapia psicoanalitica e viene raggiunta attraverso il superamento progressivo della resistenza del paziente promosso dagli interventi del terapeuta. Si tratta come si vede di un concetto complesso e centrale nella teoria psicoanalitica. Il significato che è stato attribuito a questo termine dai ricercatori che si sono occupati del DOC è assai più circoscritto e superficiale. Esso corrisponde all’accezione di insight come “consapevolezza” e sta quindi ad indicare la capacità dei pazienti ossessivi di valutare criticamente il contenuto dei propri sintomi e di riconoscerlo come assurdo e irragionevole. È tuttavia indubbio che l’uso di questo termine risulta confusivo e oggetto di controversie, tanto che ci parrebbe opportuno ricorrere alla dizione meno equivocabile di “DOC con ridotta capacità di critica”.

Il DSM-IV definisce “DOC con scarso insight” un quadro clinico in cui “per la maggior parte del tempo la persona non riconosce che le ossessioni e le compulsioni sono eccessive e irragionevoli”. Indubbiamente, l’identificazione di un sottogruppo di pazienti che corrispondono a tale definizione rappresenta una semplificazione dei risultati della ricerca clinica. Infatti, Foa e Kozak (22) ,commentando i risultati del DSM-IV field trial, affermano che la capacità di critica dei pazienti ossessivi è distribuita lungo un “continuum” che va dalla piena consapevolezza dell’assurdità di ossessioni e compulsioni fino alla completa perdita dell’insight. È necessario, inoltre, non trascurare il fatto che l’insight può variare notevolmente in uno stesso paziente nel corso dell’evoluzione della sindrome o può essere compromesso in presenza di una marcata condizione depressiva o ansiosa (26) .D’altro canto la critica o l’adesione del paziente ai contenuti dei sintomi ossessivo-compulsivi è fortemente influenzata dal contesto in cui avviene l’osservazione: è infatti più probabile che un individuo dimostri buone capacità di insight quando si trova in condizioni ambientali che non percepisce come minacciose o stressanti, in cui non c’è contatto con una situazione di particolare sollecitazione emotiva, come può verificarsi nel caso di un’intervista clinica (17) .Inoltre, alcuni pazienti, pur riconoscendo che uno o più aspetti del proprio comportamento sono assurdi, possono non essere d’accordo sul fatto che tutti siano ugualmente irragionevoli (23) .

Come si vede, la condizione di ridotta capacità di critica si manifesta nei pazienti ossessivo-compulsivi con modalità e in grado molto variabili in soggetti diversi e nello stesso soggetto a seconda dello stadio di malattia e degli stimoli ambientali. Tale variabilità pone evidentemente notevoli problemi di valutazione e non rende agevole l’identificazione dei casi che possono essere contraddistinti, seppure schematicamente, come “DOC con scarso insight” ed essere quindi caratterizzati sotto il profilo psicopatologico e clinico.

Studi clinici sul DOC con scarso insight

Al momento attuale è disponibile in letteratura solo un numero limitato di studi che hanno valutato la capacità di critica nei pazienti ossessivi.

Robinson et al. (15) hanno effettuato uno studio di follow-up su 36 soggetti con diagnosi di DOC. La maggior parte dei pazienti riferiva delle ossessioni di natura aggressiva, solo raramente a contenuto erotico. Occasionalmente tali idee si presentavano con caratteristiche prossime a quelle del delirio, anche se tale analogia non è meglio precisata dagli autori. Talvolta le idee ossessive erano del tutto egodistoniche, altre volte erano egosintoniche: in quest’ultimo caso il soggetto le avvertiva in accordo con le proprie scelte ed inclinazioni, non ne riconosceva l’assurdità e non le criticava. Nessun paziente presentava allucinazioni, né tratti evidenti di personalità compulsiva, come ordine, puntualità, pulizia e ambivalenza. Gli autori hanno valutato queste ed altre caratteristiche cliniche del campione ed hanno individuato due sindromi ossessive: la “neurosi ossessiva” e la “psicosi ossessiva”. Quest’ultima, in cui viene meno la critica della sintomatologia ossessiva, risultava caratterizzata da: egosintonia rispetto alle ossessioni, assenza di personalità ossessiva e di sintomi ossessivi premorbosi, tendenza all’acting-out, presenza di periodi di depressione con idee suicidiarie, esame di realtà compromesso, esordio dei sintomi più tardivo.

Solyom et al. (13) hanno selezionato da 45 pazienti con diagnosi di DOC un gruppo di 8 soggetti che differivano dai pazienti ossessivi “tipici” perché presentavano un sintomo ossessivo principale che interferiva gravemente con le attività quotidiane ed era chiaramente al limite con l’ideazione delirante per la mancanza di insight. Tali pazienti ossessivi “atipici” non manifestavano comunque nessun sintomo schizofrenico caratteristico definito secondo i criteri bleuleriani o schneideriani (7,12) .Gli autori hanno ricercato, tramite interviste e questionari standardizzati, differenti fattori eziologici, fenomenici e prognostici che potevano distinguere il gruppo di pazienti ossessivi “tipici” dagli “atipici”, cioè la “nevrosi ossessiva” dalla “psicosi ossessiva”. La ricerca ha individuato nel gruppo degli “atipici” un esordio più precoce dei sintomi, una maggiore gravità delle ruminazioni e dei dubbi ossessivi, un maggior numero di rituali compulsivi. Inoltre nei pazienti con psicosi ossessiva emergeva una maggiore durata di malattia in assenza di periodi di remissione della sintomatologia. Infine, tali soggetti avevano ottenuto minori benefici sia dai trattamenti farmacoterapici che da quelli psicoterapici dimostrando in definitiva una prognosi peggiore.

Insel e Akiskal (18) hanno messo in evidenza che una quota apprezzabile di pazienti con DOC diventava “ossessivo con aspetti psicotici” nel senso che andavano incontro alla perdita dell’insight. Essi manifestavano deliri inquadrabili o come disturbo affettivo (ad esempio in un caso in cui la paura ossessiva della contaminazione veniva sostituita dal delirio di colpa di aver contaminato altre persone), o come stato paranoide (ad esempio in un soggetto in cui al dubbio di aver commesso qualche azione riprovevole si sostituiva la convinzione delirante di essere perseguitato per avere effettivamente commesso tale azione). Queste manifestazioni psicotiche erano considerate dagli autori come fenomeni per lo più transitori che delineavano una forma di disturbo ossessivo-compulsivo particolarmente grave, caratterizzata da mancanza di insight emozionale e di ansia, da una “maniera delirante” di resistere alle ossessioni, dalla presenza di relazioni familiari conflittuali e da personalità schizotipica. Insel e Akiskal non si sono limitati a dividere il loro gruppo di 23 pazienti ossessivi in “tipici” e “atipici”, “con” e “senza aspetti psicotici”, ma hanno applicato un’intervista strutturata. Hanno posto quattro quesiti per valutare le caratteristiche delle idee del paziente; in particolare è stato esaminato:

1. come il paziente spiegava il fatto che la maggior parte delle persone non condivideva la sua convinzione;2. se il paziente si aspettava che potessero verificarsi conseguenze negative al di fuori dell’ansia;

3. quale grado di resistenza era presente;

4. quanto era bizzarro il contenuto ideativo.

La maggior parte dei pazienti del campione considerava assurdo il contenuto delle loro ossessioni, ma molti di essi erano tuttavia propensi a temere che sarebbero potute capitare conseguenze dannose se non avessero eseguito i rituali compulsivi. Inoltre, più della metà dei soggetti riferiva di provare a resistere alle idee ossessive solo in qualche occasione. Gli autori hanno notato che la resistenza alle ossessioni spesso variava nel medesimo paziente a seconda della situazione contingente e dell’affaticamento.

In altri due studi (27-28) sono stati utilizzati strumenti psicometrici analoghi e le idee ossessive sono state valutate prendendo in considerazione una serie di caratteristiche dimensionali:

1. fissità: quanto è forte la convinzione nella validità dell’idea ossessiva;2. bizzarria: quanto è irragionevole il contenuto dell’idea ossessiva;

3. resistenza: con quale frequenza il paziente tenta di resistere all’ossessione;

4. controllo: quanto il paziente riesce a controllare le compulsioni.

La dimensione fissità comprendeva tre sottoscale:

a. il grado di convinzione nell’effettiva possibilità che le conseguenze temute si verificassero;b. la percezione dell’assurdità di tale convinzione;

c. la risposta del paziente a evidenze che confutavano le sue convinzioni.

I risultati ottenuti da questi studi indicavano che, dei 45 pazienti studiati, 15 (33%) credevano che si sarebbero verificate conseguenze spiacevoli se non avessero eseguito i rituali compulsivi, 6 (12%) affermavano di non aver mai provato a resistere alle compulsioni, 19 (43%) ritenevano di avere il controllo sulla sintomatologia ossessiva. Questi dati evidenziano che non sempre i pazienti vivono le loro ossessioni come egodistoniche e assurde e non tutti cercano di resistere ad esse o riescono a controllarle. In particolare, nei due studi sopra riportati solo una minoranza dei pazienti era sicura di non andare incontro a conseguenze negative se non avesse eseguito i rituali compulsivi. In entrambe le ricerche è emerso che la capacità di critica dei pazienti era distribuita lungo un “continuum” che andava dalla piena consapevolezza dell’assurdità dell’ideazione ossessiva fino alla completa perdita dell’insight.

La ricerca clinica sul DOC “atipico” è stata successivamente sviluppata da Eisen e Rasmussen (20) .Su una popolazione di 475 soggetti, 67 (14,1%) sono stati identificati come “ossessivi con sintomi psicotici”. Tali pazienti sono stati confrontati con i 408 “ossessivi tipici” relativamente alle variabili demografiche, alle caratteristiche cliniche e alla risposta al trattamento. Dal confronto è emerso che i pazienti “ossessivi con sintomi psicotici” erano soprattutto maschi, presentavano un decorso con deterioramento ed erano più giovani al momento del primo contatto con lo psichiatra. Gli autori hanno inoltre suddiviso il gruppo di pazienti ossessivi con sintomi psicotici in quattro sottogruppi: 27 soggetti con diagnosi di “DOC senza insight”, 18 con “DOC e schizofrenia”, 14 con “DOC e disturbo schizotipico di personalità” e 8 con “DOC e disturbo delirante”. I 27 pazienti caratterizzati dalla perdita dell’insight (6% dei 475 pazienti del campione) si collocavano lungo un continuum che andava dalle ossessioni alle idee prevalenti e al delirio. Sulla base di questi dati, gli autori hanno posto una serie di questioni concernenti il rapporto fra ossessioni e deliri. In particolare, si tratta di chiarire quale sia il processo cognitivo ed emozionale che porta alla trasformazione dell’ossessione in delirio, quale sia il significato prognostico di tale evoluzione psicopatologica e quale sia il ruolo degli inibitori selettivi della serotonina e/o degli antipsicotici nel trattamento del DOC con perdita di insight. Purtroppo questi importanti quesiti non hanno ancora trovato una risposta adeguata e gli autori hanno sottolineato la necessità di effettuare studi prospettici in doppio cieco.

Più recentemente, Foa e Kozak (22) hanno pubblicato i risultati di uno studio multicentrico su 431 pazienti ossessivo-compulsivi (DSM III-R) (29) ,che si proponeva di esaminare quali modifiche dovessero essere apportate ai criteri diagnostici per il DOC nel DSM-IV rispetto alla precedente edizione del manuale. In particolare, gli autori hanno indagato se i pazienti inclusi nello studio ritenessero eccessivo o irragionevole il contenuto dei loro sintomi e se quei pazienti che non presentavano un’adeguata capacità di critica al momento della valutazione l’avessero avuta o meno in passato. Per misurare la consapevolezza dei pazienti rispetto al contenuto di ossessioni e compulsioni è stata utilizzata la “Fixity of Beliefs Scale”, costituita da cinque item: alcuni adattati da quelli utilizzati in indagini precedenti (27-28) ,altri sviluppati appositamente in funzione di questo studio. La Fixity of Beliefs Scale ha permesso di valutare i seguenti elementi:

1. la convinzione dei pazienti che le conseguenze temute sarebbero effettivamente capitate se i comportamenti compulsivi non fossero stati eseguiti;2. il riconoscimento da parte dei pazienti delle differenze esistenti tra le loro convinzioni e quelle della popolazione generale;

3. la comprensione da parte dei pazienti dei motivi per cui essi avevano idee non realistiche;

4. la flessibilità dimostrata dai pazienti nel cambiare le convinzioni errate;

5. la bizzarria dell’ideazione ossessiva.

Tale strumento psicometrico è stato somministrato solo a 250 soggetti del campione che riportava quale ossessione primaria la paura che si potessero avverare alcune conseguenze da loro temute se non avessero portato a termine i loro rituali.

Solo il 13% dei pazienti esaminati riconosceva pienamente l’assurdità della propria paura ossessiva, ossia era certo che non si sarebbero verificate le conseguenze temute se non avessero portato a termine i comportamenti compulsivi, il 27% ne era abbastanza sicuro, il 30% era incerto, il 26% era al contrario abbastanza sicuro che sarebbero effettivamente accadute le conseguenze temute se non avessero eseguito i rituali compulsivi, il 4% era assolutamente certo di tali conseguenze. È stato inoltre valutato, in base a due domande supplementari sottoposte all’intero campione di 431 soggetti, se la mancanza di insight era dovuta a una perdita della capacità di critica che era intervenuta durante il decorso della patologia o se la consapevolezza di malattia non era mai stata presente in questi soggetti. Nell’8% dei casi l’insight era presente nelle fasi iniziali del disturbo ed era andato successivamente perduto, mentre nel 5% dei soggetti non c’era mai stata la capacità di riconoscere l’assurdità delle idee ossessive. Si noti che i risultati ottenuti sono sovrapponibili a quelli della Fixity of Beliefs Scale sul campione ristretto. In definitiva, i risultati dello studio hanno ancora una volta sottolineato l’esistenza di un continuum della capacità di critica riguardo all’assurdità dell’ideazione ossessiva tra i pazienti con DOC. Poiché la nozione di “continuum” è difficile da recepire nei criteri diagnostici categoriali del DSM, la Task Force dell’American Psychiatric Association ha proposto di inserire nel DSM-IV un sottotipo di DOC “con scarso insight”. L’inclusione di questo sottotipo nei più recenti criteri diagnostici, pur rappresentando una semplificazione e una schematizzazione dei risultati della ricerca, può incoraggiare i ricercatori a studiare la relazione tra la riduzione o l’assenza dell’insight e le caratteristiche cliniche e psicopatologiche di questi pazienti ossessivo-compulsivi, con particolare attenzione alle possibili implicazioni sulla condotta farmacologica e psicoterapeutica. In proposito, Foa e Kozak (22) hanno sottolineato la necessità di porre particolare attenzione alla corretta identificazione dei casi di DOC con scarso insight. Questi autori hanno infatti rilevato che alcuni pazienti ossessivo-compulsivi potrebbero essere mal diagnosticati a causa della condizione di scarso insight. Una diagnosi errata, ad esempio di schizofrenia o disturbo delirante potrebbe indurre i clinici a trattare questi casi in modo inappropriato, adottando come prima scelta una monoterapia con farmaci antipsicotici piuttosto che ricorrere ai farmaci antiossessivi serotoninergici o a una terapia comportamentale.

Lo studio clinico del DOC con scarso insight è stato proseguito da Catapano et al. (23) ,che hanno portato a termine una ricerca finalizzata a esplorare:

a. i rapporti fra livelli di “insight” e gravità della sintomatologia in pazienti con diagnosi di DOC;b. le caratteristiche cliniche e familiari dei pazienti con scarso insight;

c. il significato predittivo del ridotto insight per quanto riguarda la risposta al trattamento con farmaci inibitori del reuptake della serotonina.

Lo studio è stato condotto su un campione di 50 pazienti con diagnosi di DOC. La valutazione dell’insight nei confronti della sintomatologia ossessivo-compulsiva è stata effettuata utilizzando l’item 11 (“capacità di critica”) che è compreso nella parte investigativa della Yale-Brown Obsessive-Compulsive Scale (Y-BOCS) (30-31) .Il 20% dei casi (n = 10) aveva un insight marcatamente ridotto o del tutto assente (punteggi all’item 11 3 e 4). Nel 50% dei casi (n = 25) la resistenza alla sintomatologia ossessivo-compulsiva è risultata notevolmente compromessa o assente. Inoltre, il 70% dei soggetti (n = 35) non era in grado di esercitare un effettivo controllo sulle ossessioni ed il 64% (n = 32) non era capace di controllare le compulsioni. Il livello di capacità di critica misurato alla Y-BOCS è risultato correlato al punteggio totale della Y-BOCS, ai subtotali per le ossessioni e per le compulsioni, ai punteggi degli item che valutavano la resistenza nei confronti della sintomatologia ossessivo-compulsiva e il controllo esercitato sui sintomi. Inoltre, gli autori hanno rilevato che i pazienti “con scarso insight” presentavano con maggior frequenza del gruppo di controllo un’anamnesi familiare positiva per i disturbi dello spettro schizofrenico e un’anamnesi personale positiva per disturbi psichiatrici dell’infanzia.

L’età d’esordio del DOC, la durata di malattia, i contenuti delle ossessioni e la tipologia dei rituali compulsivi non differivano in maniera significativa nei due gruppi. È interessante osservare che, per quanto riguarda l’epoca in cui è esordito il DOC, i risultati dei diversi studi che abbiamo riportato sono discordanti. Alcuni hanno trovato un’età d’esordio più tardiva nel DOC con scarso insight (15) ,altri hanno riscontrato al contrario un età d’esordio più precoce (13) ,mentre il gruppo di Catapano non ha individuato alcuna differenza rispetto ai controlli. È possibile che tali differenze siano almeno in parte dovute a una certa eterogeneità nei criteri di selezione del campione, poiché abbiamo visto che il concetto di scarso insight e la sua applicazione al disturbo ossessivo-compulsivo sono tuttora dibattuti e in via di elaborazione.

Il gruppo di Catapano ha anche valutato la risposta del DOC con scarso insight alla terapia con antiossessivi serotoninergici, con risultati che saranno descritti nella sezione dedicata ai trattamenti.

Negli ultimi anni alcuni autori hanno messo in evidenza la presenza di scarso insight in pazienti con DOC caratterizzato da particolari tipi di ossessioni o compulsioni.

Greenberg et al. (32) hanno descritto alcuni pazienti con sintomi ossessivo-compulsivi di accumulo caratterizzati da un limitato livello di insight, da assenza di resistenza alla sintomatologia ossessivo-compulsiva e da un peggior funzionamento generale.

Lo studio dei pazienti ossessivi con “comportamenti di accumulo” è stato quindi approfondito da Frost et al. (33) .Gli autori hanno messo in evidenza che tale sintomo era piuttosto comune nei soggetti con DOC: infatti il 31% del loro campione (12/39 soggetti) presentava ossessioni di accumulo e il 26% (10/39 soggetti) rituali compulsivi di accumulo. Nella ricerca sono stati messi a confronto i pazienti ossessivi con comportamenti di accumulo e pazienti che non presentavano tale sintomo. Nel primo gruppo è stato riscontrato un minore livello di insight, una maggiore componente di evitamento e di dubbio patologico e una maggiore gravità dei sintomi ossessivi in generale. È importante sottolineare che diversi studi hanno definito il sintomo dell’accumulo nel DOC quale fattore predittivo di scarsa risposta alla terapia con gli inibitori del reuptake della serotonina (34-36) .Future indagini permetteranno di stabilire se lo scarso insight, presente nei pazienti ossessivi con comportamenti di accumulo, possa essere ritenuto di per se stesso un fattore predittivo di resistenza al trattamento.

Abramovitz et al. (37) hanno invece posto la loro attenzione sul sintomo “preoccupazioni ipocondriache” che hanno riscontrato nel 14% (56/399) del loro campione di pazienti ossessivi. Tali autori hanno valutato la capacità di critica sia dei pazienti con preoccupazioni ipocondriache che dei soggetti che non mostravano tale sintomo applicando la Fixity of Beliefs Scale. Il grado di insight andava in entrambi i gruppi da scarso ad eccellente, ma un basso livello di insight era presente in un numero significativamente maggiore di soggetti con preoccupazioni ipocondriache.

Lo scarso insight nei disturbi dello spettro ossessivo e nel DOC con comorbilità di Asse II

Una questione clinico-nosografica che è stata oggetto di grande interesse negli ultimi anni riguarda l’individuazione di uno “spettro” di disturbi collegati al DOC. Hollander et al. (38) hanno individuato una serie di disturbi che condividono alcune caratteristiche del DOC quali: i sintomi clinici, l’età di esordio, il tipo di decorso, la storia familiare, la comorbilità, i correlati biologici e neurologici e la risposta al trattamento. Tali disturbi, che comprendono il disturbo da dismorfismo corporeo, il disturbo da depersonalizzazione, l’anoressia nervosa, l’ipocondria, i disturbi del controllo degli impulsi, la sindrome di Gilles de la Tourette, la chorea di Sydenham e l’autismo, sono stati collocati nello spettro ossessivo-compulsivo, anche se la definizione più rigorosa di spettro richiederebbe la presenza di comuni fattori genetici e sarebbe per ora applicabile nei confronti del DOC solo alla sindrome di Gilles de la Tourette.

Alcuni recenti studi hanno valutato la presenza di scarso insight in disturbi dello spettro ossessivo-compulsivo, in particolare nel disturbo da dismorfismo corporeo e nei disturbi alimentari psicogeni. Phillips et al. (39) hanno messo in evidenza l’esistenza di varianti ossessive e deliranti per entrambi questi disturbi. Per quanto riguarda il disturbo da dismorfismo corporeo, tali varianti sono sostanzialmente recepite nella classificazione del DSM-IV poiché è prevista una diagnosi addizionale di disturbo delirante, tipo somatico, se la preoccupazione per il supposto difetto nell’aspetto fisico si presenta con intensità e caratteristiche di tipo delirante. Nello stesso disturbo è quindi riconosciuta l’esistenza di una variante psicotica e di una non psicotica. Secondo Phillips, le future ricerche dovranno verificare se una serie di disturbi dello spettro ossessivo presenta varianti analoghe e se è opportuno procedere alla definizione di veri e propri sottotipi, ad esempio “con buon insight”, “con scarso insight”, “con pensiero delirante (o psicotico)”.

Lo studio del disturbo da dismorfismo corporeo è stato ripreso dalla stessa autrice un anno dopo (40) ,in una review in cui è stato sottolineato che questi pazienti hanno in genere scarso insight e in alcuni casi un’ideazione francamente delirante. I dati preliminari della ricerca hanno indicato l’efficacia del trattamento con SRI. Se venisse confermato in studi controllati che sia le forme deliranti che quelle non deliranti rispondono positivamente ai farmaci serotoninergici, questo elemento deporrebbe a favore dell’esistenza di un continuum, piuttosto che di sottotipi distinti del disturbo.

Un altro lavoro che ha preso in considerazione le caratteristiche del disturbo da dismorfismo corporeo è quello di Hollander e Wong (41) .Secondo questi autori i pazienti con disturbo da dismorfismo corporeo si collocano verso l’estremo compulsivo (con alto evitamento del rischio) del modello dimensionale dello spettro ossessivo-compulsivo e hanno spesso uno scarso insight. Tale disturbo si caratterizza, inoltre, per età di esordio precoce, decorso cronico e, come già rilevato da Phillips, per una risposta preferenziale al trattamento con farmaci serotoninergici.

Per quanto riguarda l’anoressia nervosa, uno studio di Saccomani et al. (42) ha indagato l’esito di questo disturbo in un gruppo di bambini e adolescenti. Fra le caratteristiche più significative correlate all’outcome a lungo termine è stato indicato l’insight. Questo dato conferma che la valutazione dei soggetti con scarso insight può essere utile anche per impostare il trattamento e per trarre delle indicazioni prognostiche.

Poco indagato è stato finora il rapporto fra scarso insight e comorbilità di Asse II nel DOC. Poiché il sottotipo con scarso insight comprende soggetti in cui l’ideazione ossessiva assume, per la perdita della capacità di critica e della resistenza, caratteristiche prossime al delirio, si pone la questione di stabilire se questo sottotipo è più rappresentato in casi con disturbi di personalità gravi, come il disturbo borderline o quello schizotipico, che si situano al limite con la psicosi sia per le caratteristiche psicopatologiche e per la frequente comparsa di scompensi psicotici.

Hayashi (43) ha esaminato tre casi di disturbo ossessivo-compulsivo con disturbo borderline di personalità e ha messo in evidenza che lo scarso insight e la ridotta resistenza alle ossessioni e alle compulsioni sono fra gli elementi caratterizzanti di questa condizione clinica, insieme alla pervasività dei sintomi ossessivo-compulsivi e all’evidente presenza di controllo ossessivo nelle relazioni personali.

Ulteriori indagini in questo campo sono di grande interesse per identificare le manifestazioni peculiari dei casi di DOC con comorbidità di Asse II e per correlare sul piano clinico e terapeutico i risultati provenienti da due linee di ricerca che sono state per ora condotte in modo indipendente: quella che riguarda il DOC con scarso insight e quella che si riferisce al DOC con disturbi di personalità concomitanti.

Indicazioni terapeutiche nel DOC con scarso insight

Al momento attuale sono disponibili in letteratura pochi dati relativi alle modalità di risposta dei pazienti ossessivi con scarso insight agli interventi terapeutici. Inoltre, i risultati ottenuti da autori diversi sono discordanti.

Foa (16) ha riportato il fallimento della terapia comportamentale in 4 pazienti ossessivo-compulsivi che mostravano una forte convinzione nella validità del contenuto della propria ideazione ossessiva. In contrasto con i risultati di Foa, altri autori (44-46) hanno evidenziato che alcuni casi di pazienti ossessivo-compulsivi con ridotta capacità di critica rispondevano favorevolmente alla terapia comportamentale. Lelliott et al. (27) hanno cercato di derimere la questione in uno studio su 49 pazienti con DOC. In questo gruppo non è stata trovata una correlazione tra ridotta capacità di critica e scarsa risposta alla terapia comportamentale: i pazienti che avevano completa convinzione nella validità delle loro ossessioni rispondevano in misura non significativamente diversa dai soggetti che ritenevano il contenuto dell’ideazione ossessiva assurdo ed egodistonico. Risultati sostanzialmente analoghi a quelli di Lelliott sono stati pubblicati da Basoglu et al. (28) ,che non hanno trovato una correlazione del grado di insight prima del trattamento comportamentale con l’outcome valutato immediatamente dopo e solo una debole correlazione (r = -0,3) con l’outcome dopo un anno dalla fine della psicoterapia. I risultati relativi alla terapia comportamentale rimangono nel complesso poco chiari, poiché da un lato emerge l’osservazione che i pazienti con DOC e ridotta capacità di critica hanno ottenuto minori benefici dalla terapia, dall’altro vi sono studi in cui questi pazienti hanno avuto risultati terapeutici soddisfacenti e sovrapponibili rispetto ai controlli. Un elemento di cui occorre tener conto nell’approccio ai pazienti ossessivo-compulsivi con scarso insight riguarda il fatto che è molto difficile convincere questi soggetti ad affrontare il loro disturbo nell’ambito di una terapia comportamentale e che queste difficoltà possono in alcuni casi inficiare il buon esito della terapia (17) o condizionare il reclutamento dei casi da sottoporre a queste modalità di intervento.

Ancora più scarsi sono i dati disponibili per quanto riguarda la terapia farmacologica. Solyom et al. (13) hanno messo in evidenza che i pazienti con ridotta capacità di critica rispondevano in modo significativamente meno favorevole rispetto ai controlli sia alla terapia comportamentale (p < 0,05) sia alla farmacoterapia con clomipramina o con una associazione di trimipramina e fenelzina. Gli autori ipotizzavano che i soggetti ossessivi con ridotto insight potessero beneficiare di un trattamento di associazione fra antidepressivi triciclici e neurolettici.

Più recentemente, Catapano et al. (23) hanno valutato il significato predittivo del ridotto insight per quanto riguarda la risposta al trattamento con i farmaci inibitori del reuptake della serotonina. Tutti i 50 pazienti erano drug-free da almeno due settimane e sono stati trattati in aperto, per un periodo di 12 settimane, con un inibitore del reuptake della serotonina: 21 con clomipramina (fino a 250 mg/die), 20 con fluoxetina (fino a 80 mg/die) e 9 con fluvoxamina (fino a 300 mg/die). Al termine del trattamento, i pazienti con normale insight hanno presentato un miglioramento statisticamente significativo della sintomatologia ossessivo-compulsiva (p < 0,001), mentre non si sono riscontrate differenze rispetto al baseline nei pazienti con ridotto insight. Una risposta favorevole al trattamento farmacologico, stimata sulla base di una riduzione di almeno il 30% del punteggio totale della Y-BOCS, è stata riscontrata nel 50% (17/34) dei pazienti con un livello di insight normale, ma solo nel 12,5% (1/8) dei pazienti con ridotto insight. Questi dati hanno confermato l’opinione ripetutamente espressa in letteratura, secondo la quale i soggetti con DOC e scarso insight sono meno responsivi alle strategie terapeutiche di comune impiego (13,16) .

Ulteriori ricerche controllate saranno necessarie per confermare le indicazioni finora raccolte e per chiarire il significato predittivo della compromissione dell’insight. Se sarà confermato che i pazienti ossessivo-compulsivi con scarso insight hanno un tasso elevato di resistenza agli SRI, occorrerà delineare quale fra le strategie terapeutiche attualmente disponibili, ad esempio il potenziamento con antipsicotici, sia più adatta per il trattamento di questi casi.

Osservazioni conclusive

Dall’esame della letteratura sul disturbo ossessivo-compulsivo con scarso insight emergono alcune osservazioni a proposito dei risultati conseguiti e delle prospettive della ricerca. Occorre innanzitutto notare che gli studi disponibili sull’argomento sono tuttora limitati e piuttosto eterogenei per gli stessi criteri con cui vengono definiti e selezionati i pazienti ossessivo-compulsivi che presentano una riduzione o una perdita della capacità di critica nei confronti dei propri sintomi. Autori diversi hanno non solo adottato termini differenti per identificare questa particolare sottopopolazione di pazienti, ma hanno posto l’accento su diversi aspetti clinici e psicopatologici per caratterizzarne la peculiarità.

Il termine di psicosi ossessiva, adottato da Tanzi e Lugaro già nel 1923 (14) e ripreso da autori più recenti come Robinson (15) e Solyom (13) ,si contrappone a quello di nevrosi ossessiva e sottolinea quindi una netta demarcazione fra i due gruppi di pazienti. I soggetti con psicosi ossessiva vengono distinti per una serie di caratteristiche differenziali che includono, oltre alla perdita della critica e all’egosintonia rispetto alle ossessioni e alle compulsioni, la compromissione dell’esame di realtà e un esordio sostanzialmente più brusco del quadro clinico, in assenza sia di un disturbo di personalità ossessivo-compulsivo che di sintomi premorbosi.

Altri autori hanno adottato una terminologia diversa che pone l’accento su un aspetto psicopatologico e clinico più circoscritto. Foa e Kozak (16-17) hanno utilizzato il termine “DOC con idee prevalenti”, focalizzando in questo gruppo di pazienti la presenza di disturbi del pensiero che si distinguono dalle ossessioni, perché non sono più percepiti dal paziente come intrusivi ed egodistonici, ma pure dai deliri, poiché mancano i requisiti fondamentali di convinzione assoluta e di impermeabilità ad ogni tentativo di confutazione. Insel e Akiskal (18) e Eisen e Rasmussen (19-20) hanno mirato le loro ricerche su gruppi di pazienti con “DOC e aspetti psicotici”. Per Insel e Akiskal questo termine si riferisce essenzialmente alla comparsa transitoria in questi pazienti di idee deliranti inquadrabili o come disturbo affettivo o come stato paranoide. Più ampia e complessa è la definizione di “DOC con sintomi psicotici” che è stata data da Eisen e Rasmussen, i quali hanno distinto nell’ambito di questo gruppo quattro tipi differenti di pazienti: quelli con “DOC senza insight”, ossia senza capacità di critica; quelli con “DOC e schizofrenia” e con “DOC e disturbo delirante”, in cui è possibile identificare una vera e propria comorbilità di Asse I; quelli con “DOC e disturbo schizotipico di personalità”, in cui mancano sia i sintomi psicotici che veri e propri sintomi ossessivi atipici, ma si riscontra un disturbo di personalità grave che si colloca nell’ambito dello spettro schizofrenico. Queste distinzioni indicano l’opportunità di una sottotipizzazione del DOC atipico che consenta di delimitare campioni di pazienti sufficientemente omogenei.

Uno di tali sottotipi, il “DOC con scarso insight”, è quello che è stato preso in considerazione da Foa e Kozak nel DSM-IV field trial (22) .I risultati di questi autori, in accordo con la letteratura precedente sull’argomento, hanno indicato la presenza di una realtà clinica piuttosto complessa, in cui i pazienti si distribuiscono lungo un continuum che va dalla completa capacità di critica e di resistenza nei confronti dei sintomi ossessivo-compulsivi alla perdita di tali capacità che sconfina nell’ideazione delirante. La capacità di insight nel DOC si presenta quindi con le caratteristiche di una dimensione psicopatologica, che risultano però difficili da trasferire in una classificazione di tipo categoriale come è quella del DSM-IV. Pertanto gli autori suggeriscono di adottare un’inevitabile semplificazione e di introdurre nel DSM-IV la specificazione di un tipo di DOC con scarso insight. L’inclusione di questo sottotipo fra i criteri diagnostici della classificazione internazionale attualmente più diffusa avrebbe dovuto promuovere un’attività di ricerca volta a caratterizzare clinicamente questa popolazione di pazienti. L’interesse di questo tipo di indagine emerge dalla particolare collocazione psicopatologica di questa forma clinica, al confine fra l’area delle nevrosi e quella delle psicosi, fra disturbo ossessivo-compulsivo da un lato e disturbo delirante e schizofrenia dall’altro ed è accresciuto dal fatto che una conoscenza più approfondita di questo sottotipo di DOC potrebbe avere significative conseguenze sulla condotta terapeutica, in particolare di una parte dei casi resistenti ai trattamenti convenzionali con farmaci serotoninergici.

Tuttavia, gli effettivi contributi della ricerca in questo campo sono stati negli ultimi anni assai scarsi, a fronte di un crescente interesse della ricerca per il disturbo ossessivo-compulsivo nei suoi diversi aspetti clinici e terapeutici. In effetti, il solo studio di un certo rilievo che è stato condotto sul DOC con scarso insight dopo la pubblicazione del DSM-IV è quello compiuto da Catapano et al. (23) ,in cui un campione di pazienti con tale caratteristica è stato indagato e confrontato con un gruppo di controllo per identificare le differenze del profilo clinico e della risposta agli antiossessivi serotoninergici. È evidente che i dati raccolti da Catapano dovrebbero essere verificati ed eventualmente rivisti alla luce di studi su campioni più ampi di pazienti. Soprattutto i risultati che concernono la ridotta risposta alla terapia farmacologica dovrebbero essere confermati da indagini controllate in doppio cieco e completati da studi volti a determinare l’efficacia nel DOC con scarso insight di strategie di intervento alternative, dall’associazione di terapie comportamentali (finora applicate con risultati contraddittori) al potenziamento con farmaci antipsicotici di nuova generazione (che sono risultati utili nella terapia del DOC resistente) (47-50) .

Non è agevole identificare le ragioni per cui la ricerca in questo campo non ha ancora avuto lo sviluppo che ci si poteva attendere. Un motivo può essere individuato nella difficoltà di reperire strumenti adeguati per valutare la capacità di insight e di resistenza nei pazienti ossessivo-compulsivi e quindi per identificare correttamente i casi inquadrabili come DOC con scarso insight. La maggior parte degli studi condotti finora ha identificato questi casi in base alla valutazione clinica. Altri autori hanno fatto ricorso ad alcuni item di scale psicometriche di comune impiego nel DOC: ad esempio, Catapano et al. (23) hanno utilizzato l’item 11 della scala Yale-Brown e hanno considerato “con scarso insight” i casi che hanno ricevuto un punteggio di 3 o 4 a tale item. Più recentemente, è stata avvertita la necessità di eseguire una valutazione più specifica e più articolata del DOC con scarso insight, mettendo a punto ed applicando delle scale psicometriche selettivamente focalizzate su questo aspetto del quadro clinico. I primi sforzi in tal senso sono stati realizzati da Insel e Akiskal (18) e ripresi successivamente da altri gruppi (26-27) .Questi autori hanno proposto di eseguire la valutazione dello scarso insight prendendo in esame una serie di elementi diversi attraverso la somministrazione di un’intervista strutturata. In sostanza, essi propongono di esaminare il grado di convinzione del paziente rispetto alle proprie idee e all’effettiva possibilità che si presentino conseguenze negative se le compulsioni non vengono eseguite; la sua capacità di confrontarsi con idee e convinzioni differenti; il grado di resistenza e di controllo nei confronti dei sintomi; la bizzarria del contenuto delle idee ossessive. Tale valutazione risulta più mirata e più articolata ed è in grado di fornire un’informazione più completa sulle caratteristiche psicopatologiche dell’ideazione di un paziente ossessivo-compulsivo.

In occasione del DSM-IV field trial (22) è stata elaborata e applicata una nuova scala psicometrica, la Fixity of Beliefs Scale, specificamente indirizzata a misurare i diversi aspetti dello scarso insight, sulla base degli elementi focalizzati dai precedenti gruppi di studio. Più recentemente, Eisen et al. (51) hanno presentato un altro strumento di valutazione, la Brown Assessment of Beliefs Scale, che è stato validato su un gruppo di pazienti con DOC e si propone di misurare una serie di caratteristiche delle convinzioni espresse dai pazienti per determinare se e in quale grado si configurano come idee deliranti. Gli aspetti presi in esame riprendono sostanzialmente quelli indicati da altri autori per esaminare il DOC con aspetti psicotici, anche se questa scala risulta al momento la più completa fra quelle elaborate per lo studio di questi fenomeni. I sette item comprendono: il grado di convinzione del paziente, la capacità di percepire differenti punti di vista e il tipo di spiegazioni che ne viene dato, la fissità di tali idee, i tentativi del soggetto di mettere in discussione le proprie convinzioni, il grado di insight. L’ultimo item, che è accessorio e non rientra nella formazione del punteggio globale, riguarda l’identificazione di idee o deliri di riferimento. Papakostas e Christodoulou (52) hanno mosso una critica all’impiego di questa scala sostenendo che uno strumento elaborato per valutare i deliri sarebbe poco adatto per indagare le idee ossessive con caratteristiche atipiche. Per questo motivo, è stato proposto di adottare una scala diversa, la Overvalued Ideas Scale (53) ,sviluppata per la valutazione delle idee prevalenti e ritenuta da questi autori più appropriata per il DOC con scarso insight.

Si può concludere che i recenti sviluppi nell’elaborazione e validazione di nuove scale psicometriche dovrebbero agevolare il compito di identificare correttamente i casi di DOC con scarso insight e soprattutto quello di raccogliere campioni clinici sufficientemente omogenei per un’adeguata caratterizzazione clinica e psicopatologica e per essere inclusi in trial farmacologici e psicoterapeutici. La questione di quale fra gli strumenti disponibili sia il più adatto per questo particolare tipo di pazienti rimane aperta e può essere risolta solo applicando le diverse scale proposte e confrontando i risultati e le indicazioni provenienti dalle indagini cliniche.

 Corrispondenza: dott. Silvio Bellino, Servizio per i disturbi depressivi e d’ansia, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Torino, via Cherasco 11, 10126 Torino – Tel. 011 6634848 – Fax 011 673473E-mail: bogetto@molinette.unito.it

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