Parole chiave:
Disturbi Alimentari � Cartella Clinica Informatizzata
Key words:
Eating Disorders � Electronic Medical Record
Allegata la Cartella Clinica Informatizzata per Disturbi dell’Alimentazione
Introduzione
Nell’ambito dei Disturbi dell’Alimentazione (D.A.) sono numerosi gli strumenti atti a definire con modalità standardizzate informazioni cliniche e dati che portano alla individuazione di quadri sindromici sovrapponibili alle diagnosi proposte dai manuali di riferimento.
Per lo più questi strumenti hanno l’obiettivo di indirizzare, appunto, verso una diagnosi.
I più utilizzati sono:
– l’Intervista Clinica Strutturata per il DSM-III-R (SCID) di Spitzer (1990) (1) ;
– l’Eating Disorder Examination (EDE) di Fairburn e Cooper (1989) (2) ;
– e la Structured Interview for Anorexia and Bulimia Nervosa (SIAB) di Fichter (1998) (3) .
Nell’insieme risulta piuttosto complicata nell’applicazione pratica e non molto specifica per la definizione del comportamento alimentare patologico.
L’EDE, giunta ormai alla sua dodicesima edizione, è composta di domande piuttosto precise che indagano aree del comportamento alimentare in maniera approfondita per un periodo precedente di 4 settimane; valuta la gravità della patologia assegnando un punteggio da 0 a 6.
Affidabile e potente, si propone come una intervista centrata sull’intervistatore più che sull’intervistato (“self-reported”), e questo la rende più interattiva rispetto ad altre: l’operatore deve entrare in rapporto con il paziente e chiarire via via il significato delle risposte per chiarirne l’affidabilità.
La sua compilazione richiede un impegno che va al di là di quello per lo più disponibile in molti contesti clinici in cui la grande affluenza di richieste comporta di ottimizzare il potere informativo dell’esame diagnostico, concentrando gran parte delle indagini nel primo colloquio; da questa prospettiva l’ambito privilegiato dell’uso della EDE ci sembra quello della ricerca su un numero limitato di pazienti.
Infine la SIAB di Fichter, aggiornata per la terza volta nel 1998, è composta di 87 items e orienta la diagnosi secondo il DSM-IV (4) e l’ICD-10 (5) ;evidenzia sei valori associati alla problematica alimentare: I – Immagine del Corpo e Figura Ideale; II – Psicopatologia generale; III – Sessualità e Integrazione sociale; IV – Sintomi bulimici; V – Misure di controllo del peso, del cibo e di droghe; VI – Comportamenti alimentari atipici.
Si propone come un mezzo di uso relativamente semplice, ma la sua applicazione non risulta molto diffusa.
In questo panorama, tuttavia, sono rari gli strumenti che guidano nella raccolta e nella sistematizzazione dei dati, da quelli anagrafici a quelli biologici, socioambientali o ancora psicologici.
Tale mancanza si giustifica con l’ovvia considerazione che ogni gruppo di ricerca privilegia metodologie e modalità di raccolta di dati che sono giudicati idonei agli obiettivi della ricerca da svolgere; su questa base vengono elaborati risultati e proposte ipotesi interpretative spesso differenti se non contraddittorie.
Se, da una parte, questo procedimento risulta inevitabile e costituisce il senso ultimo della ricerca scientifica, da un’altra comporta una limitazione delle possibilità di confronto tra risultati ottenuti con metodologie differenti.
Numerosi autori sottolineano le difficoltà metodologiche che limitano l’interpretabilità e la comparabilità dei risultati (6) ,mentre altri preferiscono indirizzare le loro ricerche riguardo ai fattori predittivi dell’andamento del disturbo, siano questi prevalentemente biologici (età, sesso, andamento del ciclo mestruale, peso e indice di massa corporea) o appartengano al registro psichiatrico quali la depressione (7) o si sostanzino sugli aspetti delle strutture personologiche (8) .
Certamente fattori familiari di vulnerabilit� al disagio psichico, aspetti psico-socio culturali, condizioni esperienziali personali o familiari sembrano tutti contribuire all’ingresso in un comportamento alimentare patologico. Sembra dimostrato che, una volta iniziati, questi comportamenti conducano ad una serie di eventi psicofisici atti a perpetuarli (9) .
Ipotesi per una cartella clinica informatizzata
Presso la Sezione di Psichiatria dell’Università di Napoli “Federico II” è in uso da due anni una cartella clinica elaborata per raccogliere e sistematizzare i dati clinici riguardanti la popolazione che affluisce presso l’Ambulatorio dei Disturbi dell’Alimentazione.
Essa è costituita di 12 sezioni così definite:
– Sezione A | – Dati Anagrafici; |
– Sezione B | – Dati Fisici; |
– Sezione C | – Anamnesi Alimentare Patologica; |
– Sezione D | – Patologie Fisiche Concomitanti; |
– Sezione E | – Anamnesi Fisiologica; |
– Sezione F | – Sviluppo Psicoaffettivo; |
– Sezione G | – Rapporti Familiari; |
– Sezione H | – Diagnosi Descrittiva; |
– Sezione I | – Atteggiamento verso il Problema e la Cura; |
– Sezione L | – Tests; |
– Sezione M | – Programma Terapeutico; |
– Sezione N | – Andamento della cura. |
Rispetto alla Patologia, sono oggetto di attenzione particolare l’Anoressia e la Bulimia, ma anche l’Obesità o altre forme di comportamento disturbato possono essere esaminate e definite secondo lo schema proposto.
Le sezioni sono state scelte sulla base delle principali aree di interesse della ricerca contemporanea; per ogni item sono preordinate delle risposte, verificate come le più frequenti nella pratica clinica, ed è comunque lasciata all’intervistatore la possibilità di inserire la risposta più consona al caso specifico.
La cartella ha un orientamento medico-psichiatrico e il suo uso è privilegiato per un contesto ambulatoriale, dove le caratteristiche di precisione e affidabilità si sovrappongono alle esigenze di semplicità e praticità che caratterizzano i colloqui brevi e puntiformi propri di un rapporto ambulatoriale.
Le informazioni sono raccolte da un operatore che interagisce con il cliente aiutandolo a chiarirne le opinioni e le indicazioni che vengono richieste; egli può seguire l’ordine suggerito dalla cartella o anche svolgere un colloquio libero e successivamente compilare la cartella.
La durata dell’intervista è di circa 30 minuti.
Sezione A – Dati anagrafici
Vengono richiesti i consueti dati riguardanti il nome, il cognome, il recapito telefonico; i dati sull’età sono organizzati in quattro fasce definite secondo quelle più frequentemente rappresentate nei D.A. (10-13 anni, 14-18, 19-25; più di 25), corrispondenti a fasi di passaggio maturativo e scolastico.
Viene richiesta qualche informazione sulla condizione abitativa per completare le caratteristiche del livello sociale e culturale.
L’attività lavorativa viene ridotta a tre possibilità, a seguito della netta prevalenza che si incontra di studenti e studentesse.
L’invio e le modalità con cui questo avviene sono importanti nella loro possibile interrelazione con la motivazione al trattamento e all’andamento del programma terapeutico.
Sezione B – Dati Fisici
Sono stati scelti i dati riguardanti il peso al momento della visita, ma anche il massimo e il minimo toccati da quando il problema alimentare si è evidenziato, quindi negli ultimi mesi se esso è recente, ma anche nel corso di anni se l’esordio è antico; ciò permette di delimitare un range di oscillazione che può essere importante elemento per tracciare dei limiti di gravità.
Il peso desiderato permette di valutare in termini realistici le aspettative rispetto al trattamento da intraprendere o anche “contrattare” con la paziente l’obiettivo della cura.
Di seguito, l’Altezza e l’Indice di Massa Corporea sono consueti parametri di valutazione della condizione generale, insieme al peso; le mestruazioni sono definite sulla base del parametro richiesto dal DSM-IV (4) ;viene aggiunta l’informazione sul menarca e sui vissuti, elemento interessante, in alcuni casi, per la sua precoce comparsa.
Sezione C – Anamnesi Alimentare Patologica
Viene lasciato spazio alla descrizione libera del Comportamento Alimentare Patologico, del suo inizio, degli eventi connessi, dell’andamento nel tempo e di altri aspetti che l’intervistatore ritenga utile sottolineare. Questo perché vuole essere rispettata la conformazione tradizionale di una cartella clinica in quanto sicuramente utile.
Segue la descrizione del comportamento in termini specifici, con risposte preordinate.
Restrizione, abbuffate, vomito e altri adattamenti compensatori sono riportati nelle loro caratteristiche descrittive e nel loro andamento nel tempo; l’inizio della patologia sollecita la descrizione di alcuni eventi scatenanti, quelli più frequentemente riscontrati nella pratica clinica, la descrizione del percorso sanitario e delle figure sanitarie consultate dall’inizio fino al periodo attuale, eventuali farmaci assunti, ricoveri, diete seguite, fino al tentativo di sintesi che si realizza con la descrizione del decorso della patologia; da ultimo si chiede di esprimere la presenza o meno di una malattia psichiatrica associata: si è operata una sintesi di questi possibili quadri, lasciando all’operatore la scelta di altri ritenuti significativi e segnalati nella categoria “Altro”.
Questa sezione si collega strettamente con la sezione diagnostica e con la sezione F sullo sviluppo psicoaffettivo.
Dal complesso di queste tre sezioni risulta un quadro diagnostico complesso caratterizzato dai criteri del DSM-IV, ma anche da elementi relazionali e descrittivi più ampi.
Sezione D – Patologie Fisiche Concomitanti
Sono indicati i principali apparati che potrebbero essere coinvolti; di questi il Gastroenterico e il Genitourinario sono quelli più frequentemente compromessi; in particolare si sottolinea la frequente concomitanza di ovaio policistico nel disturbo Bulimico.
Sezione E – Anamnesi Fisiologica
È estremamente raro incontrare alterazioni dello sviluppo fisiologico nella Patologia Alimentare e quindi le informazioni in questo settore sono generiche e riportate secondo quanto il/la paziente stesso/a può conoscere sulla nascita, l’allattamento, lo svezzamento, l’adattamento sociale.
Sezione F – Sviluppo Psico-affettivo
Questa parte richiederebbe sicuramente una attenzione approfondita e quindi estesa, ma si vuole ridurla alle prime impressioni che l’osservatore può ricavare dall’incontro clinico, annotando liberamente ciò che può eventualmente risultare particolarmente evidente.
Seguono domande e risposte guidate per alcuni approfondimenti sul quadro psicopatologico, sull’atteggiamento difensivo privilegiato, sulla considerazione del problema per cui viene fatta la richiesta di cura, sul corpo, sulla vita sessuale e affettiva.
Rispetto al quadro clinico e alle difese psicologiche si sono scelte delle categorie che fanno riferimento ancora al DSM-IV (4) e che risultano le più frequentemente rappresentate nella pratica clinica; può essere importante differenziare subito un livello psicotico da un disturbo nevrotico per l’impostazione di un programma terapeutico e di una prognosi, ma ancora di più per la definizione della rete assistenziale che i due diversi livelli di patologia comportano.
Lo stesso scopo ha la richiesta riguardante l’atteggiamento verso il problema che pu� essere egodistonico, vissuto come non voluto e fastidioso oppure egosintonico, caparbiamente scelto, come nell’Anoressia grave.
Complessivamente le risposte utili sono quelle riportate dalla paziente, anche se a volte possono risultare incomplete o contraddittorie.
Particolarmente interessante è la considerazione globale della propria forma fisica (grassa, magra, normale) che spesso risulta difforme dalla condizione obiettiva; gli items F3, F4 tendono a definire quanto la paziente sia consapevole del problema e della sua gravità e, quindi, quanto possa essere disponibile a collaborare per la sua risoluzione. Essi vanno correlati con la Sezione I.
È evidente che nel momento inaugurale di un rapporto terapeutico non appare possibile un’analisi più articolata dei tratti di personalità del paziente, né sarebbe pensabile individuare nei primi incontri elementi più complessi e dinamiche del “profondo”. Ci sembra comunque importante sottolineare come, attraverso lo strumento diagnostico dell’intervista semistrutturata fornito dalla cartella, sarà possibile cogliere, in linea ipotetica e meritevole di ulteriori conferme, i primi rudimenti dell’organizzazione difensiva che supporta l’assetto sintomatico.
In linea generale è stato possibile identificare strutture psicotiche “monosintomatiche” con produzione di “deliri lucidi”, centrati prevalentemente sulla gestione persecutoria del proprio corpo (“Paranoia intrapsichica” della Palazzoli-Selvini) e dei propri “appetiti”, strutture nevrotiche isteriche od ossessive che privilegiano rimozione, somatizzazione, isolamento o spostamento dei conflitti o strutture perverse in cui prevale un disturbo dismorfofobico e un atteggiamento feticistico e sacrificale all’ideale della magrezza. L’intuizione della struttura portante dell’edificio anoressico-bulimico, a volte presupponibile in relazione alle vicende anamnestiche e alle relazioni privilegiate all’interno del contesto familiare, si rivela estremamente utile nel prosieguo dell’iter terapeutico.
Sezione G – Rapporti familiari
Questo ambito viene indagato in maniera globale e viene approfondito qualora le risposte indichino un interesse da parte della paziente o una indicazione dell’osservatore ad intraprendere un programma specifico di terapia familiare; sono indicate categorie che vanno da un “sufficientemente buono” al “simbiotico-psicotico”.
Sezione H – Diagnosi descrittiva
Sono riportati in tabella e in forma sintetica i criteri per fare diagnosi secondo il DSM-IV: la valutazione viene fatta, come richiesto, al momento dell’osservazione e riportata come risposta si/no rispetto a quello specifico criterio esaminato. Risultano tre quadri clinici: Anoressia, Bulimia e DANAS (Disturbo Alimentare Non Altrimenti Specificato); l’attenzione verso quest’ultimo quadro risulta particolarmente motivata dal momento che esso contiene le forme atipiche di comportamento alimentare non ancora strutturate oppure iniziali o ancora in un certo senso nuove, non ancora sufficientemente conosciute e categorizzate in una sindrome definita.
Questa sezione è strettamente connessa alla sezione C, che raccoglie i dati comportamentali corrispondenti alle diagnosi.
Sezione I – Atteggiamento verso il disturbo e la cura
Già nella Sezione F sono stati individuati alcuni elementi descrittivi di un atteggiamento verso il disturbo e la cura che in questa Sezione trovano un tentativo di sintesi.
Inutile sottolineare l’importanza di descrivere la motivazione e la partecipazione a qualsiasi cura, ma, per quanto riguarda la patologia esaminata, risulta decisivo poter individuare ed evocare una collaborazione troppo spesso conflittuale o assente. Questo elemento va considerato insieme agli altri, biologici e/o fisiologici, come vero elemento diagnostico e prognostico.
Differenziare l’atteggiamento espresso dalla valutazione dell’osservatore ha lo scopo di sottolineare come molto spesso le due valutazioni siano discordanti e questo potrebbe essere significativo per giustificare l’andamento più o meno favorevole della cura.
Sezione L – Tests
Di routine sono somministrati tre tests, riportati in tabella nelle rispettive sottoscale:
– Eating Attitude Test (EAT)(10) :permette una valutazione del comportamento alimentare e, anche se non offre una diagnosi, permette un approfondimento della diagnosi già definita nel colloquio clinico;
– Eating Disorder Inventory (EDI) (11) :simile al precedente, ma più articolato e complesso, è utile per la definizione di caratteristiche specifiche non solo del comportamento, ma anche dell’atteggiamento difensivo, del rapporto con il corpo ed altro;
– Body Uneasiness Test (BUT) (12) :indaga particolarmente il rapporto con il corpo e l’aspetto specifico della valutazione dell’immagine corporea, elemento importante nello sviluppo della problematica anoressica e bulimica e nella relazione indubbiamente significativa con il “Disturbo dismorfofobico”.
Viene lasciato spazio per eventuali altri tests (di personalità o altro) considerati utili per la diagnosi.
Sezione M – Programma Terapeutico
La cartella – e il colloquio – si conclude con la definizione di un programma terapeutico da proporre alla paziente e da seguire nel tempo, anche in successivi controlli.
È particolarmente arduo individuare le prescrizioni prevalenti e organizzarle in risposte preordinate; riteniamo che fondamentalmente in questo campo prevalgano tre tipi di intervento: medico-dietologico, psicoterapico-relazionale, farmacologico.
Sul versante delle psicoterapie, definiamo una prescrizione “di sostegno” quando si vuole sottolineare l’importanza di una relazione conoscitiva del versante psicologico del problema, ma si considera che non siano sufficienti i requisiti personologici o sociorelazionali che permettono di orientare verso una psicoterapia specifica; l’ultima domanda, come tentativo di sintesi, è se si considera il/la paziente “in carico”, cioè se è avviato un rapporto di continuità oppure se la relazione si considera risolta nel primo colloquio, con un consiglio pratico, con una ridefinizione del problema e/o della sua gravità o se per la continuazione della cura sia più funzionale e praticabile un riferimento esterno alla struttura in cui avviene la prima valutazione.
Tale approfondimento risulterà utile negli studi di follow-up.
Sezione N – Andamento della cura
In appendice alla sezione precedente viene proposto un diario degli incontri successivi al primo, con la descrizione dell’andamento clinico, secondo una valutazione concordata tra paziente e intervistatore ed eventuali prescrizioni comportamentali e/o farmacologiche. Per motivi di spazio il numero degli incontri è limitato, ma è possibile ampliarlo con schede aggiuntive.
Discussione
Nella elaborazione di questa cartella si è cercato di tenere conto di alcuni requisiti considerati utili per una “buona” cartella:
– Semplicità;
– Affidabilità;
– Specificità;
– Informatizzazione.
Lavorando in un contesto clinico e ambulatoriale è necessario avere a disposizione strumenti diagnostici di uso semplice e fruibile da operatori con impostazione e qualifica diverse; il ricambio di figure assistenziali diverse richiede che l’addestramento all’uso di tali strumenti sia fruibile in tempi altrettanto brevi così da permettere un fluido collegamento tra il momento clinico e quello di riflessione metodologica.
Tali strumenti devono essere, ovviamente, anche affidabili, cioè coerenti con lo scopo che per una cartella è di guidare verso la raccolta e la sistematizzazione di informazioni ricavate dal colloquio clinico, in modo sufficientemente preciso e obiettivo anche in contesti diversi, così che i dati possano essere confrontati.
Nel caso specifico di una cartella clinica l’affidabilità è strettamente connessa con la possibilità di confrontare e integrare le informazioni tra diversi gruppi che condividono alcune caratteristiche come: il lavoro sul campo, il contesto istituzionale, il confronto con ampi settori di popolazione. La validità non può essere verificata attraverso studi specifici di confronto tra popolazioni diverse, come si procede per tests specifici; questi, semmai, sono una sezione di una cartella clinica.
L’affidabilità, dunque, diventa “concordanza” tra diversi gruppi operativi.
Ogni gruppo di ricerca utilizza strumenti consoni ai propri scopi, e anche una cartella clinica viene scelta in base ad esigenze particolari per ogni gruppo; può risultare arduo il proposito di accostare metodologie differenti.
Ciononostante è esperienza comune che, alla fine, esistono nuclei di interesse attorno a cui si concentra la ricerca.
All’interno di questi nuclei è forse possibile individuare e accordare strumenti come una cartella informatizzata.
La specificità che ne deriva riguarda l’oggetto di studio che nel nostro caso è costituito dai Disturbi dell’Alimentazione che da anni sono al centro di interesse specifico di differenti campi scientifici, da quello medico a quello psicologico. Non ci sembra una questione di poca importanza se essi debbano essere considerati disturbi fisici o disturbi mentali, ma non crediamo che tale questione si possa risolvere nella non infrequente contrapposizione tra medici del corpo e medici della mente.
L’operazione di dividere il paziente in corpo e mente è una operazione storico-culturale, forse utile e necessaria per l’approfondimento di alcuni fattori implicati nella patologia, ma foriera di dannose spaccature.
Il paziente è intero, sempre, e come tale dovrebbe essere trattato.
Il problema della mente e del corpo è un problema che riguarda la cura, l’osservatore, il medico, lo psichiatra, lo psicologo. L’integrazione su cui oggi sembra convergere l’opinione di molti ricercatori richiama una pregressa, impropria dis-integrazione, a cui si tenta di porre riparo.
L’integrazione, nella pratica clinica ed esperienziale, non è altro che un dialogo, difficile e contrastato, tra medico del corpo e medico della mente; è un contrastato rapporto tra operatori con incomprensioni, deleghe, rifiuti, ma anche convergenze e collaborazioni. La misura di tale “Liaison” è data dal paziente, dalle sue condizioni, dalla realistica attuazione del progetto della sua esistenza nella sua “interezza”.
Come trascurare, a questo punto, l’utilità di accedere ad un sistema di organizzazione di informazioni che solo attraverso l’informatizzazione delle stesse si può ottenere? Anche a questo proposito è scontato che ognuno utilizzi questo mezzo come ritiene più opportuno, ma solo il dialogo e la collaborazione possono permettere di superare il gap esistente tra i diversi gruppi.
Una cartella clinica elaborata in un data-base (File Maker Pro) permette ancora di avvicinarsi a questo scopo.
Nel nostro lavoro non presentiamo una proposta sostitutiva, sarebbe fuori luogo oltre che impraticabile; vogliamo sollecitare ancora un possibile discorso di confronto e di integrazione.
Gli items scelti, le risposte, la struttura stessa della cartella, sono il risultato di esperienze personali e del gruppo di lavoro; non è detto che siano generalizzabili in contesti sociali e culturali anche molto diversi.
In particolare, la sezione riguardante gli aspetti psicologici – è forse inutile sottolinearlo – richiede una maggiore definizione, una legenda che espliciti e chiarisca il significato di alcuni termini e quando applicarli.
Questo lavoro è in corso di elaborazione, ma si vuole anche semplificare (senza renderla riduttiva!) la descrizione di tali aspetti, rimandando ad un momento successivo l’ulteriore approfondimento e chiarificazione.
Siamo per altro a conoscenza della difficoltà di elaborare in modo compiuto ed esaustivo uno strumento di raccolta dei dati, che sia propedeutico ad un orientamento diagnostico, soddisfacente ed universale. Ad esempio, le esperienze di alcuni ricercatori relative all’uso della “Composite International Diagnostic Interview (CIDI)” (13) non sono risultate del tutto soddisfacenti; gli autori sottolineano le difficoltà inerenti la costruzione di uno strumento diagnostico semplice e sensibile nel fatto che spesso la sintomatologia anoressico-bulimica è ego-sintonica e la paziente manifesta difese massive, segretezza, diniego e vive l’intervento del medico e dello psichiatra come intrusivo e violento.
Tuttavia riteniamo che l’uso di uno strumento duttile e di semplice applicazione possa consentirne lo sviluppo e l’aggiornamento in itinere e, nel contempo, uniformare la pratica della raccolta dei dati e consentirne dunque la valutazione comparata.
1 Spitzer RL, Williams JBW, Gibbon M, First MB.
Structured Clinical Interview for DSM-III.
Washington: Am Psychiatr Press Inc 1990 versione Italiana di Fava M, Guaraldi GP, Mazzi F, Rigatelli M, Firenze: Organizzazioni Speciali 1993.
2 Cooper Z, et al.
The validity of Eating Disorder Examination and its subscales.
Br J Psychiatry 1992;154:807-12. Traduzione italiana di Mannucci e Ricca 1995.
3 Fichter MM, Herperts S, Quadflieg N, Herpertz-Dahlmann B.
Structured Interview for Anorexic and Bulimic Disorders for DSM IV and ICD-10: Update (Third) Revision.
Intern J Eat Disord 1998;24:227-49.
4 American Psychiatric Association.
Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – IV edition.
Washington D.C.: A.P.A. 1994.
5 Organizzazione Mondiale della Sanità.
ICD 10 Decima della classificazione internazionale delle sindromi e dei disturbi psichici e comportamentali.
Milano: Masson 1992.
6 Sullivan PF, Bulik CM, Fear JL, Pickering A.
Outcome of anorexia nervosa: a case control study.
Am J Psychiatr 1998;155(7):939-46.
7 Herpetz HD, Dahlmann RM, Wewetzer C, Remshmidt H.
The predictive value of depression in anorexia nervosa: Results of a 7-year follow-up study.
Acta Psychiatr Scand 1995;91:114-19, 47:302-13.
8 Van der Ham T, vanStrien DC, van Engeland.
Personality characteristic predict outcome of eating disorders in adolescents: a 4-year prospective study.
Eur Child Adol Psychiatry 1998;7:79-84.
9 Walsch BT.
Eating disorders: progress and problems.
Science 1998;29,280:1387-90.
10 Garner DM, Garfinkel PE.
The Eating Attitude Test (EAT-40): an index of the symptoms of anorexia nervosa.
Psychol Med 1979;9:273-9.
11 Garner DM.
Eating Disorders Inventory (EDI).
PAR – Psycological Assessment Resources, Odessa FL, 1984-1991 Versione italiana a cura di Trombini G, Rizzardi M, Trombini E.
12 Cuzzolaro M, Vetrone G, Marano GF.
Body Uneasiness Test (BUT).
Università di Roma “La Sapienza” 1997. In corso di stampa 1999.
13 Thornton C, Hudson J, Russel J.
Does the Composite International Diagnostic Interview underdiagnose the eating disorders?
Intern J Eat Disord 1998;23:341-7. Traduzione italiana di Cuzzolaro M, Petrilli A.