Parole chiave – Advocacy – Ritardi in diagnosi – Pazienti depressi – Ansiosi – Stigma
Key words – Advocacy – Help-seeking delay – Depression anxiety – Patients – Stigma
Introduzione
Diverse indagini epidemiologiche indicano che disturbi del’umore e d’ansia hanno una prevalenza assai elevata (15-20%) con una riduzione significativa della “funzionalit� operativa” e conseguenti costi sociali importanti (1-6).
Inoltre secondo un recente rapporto della WHO ansia e depressione nell’anno 2020 saranno tra le malattie psichiatriche pi� diffuse al mondo (4).
Trattamenti efficaci sono oggi disponibili per la maggior parte di questi disturbi. Tuttavia a dispetto della loro diffusione, a dispetto della loro curabilit�, solo una piccola percentuale (< 20%) di chi soffre di questi disturbi riceve una diagnosi corretta ed un trattamento adeguato (7-9).
Le cause o i fattori invocati per spiegare questo fenomeno sono numerosi e di varia origine. Tra le cause pi� frequentemente invocate ritroviamo: la presenza di “stigma”; la presenza di pregiudizi e di disinformazione o mancata ed insufficiente informazione sul disturbo e sulla sua curabilit� a livello del malato, dei suoi famigliari e dell’opinione pubblica in generale; un insufficiente dialogo e rapporto “medico/paziente” a livello dello specialista; una insufficiente preparazione ed educazione specifica a livello del medico generalista.
Nell’ambito di questa problematica GAMIAN (Global Alliance of Mental Ilness Advocacy Networks), un’Organizzazione Internazionale che ragruppa numerose Associazioni di Advocacy, ha ritenuto opportuno condurre un’inchiesta tra i membri di varie associazioni di Advocay, per valutare “l’help seeking process” dalla prospettiva del paziente, con l’obbiettivo di apprendere di pi� sulle cause che rendono ancor oggi cosi difficile la richiesta di cure ed la loro continuazione e/o mantenimento.
L’inchiesta � stata condotta in 11 nazioni, con l’aiuto di 15 associazioni di Advocacy (che operano in favore di pazienti che soffrono di disturbi dell’umore e di ansia), aderenti a GAMIAN.
L’inchiesta si � svolta tra luglio 1997 e febbraio 1998 grazie ad un generoso “unrestricted educational grant” da parte della Bristol-Myers Squibb Co. Riportiamo in questa sede i dati relativi alla parte Italiana dell’inchiesta.
Metodologia
Un questionario rigorosamente identico negli 11 paesi, basato su due serie di 32 quesiti a risposte multiple, diretti rispettivamente vuoi a pazienti o ex pazienti, vuoi a familiari di pazienti, � stato inviato per posta a circa 8.000 membri delle varie associazioni sollecitando una risposta rapida. Tale invio � stato seguito da un risollecito 15 giorni dopo tramite cartolina postale.
Le associazioni partecipanti sono state: Ayuda (Argentina); Club D&A (Austria); Ligue Belge de la Depression (Belgio); France Depression (Francia); Depression Alliance (UK ); No Panic (UK); IDEA ( Italia); Equilibrium (Svizzera); Ananke (Svezia); Swedish Panic Support Group (Svezia); The Panic Support Group of South Africa (Sud Africa); NAMI of Portorico (Potorico); Freedom from Fear (USA); National DMDA (USA); OCD Foundation (USA).
Le domande del questionario vertevano su:
– et� di comparsa dei primi sintomi;
– tempo intercorso tra comparsa sintomi e ricerca aiuto medico;
– numero di medici contattati per ottenere una diagnosi corretta ed un trattamento efficace;
– tipo di trattamento ottenuto e grado di aderenza al trattamento;
– tipo di effetti collaterali e loro incidenza;
– informazione ricevuta dal medico sul disturbo e sugli effetti collaterali;
– presenza di stigma e suo eventuale impatto in ambito sociale e lavorativo;
– qualit� del rapporto “medico/paziente” e “medico/famigliari”;
– giudizio sulle attuali modalit� di assistenza psichiatrica nel proprio paese;
– considerazioni sull’”accesso alle cure”;
– ruolo svolto dai gruppi di Advocacy per favorire una migliore compresione del disturbo e del suo trattamento.
In generale la risposta al questionario � stata superiore alle aspettative, con una media generale del 43.9%.e con percentuali di risposta “nazionale” varianti dal 17.5% (F) all’80.4% (USA). Il numero di risposte esaminate per nazione ha variato da 50 (B) a 1244 (USA).
I dati ottenuti sono attualmente in corso di analisi presso il dipartimento di Public Health Care dell’Universit� di Harvard,USA, sotto la direzione del Prof. Ronald Kessler.
Dati Italiani
A livello Italiano, IDEA ha partecipato con un invio del questionario a 1000 membri dell’Associazione scelti in modo randomizzato. Su 1000 invii, le risposte ottenute sono state 723 (504 pazienti e 219 familiari) con una percentuale di risposta del 72,3%.
La percentuale di risposta � assai elevata per questo tipo di indagine ed � un indice dell’interesse suscitato dall’iniziativa.
In questa sede riportiamo solo i dati relativi ai pazienti.
I1 campione di coloro che hanno risposto era costituito (Tab. I) per il 56.4% da donne e per il 43.7% da uomini, con un et� che variava tra i 18 ed gli 83 anni. (24.4% =18-34 anni; 38.2% = 3549 anni; 28.7% = 50-64 anni e 10% > 65 anni). Un disturbo d’ansia era dichiarato dal 16% dei casi, un disturbo dell’umore dal 31%, una comorbidit� ansia-depressione dal 31%, ect altri disturbi dal 28%.
Risultati
Un primo dato di notevole rilevanza pratica � quello che concerne la comparsa dei primi sintomi: nel 32% dei casi i primi sintomi sono comparsi ben prima dei 20 anni (e nel 10.6% prima dei 12 anni), mentre in un altro 33% i sintomi sono comparsi tra i 20 ed i 29 anni (Tab. II).
Globalmente quindi i sintomi sono comparsi nel 65% dei casi tra la seconda e la terza decade di vita, mentre solo il 17% ha riportato comparsa dei sintomi dopo i 40 anni.
Questi dati confermano una volta di pi� che i disturbi dell’umore e di ansia hanno un inizio precoce nella vita e spesso durante l’adolescenza 10-14 e sottolineano che la comparsa dei primi sintomi nella seconda decade di vita non deve essere n� trascurata n� scotomizzata, come invece purtroppo spesso avviene.
Un secondo dato su cui vale la pena di rifiettere � dato dal fatto che solo il 40% dei casi si � rivolto ad uno specialista nei 12 mesi successivi la comparsa dei sintomi.
Nel 23.3% dei casi il “ritardo a cercare un aiuto” ha variato tra 1-2 anni, mentre nel 36.2% tale ritardo � di oltre 3 anni ed nel 25.7% oltre i 5 anni! (Tab. III).
Tra te cause pi� frequentemente invocate per spiegare tale ritardo troviamo: “non sapevo dove rivolgermi” (35.3%), “volevo farcela da solo/a” (29.2%), “il medico di famiglia non capiva”(25.1%), “i miei non volevano che andassi da uno psichiatra” (21.2%), “avevo vergogna” (18.9%) (Tab. IV).
Tutte queste fasi illustrano bene la mancanza di informazione corretta ed i pregiudizi ancor oggi prevalenti.
Un terzo dato di notevole importanza � il ritrovare una correlazione inversa (P < 0.01) tra l’insorgenza precoce dei sintomi e la durata del “ritardo a cercare aiuto” (Fig. 1), quasi che a livello della famiglia si insista a considerare “normale” il disturbo del giovane (come un tratto della personalit� del soggetto) o ci si abitui ad esso, o lo si voglia nascondere per vergogna e/o paura di “ricadute ” sociali negative”.
Fig. 1 Correlazione esistente tra l’et� del paziente all’inizio dei sintomi e la durata del “ritardo a chiedere un aiuto” o un trattamento. E’ evidente che tanto pi� precoce � la comparsa dei sintomi tanto pi� lungo � il tempo trascorso prima di un trattamento Va pure sottolieato che nel 51% dei casi una diagnosi corretta ed una terapia efflcace sono state ottenute solo dopo aver consultato 3 o pi� medici su di un periodo di 2 o pi� anni! (Tab. V). Per quanto concerne il trattamento il 93% dichiara di aver seguito un trattamento farmacologico e solo il 20% una psicoterapia. Il 40% si dichiara soddisfatto della farmacoterapia, ma solo il 6% della psicoterapia. Il giudizio pi� favorevole verso la farmacoterapia � presente per tutte le diagnosi, ma la percentuale � pi� elevata per i disturbi dell’umore (50%) che nei disturbi d’ansia (33%). Un altro dato interessante � la rilevazione che l’associazione di farmacoterapia e psicoterapia aumenta considerevolmente l’aderenza al trattamento e la risposta clinica. Questi dati sono in accordo con un recente rapporto di Thase e Coll. 15. Una serie di risposte molto interessanti emerge dalla serie di domande tendenti a valutare il rapporto “medico/paziente“. Infatti mentre 1’80% dichiara di aver ricevuto spiegazioni sulla malattia da parte dello specialista ed il 62.1% di essere stato informato della possibile occorrenza di effetti collaterali, ben il 53.3% dichiara di non aver mai ricevuto informazioni o spiegazioni su come comportarsi in caso di effetti collaterali disturbanti o severi (Tab. VI). Inoltre il 35.9% ha sospeso il trattamento (soprattutto antidepressivi) o a causa di effetti collaterali, o per la paura che un trattamento prolungato potesse avere effetti perversi (10%)! Tra gli effetti collaterali pi� frequentemente citati ritroviamo: disturbi del sonno, irritabilit�, agitazione, perdita libido, riduzione performance sessuale, sensazione di fatica estrema. Questi dati illustrano bene la necessit� di un miglior dialogo “medico/paziente” e “medico/famigliari”che permetta una migliore educazione del paziente e del suo “entourage” sull’aderenza al trattamento ed sull’importanza d’una osservanza disciplinata e cosciente. Il 698% dei casi riferisce che i disturbi hanno interferito o interferiscono pesantemente sulla vita quotidiana riducendo di pi� del 50-75% la “funzionalit�” sociale, famigliare e lavorativa (Tab. VII). Su questo punto i dati confermano precedenti rapporti che indicano come i disturbi dell’umore e d’ansia possano condizionare una “riduzione della funzionalit�” superiore a quelle povocate da ipertensione, diabete, epilessia ed artrosi ed inferiore solo a quella indotta dall’infarto miocardico (4, 5,16). Un dato che appare invece come positivo � l’osservazione che solo il 20% dei casi considera il fatto di seguire un trattamento per un disturbo mentale come un fallimento personale. Lo Psichiatra ed IDEA sono citati come le fonti principali (rispettivamente 58.5% e 37.9%) per una corretta comprensione del disturbo, mentre sono citati in percentuali minori (Tab. VIII), lo psicologo (26.8%), i famigliari (29.2%) ed il medico di famiglia (22.7%). Circa 1’80% dei casi pronuncia un giudizio negativo sulle attuali modalit� di assistenza psichiatrica, sottolineando la difficolt� a mantenre un “vero dialogo” con lo specialista durante il trattamento, e la difflcolt� (economica) a procurarsi certi farmaci. La prima osservazione concorda con i numerosissimi appelli telefonici, ricevuti quotidianamente da “IDEA risponde”, che sottolineano come la “disponibilit�” dello specialista sia estrememente ridotta, con una veramente difficile possibilit� da parte dei pazienti di “poterlo ricontattare”, al di fuori delle visite previste, nel caso di comparsa di effetti collaterali severi o disturbanti, o da parte dei famigliari per avere consigli o indicazioni su come comportarsi. La conseguenza pi� frequente in questo tipo di situazioni � l’abbandono o la sospensione del trattamento. Questo dato si inserisce bene nel tema “dialogo medico/paziente” che tende sempre pi� a disumanizzarsi ed a burocratizzarsi, ed � citato sia per le situazioni di disagio in corso di trattamento farmacoterapeutico che psicoterapeutico. Il rifiutare, il non volere accettare un vero dialogo con il malato ed i suoi famigliari al di fuori delle visite previste sembra essere l’espressione di un’attitudine costante e diffusa (17,18). Riteniamo che questa osservazione valga qualche riflessione da parte di colleghi che in maniera diretta od indiretta sono cosi responsabili di molte interruzioni premature di trattamenti e quindi spesso anche di “ricadute”. Commenti Quanto esposto � solo una prima visione globale di una prima analisi puramente descrittiva delle risposte ottenute da pi� di 500 persone colpite direttamente da disturbi dell’umore o di ansia che vivono un’intensa situazione di disagio, condizionata dalla persitenza di pregiudizi, scarsa informazione, rapporto medico/paziente insoddisfacente o inesistente con un accesso alle cure inedeguato e difficile. I dati dovranno essere analizzati in maggiore dettaglio, gi� ora tuttavia essi indicano alcuni fatti preoccupanti quali: a) l’insorgenza precoce dei disturbi, in una percentuale elevata di casi non si accompagna ad interventi specifici e mirati, cosa questa che condiziona un ritardo “inaccettabile” del ricorso alle cure. I dati raccolti in questa inchiesta sono in buon accordo con quanto rilevato da Kessler 1 in un recente rapporto. Inoltre come riportato nelle varie tabelle i dati italiani non si discostano dalla media generale. b) il ritardo nel ricorso alle cure � “inaccettabile” sia considerando il fatto che i disturbi in esame sono malattie croniche, ove un mancato intervento precoce condiziona spesso un aggravamento della psicopatologia, sia perch� oggi esse sono malattie curabili nell’80% dei casi se l’intervento terapeutico � appropriato e precoce. c) la persitenza di pregiudizi e stigma basati su “ignoranza” e “disinformazione” che ancor oggi giocano pesantemente non solo a livello sociale e lavorativo ma anche famigliare, e che spesso interferisono sull’aderenza al trattamento. d) l’assenza, in una elevata percentuale di casi, di un “vero dialogo” medico/paziente associato ad una scarsissima “disponibilit�” dello specialista al di fuori delle visite previste e) la scarsa informazione data ai famigliari su come ci si deve comportare con chi soffre di disturbi dell’umore e/o di ansia. f) il “negato” accesso (citato dal 74% dei casi) a certi ausilii farmacoterapeutici a coloro che sono in ristrettezze economiche (farmaci in fascia C). Su questi punti su cui IDEA si ripropone di agire con una informazione sempre pi� vasta e capillare a livello dell’opinione pubblica e con interventi presso le associazioni professionali e gli amministratori perch� non � accettabile, n� socialmente n� moralmente, che alle soglie del 2000 una tale ignoranza e disinformazione esista ancora su dei disturbi oggi facilmente diagnosticabili e soprattutto curabili. Sulla base dei dati ottenuti, che documentano, lo ripetiamo, l’esistenza, oggi in Italia, di una situazione non certo facile per chi soffre di disturbi dell’umore e d’ansia; di fronte al rifiuto delle autorit� ministeriali a considerare questi disturbi come malattie con un reale rischio vitale (15% di suicidi (19)), IDEA chiede alla SOPSI di prendere posizione su questo argomento, in difesa del malato e dei suoi famigliari. |
Tab. I
Dati demografici del campione valutato.
|
Italia |
Totale |
Sesso F |
43.7% 56.4% |
31.3% 68.7% |
Et� (anni) 35-49 50-64 > 65 |
24.4% 38.2% 28.7% 8.7% |
24.5% 40.5% 26.0% 8.9% |
Impiego/professione Studente Lavoro Dipendente Casalinga Pensionato(a) altro |
8.4% 27.9% 16.6% 16.2% 22.9% |
7.3% 44.8% 13.6% 13.1% 27.9% |
La colonna “totale” si riferisce ai dati ottenuti globalmente nei 10 paesi. |
Tab. II
Et� d’insorgenza dei primi sintomi.
Et� (anni) |
Italia |
Totale |
||||||
6-12 |
|
|
||||||
20-29 |
33.0% |
26.06% |
||||||
30-39 |
16.9% |
15.1% |
||||||
40-49 |
|
|
Tab. III
Intervallo di tempo intercorso tra la comparsa dei sintomi e la prima richiesta d’aiuto o di intervento terapeutico (“treatment seeking”).
Anni |
Italia |
Totale |
||||||||
1 |
40.5% |
34.4% |
||||||||
1-2 |
23.3% |
19.0% |
||||||||
3-5 |
|
|
Tab. IV
Cause pi� frequentemente invocate per il ritardo nella ricerca o richiesta di un ” aiuto ” o di una cura.
Causa |
Italia |
Totale |
a) “Non sapevo dove andare” |
35.3% |
36.7% |
b) “Volevo farcela da solo(a)” |
29.2% |
34.4% |
c) “Avevo vergogna” |
18.9 % |
30.5% |
d) “Il nostro medico non capiva” |
25.1% |
21.8% |
e) “I miei non volevano” |
21.2% |
10.8% |
Tab. V
Numero di medici contattati e tempo richiesto per ottenere una diagnosi correta ed un trattamento efficace.
Numero medici | Tempo richiesto | ||||||||||||||||
|
Italia |
Totale |
Italia |
Totale |
|||||||||||||
1 |
24.6% |
28.2% |
1-5 mesi |
41.1% |
41.0% |
||||||||||||
2 |
23.9% |
23.1% |
6-12 mesi |
7.7%. |
8.1% |
||||||||||||
3 |
|
|
1-2 anni |
|
|
Tab. VI
Percentuale di pazienti che hanno ricevuto un’informazione sulla natura del disturbo e sugli effetti collaterali.
|
Italia |
Totale |
||
Informazione su: |
SI |
NO |
SI |
NO |
– natura disturbo |
80.4% |
18.0% |
81.8% |
18.4% |
– occorrenza E.C. |
62.1% |
37.9% |
65.6% |
34.4% |
– come ridurre E.C.* |
46.7% |
53.3% |
44.4% |
55.6% |
* descrizione di procedure o strategie a mettere in atto in caso di presenza di Effetti Collaterali severi e/o disturbanti.
Tab. VII
Riduzione della “funzionalit� operativa” nelle attivit� quotidiane a livello famigliare, lavorativo e sociale.
grado di nduzione |
Italia |
Totale |
||||||||
0 % |
1.2% |
2.2% |
||||||||
10-15% |
5.9% |
9.6% |
||||||||
30% |
23.2% |
23.1% |
||||||||
50% |
|
|
Tab. VIII
Fonti d’informazione pi� frequentemente citate dai pazienti come “maggiormente utili per la comprensione del disturbo e delle modalit� di trattamento”.
Fonte |
Italia |
Totale |
Psichiatra |
58.5% |
62.8% |
Associazioni |
37.9% |
38.6% |
Famiglia |
29.2% |
23.6% |
Psicologo |
26.8% |
48.0% |
Medico Generale |
27.7% |
27.4% |
Tab. IX
Percentuali di pazienti che dichiarano aver abbandonato il trattamento a causa della presenza di effetti collaterali disturbanti e/o severi.
Diagnosi |
Italia |
Totale |
Globale |
35.9% |
46.1% |
Dist. d’Ansia |
23.6% |
35.9% |
Dist. Umore |
28.4% |
43.0% |
Ansia + Umore |
42.1% |
49.8% |
1 Kessler RC, Olfson M, Berglund PD.
Patterns and predictors of Treatment contacf after first onsedt of Psychintric Disorders.
American Journal of Psychiatry 1998;155:62-69.
2 Kessler RC, McGonagle KA, Zhao S, Nelsqon CB, e Coll.
Life time nad 12 months prevalence of DSM III psychiatric disorders in the United States; Results from the National Comorbidity Study.
Archives of General Psychiatry 1994;51:8-19.
3 Magander KM, Norquist GS, Peil MB, Kopans B, e Coll.
Who comes to a voluntary depression screening program?
American Journal of Psychiatry 1995;152:1615-1622.
4 �st�n TB, Sartorius N.
Mental illness in General Health Care: An international study.
New York, NY: John Wiley & Sons Inc. Publ. 1995.
5 Annual WHO Report, May 1998.
6 Judd LL, Paulus MP, Wells KB, Rapaport MH.
Socio-economic burden of subsyndromal depressive symptoms and mayor depression in a sample of the general population.
American Journal of Psychiatry 1996;153:1411-141.
7 Donoghue J, Tylee A, Wildquist MH.
Cross sectional data analysis of antidepressants prescribing in general practice.
BMJ 1996;313:860-861.
8 Linn KM, Inui TS, Kleinmann AM, Womack WM.
Sociocultural determinants of the “help-seeking” behaviour in patients with mental illness.
Journal of Nervous and Mental Disease 1982;170:78-85.
9 K�nthly K, Baker R, Robertson N.
Development of evidence-based review criteria for the management of patients with depression in primary care.
Primary Care Psychiatry 1998;4:29-33.
10 Kovacs M.
Presentation and course of major depressive disorder during childhood ane the later year of life span.
Journal of American Academy for Child Psychiatric 1996;35:705-715.
11 Eaton WW, Anthony JC, Gallo J, Cai G, e Coll.
Natural hystory of Diagnostic Interview Schedule/DSM-IVMajor Depression.
Archives of General Psychiatry 1997;54:993-999.
12 Pine DS, Cohen P, Gurley D, Brook J, Ma Y.
The risk of early adulthood Anxiety and Depressive Disorders in Adolescents with Anxiety and Depressive Disorders.
Archives of General Psychiatry 1998;55:56-64.
13 Giaconia RM, Reuherz HZ, Silverman AB, Pakir B, Frost AK, Cohen EL.
Age of onset of Psyrhaiatric Disorders in a Community population of older adolescents.
Journal of American Academy for Child Psychiatric 1994;33:716-717.
14 Hoehn-Saric RE, Hazlett AL, McLead DR.
Generalized anxiety disorders with early and late onset of anxiety symptoms.
Comprehensive Psychiatry 1993;34:291-298.
15 Thase ME, Grenhouse JB, Frank E, Reynolds CF, e Coll.
Treatment of major depression with psychotherapy or psychotherapy-pharmacotherapy cobination.
Archives of General Psychiatry 1997;54:1009-1015.
16 Ormel J, Van Korff M, Ost~n T.B., Pini S., Korten A., Oldenhinkel J.
Common mental disorders and disability accross cultures. Results from the WHO collaborative study on psychological problems in general health care.
JAMA 1994;272:1741-1748.
17 Salv�-Lacombe P, Garcia Vicente JA, Costa PJ, Morselli PL.
Causes and problems of non-response or poor response to drugs.
Drugs 1996;5:552-570.
18 Angunawela II, Mullee A.
Drug Information for the Mentally Ill: a randomized controlled trial.
Int T Psychiatry in Clin Pract 1998;2:121-127.
19 Angst J, Sellaro R, Angst F.
Long-term out come and mortality of treated and untreated bipolar and depressed patients: a preliminary report.
Int T Psychiatry in Clin Pract 1998;2:115-119.
Testo della comunicazione tenuta a Roma l’1 marzo 1998 nell’ambito del III Congresso SOPSI (Simposio “Ruolo dell’Advocacy nell’Assistenza Psichiatrica”).