Key words: Eppendorf Schizophrenia Inventory • Basic symptoms • Subjective experiences • Self-administered rating-scales • Psychosis
Correspondence: Dr. Gian Maria Galeazzi, Clinica Psichiatrica, via del Pozzo 71, 41100 Modena, Italy, Tel. 340 2556312 – Fax +39 059 4224307 – E-mail: galeazzi@unimo.it
Introduzione
Le esperienze soggettive dei pazienti con psicosi, oltre a rappresentare un momento fondamentale dell’incontro clinico e del prendersi cura, costituiscono un tema imprescindibile per un tentativo di comprensione dei fenomeni psicotici che voglia andare al di là della mera rilevazione di aspetti comportamentali facilmente osservabili ed operazionalizzabili. Da dieci anni a questa parte, sono apparsi numerosi richiami a questa linea di ricerca che si discosta dalla semplice registrazione e catalogazione di comportamenti obiettivabili dall’esterno (1) (2).
Sebbene ci siano state diverse proposte di modelli e strumenti relativi a esperienze soggettive psicosi-correlate (3)-(6), in Italia la concettualizzazione che ha avuto finora più impatto e risonanza è quella dei Sintomi di Base (7)-(17).
Il modello dei sintomi di base valorizza la capacità del paziente di autopercepire, e comunicare come spiacevoli e limitanti, fini cambiamenti, deficit e anomalie, presenti anche nelle fasi prodromiche ed interepisodiche di malattia, a carico del funzionamento percettivo, della forma del pensiero, della comprensione e della produzione del linguaggio, della cenestesi, della motricità, della vitalità generale, ecc. Tali sintomi sono stati proposti rispecchiare la forma autopercepibile più prossima alla vulnerabilità alla psicosi, costituendone l’espressione attingibile dal soggetto, a cui corrisponderebbero specifici deficit neuropsicologici (soprattutto a carico dell’elaborazione delle informazioni) “a monte” della consapevolezza del paziente, in ambito “transfenomenico”. Secondo il modello, i sintomi di base, attraverso complessi meccanismi di transizione su cui influirebbero fattori di stress e variabili psicologiche (tra cui il coping), sociali e biologiche, potrebbero evolvere verso quadri di franco scompenso psicotico. Klosterkötter, infatti (9), ha descritto vere e proprie sequenze di transizione tra sintomi di base e sintomi di primo rango schneideriani, in cui si attraverserebbero fasi successive denominate di irritazione, di esternalizzazione e di concretizzazione psicotica. Secondo questo modello di sviluppo dei sintomi positivi dai sintomi di base, l’inizio delle fasi produttive sarebbe innescato da una messa in tensione delle risorse cognitive e affettive già deficitarie con peggioramento a spirale delle capacità di far fronte all’incremento della complessità e intensità degli stimoli, fino alla rottura della normale cornice di riferimento della realtà, con il ristabilimento, attraverso il coagularsi di esperienze pienamente psicotiche, di un livello accettabile di stimolazione e una riduzione del livello di angoscia.
Meno lineare sarebbe l’interpretazione del rapporto tra sintomi di base e sintomi negativi (16). Una riscontrata correlazione tra sintomi negativi e sintomi di base è stata interpretata in chiave processuale, come se gli aspetti comportamentali dei sintomi negativi rilevati dalle scale di valutazione eterosomministrate corrispondessero al classico esito difettuale, risultato terminale della trasformazione di sintomi di base non caratteristici per psicosi in sintomi di base caratteristici, fino a vere e proprie esperienze psicotiche di tipo positivo. Sebbene nella concettualizzazione originaria questi stadi siano, nella gran maggioranza dei casi, reversibili lungo le varie fasi di malattia, in certi casi tale percorso a ritroso non si produrrebbe e la sintomatologia negativa emergerebbe come risultato finale, vuoi come effetto di meccanismi di coping di ritiro attivo, vuoi come esito di un presunto effetto neurotossico dello stato di psicosi protratta con sintomi floridi. Altri Autori (12) si sono discostati da questa interpretazione sequenziale e hanno concettualizzato la correlazione tra sintomi di base e sintomi negativi come un epifenomeno degli aspetti di alogia e compromissione delle funzioni linguistiche, elementi centrali dei sintomi negativi. In altre ricerche (18), non è stato possibile riscontrare una correlazione positiva tra sintomi di base e sintomi negativi; anzi, in un lavoro del gruppo di Maggini (19), che ha tenuto conto della distinzione tra sintomi negativi primari e secondari di Kirkpatrick e collaboratori (20), si è riscontrato un trend di correlazione negativa tra sintomi di base e sintomi negativi. Recentemente il gruppo di Maggini (17) ha posto l’attenzione sull’esperienza di depersonalizzazione in pazienti con schizofrenia cronica quale “crogiuolo” psicopatologico capace di rendere conto di differenze di presentazione clinica e di correlazioni significative con cluster di sintomi di base e altre dimensioni psicopatologiche rilevanti come depressione, alessitimia e sintomi positivi.
Sebbene la teoria dei sintomi di base abbia avuto il pregio indubitabile di rimettere al centro l’esperienza del soggetto nell’esplorazione e nella modellizzazione della psicosi e rappresenti, per così dire, una proposta ricca e complessa contro la semplificazione comportamentistica di una forma deteriore di ricerca biologica (21), essa ha trovato critiche e difficoltà nella sua affermazione. Da una parte, si è contestata la specificità dei sintomi di base quali elementi distintivi della psicosi schizofrenica (22)-(24). D’altra parte, la complessità e lunga durata (in media tre ore, nell’esperienza di uno degli autori del presente contributo, che ha ricevuto un training formale per somministrare lo strumento), della valutazione eterodiretta dei sintomi di base proposta dagli autori della Bonner Skala für die Beurteilung von Basissymptomen (25), nonché un ritardo nella pubblicazione della versione inglese della Scala, sembrano aver rallentato la diffusione internazionale del suo uso. Recentemente una certa enfasi è stata posta circa la possibilità che lo strumento possa essere utile a predire lo sviluppo di schizofrenia in soggetti non (ancora) psicotici (26) (27), posizione che è stata criticata da altri autori (28) (29).
Due test autosomministrati per i sintomi di base sono disponibili in italiano, il Frankfurter Beschwerde Fragebogen (FBF) (30), e la Scala Romana dei Disturbi di Base (SRDB) (31)-(33).
L’FBF (noto in lingua inglese come Frankfurt Complaint Questionnaire, FCQ), è un questionario autosomministrato dei sintomi di base che si compone di 98 item originariamente ricavati dalle descrizioni dei loro sintomi da parte di pazienti con diagnosi di schizofrenia. I 98 item, a risposta dicotomica (presente/non presente), sono raggruppati in 10 insiemi fenomenici per affinità tematica: Perdita di Controllo (KO), Disturbi della Percezione Semplice (WAS), Disturbi della Percezione Complessa (WAK), Disturbi del Linguaggio Espressivo e Ricettivo (SP), Disturbi del Pensiero (DE), Disturbi della Memoria (GE), della Motricità (MO), Perdita degli Automatismi (AU), Anedonia e Ansia (AN) e Sovrabbondanza di Stimoli (REI). Sebbene L’FBF appaia in grado di valutare in maniera esaustiva i sintomi di base e sia stato estesamente utilizzato, l’elevato numero di item pone di frequente un carico eccessivo alle capacità attentive dei pazienti e richiede parecchio tempo (almeno mezz’ora) per la sua compilazione (34). Il formato dicotomico delle risposte, inoltre, non permette di graduare l’intensità dei fenomeni rilevati. La specificità dei sintomi rispetto alla diagnosi di schizofrenia è inoltre risultata dubbia: elevati punteggi si riscontrerebbero, per esempio, in soggetti con alcolismo o con disturbi ossessivo-compulsivi. Secondo alcuni autori ciò sarebbe dovuto al fatto che molti sintomi di base rappresenterebbero indici aspecifici di disagio psichico (22) (35), mentre altri hanno ipotizzato che l’FBF sia contaminato da disturbi da ascriversi a sintomatologia ossessiva di frequente riscontro in pazienti con diagnosi di schizofrenia e all’abitudine etilica che spesso rappresenta un disturbo in comorbilità (36) (37).
La Scala Romana dei Disturbi di base (SRDB) (31) è un questionario auto-somministrato, che traspone in questa modalità di somministrazione molti degli item eterovalutati della BSABS e ordina i sintomi di base in 9 sottoscale di 6 item ciascuna (Adinamia, Anedonia, Vulnerabilità Interpersonale; Diminuita Tolleranza allo Stress, Aumentata Impressionabilità, Disturbi Cognitivi del Pensiero, Disturbi Cognitivi della Percezione, Ipobulia e Cenestesie). Lo strumento condivide con l’FBF il carattere di una certa lunghezza e il suo uso sembra rimasto finora confinato al gruppo che l’ha prodotto (31)-(33).
L’Eppendorf Schizophrenia Inventory
Recentemente Reinhard Mass dell’Università di Amburgo e il suo gruppo (38) (39) hanno messo a punto l’ESI, Eppendorf Schizophrenia Inventory, uno strumento di autovalutazione delle esperienze soggettive nella Schizofrenia di agile impiego, ricavato dalla riduzione di 138 item di partenza attraverso la selezione di quelli che erano risultati significativamente più frequenti in gruppi di pazienti ambulatoriali con schizofrenia cronica e al primo episodio rispetto a controlli e pazienti con diagnosi di depressione, alcolismo e disturbi ossessivo-compulsivi. Un ulteriore criterio di selezione richiedeva che entrambi i gruppi di pazienti con schizofrenia occupassero negli item selezionati il primo o secondo rango nella distribuzione dei punteggi rispetto agli altri gruppi, per cercare di evitare la selezione di item espressione di reazioni secondarie o relative ad una lunga durata del disturbo. La versione finale dell’ESI risulta costituita da 34 affermazioni che esplorano esperienze soggettive relative alle ultime quattro settimane, a cui il soggetto risponde in una scala a quattro punti che va da “non corrisponde affatto” a “corrisponde in pieno”, con un punteggio quindi per ciascun item che va da 0 a 3. La somma dei punteggi dei singoli item costituisce il punteggio globale.
I 34 item che esplorano le esperienze soggettive si distribuiscono in quattro sottoscale, in base al contenuto delle esperienze indagate e ai risultati di una analisi fattoriale preliminare su un campione costituito da 90 pazienti con schizofrenia. La prima sottoscala, “Disturbo dell’Attenzione e del Linguaggio” (AS) raccoglie 10 item che esprimono soprattutto difficoltà nel mantenere l’attenzione e nell’esercizio delle funzioni ricettive ed espressive del linguaggio. Affermazioni tipiche sono “Quando qualcuno parla con frasi piuttosto lunghe, faccio fatica a capirne il significato” oppure “Quando guardo la televisione mi riesce difficile seguire insieme immagini e parole e allo stesso tempo capire la trama”. La seconda sottoscala, costituita da 7 item, è denominata “Idee di Riferimento” (IR) e comprende item che esprimono la tendenza a interpretare come riferiti a sé o comunque con significati particolari e speciali, eventi banali della vita quotidiana. Item tipici sono: “Talvolta mi succede come se gli oggetti del mio ambiente fossero disposti in un modo che ha un significato particolare” oppure “Talvolta credo che vengano fatti personalmente a me certi segnali speciali che nessun altro nota”. La sottoscala Incertezza Uditiva (AU) è composta da 8 item che descrivono la difficoltà di discriminare tra pensieri e parole effettivamente udite. Esempi sono: “Talvolta, anche quando ho sentito qualcosa molto chiaramente, non sono sicuro di non essermelo solo immaginato” e “Talvolta sento la mia ‘voce interna’ così tanto chiara come se ci fosse veramente qualcuno a parlarmi”. La quarta sottoscala, chiamata Deviazione Percettiva (DP) comprende 9 item e si riferisce a fini disturbi e aberrazioni percettive in varie modalità sensoriali, con particolare riferimento alle cenestesie e ai disturbi della percezione della propria immagine corporea. Esempi tipici di questa sottoscala sono “Talvolta una parte del mio corpo mi sembra più piccola di quanto è in realtà” e “Di quando in quando muovendo parti del mio corpo non le riesco a sentire bene”.
Il questionario è integrato da 5 item analoghi a quelli che costituiscono la scala L nel Minnesota Multiphasic Personality Inventory (40), volti a controllare la tendenza del soggetto a rispondere al questionario mettendosi in buona luce, item che sono raggruppati nella sottoscala FR (da frankness). Un ultimo item (“Ho risposto a tutte le domande il più precisamente possibile”) controlla il grado di motivazione ed attenzione con cui si è compilato il questionario, che viene così ad essere costituito complessivamente da 40 affermazioni.
La validità discriminante dello strumento nella versione tedesca è già stata confermata in uno studio di replicazione tramite somministrazione a un nuovo campione di 202 pazienti con diagnosi di Schizofrenia, Alcolismo, Depressione e Disturbo Ossessivo-Compulsivo secondo i criteri ICD-10 e controlli normali (41).
Materiali e metodi
Soggetti
50 pazienti con diagnosi clinica di Schizofrenia (F 20.X) secondo i criteri dell’ICD-10 sono stati consecutivamente reclutati tra quelli ricoverati per un’esacerbazione della sintomatologia presso il reparto di Diagnosi e Cura Uno dell’Azienda USL di Modena. Criteri di esclusione erano: età inferiore ai 18 o superiore ai 65 anni, comorbilità con disturbi da abuso di sostanze o ritardo mentale, lingua madre diversa da quella italiana, analfabetismo. I pazienti sono stati avvicinati dai ricercatori in prossimità della dimissione, dopo aver consultato il medico di riferimento circa la risoluzione della fase acuta del disturbo. Ai soggetti è stato spiegato lo scopo della ricerca e solo dopo averne ottenuto consenso informato si è proceduto alla somministrazione dei questionari. 14 pazienti hanno declinato l’invito a partecipare alla ricerca. Il confronto su sesso, età e anni di istruzione tra questi pazienti e quelli che hanno partecipato alla ricerca non ha mostrato differenze significative.
Le diagnosi cliniche di dimissione tra i soggetti partecipanti erano così distribuite: 38 (76%) soggetti erano affetti da Schizofrenia Paranoide F 20.0, 10 (20%) da una forma Indifferenziata F 20.3, 4 (8%) soffrivano di una forma Ebefrenica F 20.1, 2 (4%) di una forma Simplex F 20.6 e 1 (2%) soggetto era affetto da Schizofrenia Catatonica F 20.2. Il soddisfacimento dei criteri diagnostici è stato controllato attraverso il manuale per la ricerca dell’ICD-10 (42).
L’età media dei pazienti era 38 anni (DS 11.5), 34 di loro (68%) era di sesso maschile; gli anni di istruzione in media completati erano 11.4 (DS 2.88). L’età media dei controlli, di cui pure 34 erano di sesso maschile, era 37,8 anni (DS 11,7); la scolarità media era di 12,2 anni (DS 2,93). Gli anni di malattia (calcolati come l’età al momento della ricerca meno l’età al primo contatto con un operatore della salute mentale) erano in media 10,5 (DS 9,0), l’età media al primo ricovero 28,4 anni (DS 10,2), il numero medio di ricoveri, escluso quello indice, 5,7 (DS 8,1). Tutti i pazienti assumevano, al momento della valutazione, terapia antipsicotica e circa una metà anche benzodiazepine. 50 controlli normali, appaiati per sesso, età ed anni di istruzione, sono stati reclutati colleghi e amici dei ricercatori, nonché tra i parenti di pazienti ricoverati in un Reparto di Dermatologia presso cui uno degli autori stava svolgendo un tirocinio. Per quanto riguarda le variabili socio-demografiche, tuttavia, nel campione di pazienti era rappresentata una più ampia percentuale di soggetti single, separati e divorziati (n = 45, 90%) rispetto ai controlli (n = 28, 56%; Chi di Pearson = 14,66, df 1, p = ,000) e, per quanto riguarda lo status lavorativo, una percentuale significativamente maggiore di soggetti con pensione di disabilità (n = 7, 14% vs n = 0, 0%, Chi di Pearson = 9,33, df 2, p = ,008).
Strumenti
Oltre alla raccolta dei dati sociodemografici, di quelli relativi a diagnosi e a decorso della malattia nei pazienti, a pazienti e controlli è stata somministrata la versione italiana della Eppendorf Schizophrenia Inventory (ESI) (38) (39). Lo strumento è stato tradotto indipendentemente da due psichiatri in italiano dagli originali in tedesco e in inglese, le versioni sono state confrontate e le divergenze risolte per consenso e in seguito a discussione con i medici del reparto di Diagnosi e Cura in cui si è svolta la ricerca; la versione così ottenuta è stata ritradotta alla cieca da un altro psichiatra con ottima fluenza della lingua inglese e sottoposta all’Autore dell’originale, discutendo nuovamente le discrepanze e risolvendole per consenso. La versione italiana definitiva così ottenuta è disponibile a richiesta dal primo autore di questo contributo.
I pazienti sono inoltre stati valutati anche con la Positive and Negative Syndrome Scale (43) (44) da uno psichiatra (G.M.G.) con training ed esperienza nel somministrare lo strumento. La PANSS è uno strumento di valutazione eterosomministrato per la misura standardizzata dei sintomi psicopatologici della schizofrenia e consiste di 7 item che esplorano i sintomi cosiddetti positivi (come deliri e comportamento allucinatorio), 7 item che esplorano sintomi negativi (come appiattimento affettivo e ritiro sociale passivo), e 16 item di psicopatologia generale (come ansia, depressione e disorientamento). Ciascun item è valutato in una scala ancorata a sette punti che va da 1 (assente) a 7 (estremamente grave). Si ottiene così un punteggio complessivo e uno per le tre sottoscale Positiva, Negativa e Generale. Numerose analisi fattoriali hanno trovato soluzioni a più fattori non sempre tra loro concordanti (45)-(47), malgrado ciò, la scala rimane una della rating scales psicopatologiche più attendibili, validate ed utilizzate. Al momento della somministrazione della PANSS il ricercatore non conosceva i risultati della somministrazione dell’ESI.
Ai pazienti è anche stato distribuito il Frankfurter Beschwerde Fragebogen nella versione italiana curata dal gruppo di Stanghellini (30); i questionari di soli 35 pazienti sono risultati utilizzabili, avendo gli altri omesso di rendere il questionario compilato o avendo consegnato un questionario molto incompleto. Il gruppo di pazienti che ha compilato l’FBF non differiva da quello che non lo ha fatto per quanto riguarda sesso, età, durata del disturbo, e punteggi totali e alle sottoscale della ESI.
Analisi statistica
È stato utilizzato il programma statistico SPSS per Windows, versione 10.0.
I confronti di variabili tra i gruppi di pazienti e controlli sono stati condotti attraverso l’analisi del chi-quadro, t per due campioni indipendenti e U di Mann-Whitney secondo il tipo di variabile e la distribuzione dei dati. Le correlazioni lineari tra variabili sono state calcolate con il coefficiente rho di Spearman, mentre per le misure di coerenza interna si riporta l’alfa di Cronbach.
Risultati
La Tabella I riporta il confronto dei valori medi di pazienti e controlli nel punteggio totale della ESI e delle sottoscale che lo compongono. Si è utilizzato il test non parametrico di Mann-Whitney per due campioni indipendenti, onde tenere conto della distribuzione dei punteggi fortemente scodata a sinistra nel gruppo dei controlli.
Tutti i confronti mostrano una differenza altamente significativa dal punto di vista statistico, eccetto quello della sottoscala FR che mostra solo una tendenza, non significativa, verso minori punteggi nel gruppo dei controlli.
Test di Mann-Whitney condotti per valutare possibili differenze ai punteggi della ESI e delle sue sottoscale in base al sesso dei pazienti non hanno mostrato differenze significative. La Tabella II mostra i risultati dell’analisi correlazionale attraverso il rho di Spearman tra punteggi dell’ESI globale e delle sue sottoscale e parametri sociodemografici e relativi alla malattia, nonché con i punteggi della PANSS dei 50 pazienti con diagnosi di Schizofrenia.
Nella Tabella successiva, Tabella III, vengono invece riportate le correlazioni dei punteggi dell’ESI e delle sue sottoscale con quelli riportati nell’FBF e nei suoi dieci insiemi fenomenici dai 35 pazienti che hanno completato ambedue gli strumenti.
Dato l’elevato numero di correlazioni significative e di medio/alta entità, si sono sottolineate per ciascuna delle sottoscale dell’ESI, con l’intento di favorire l’interpretazione dei risultati, le tre correlazioni significative di maggior valore assoluto con gli insiemi fenomenici dell’FBF.
La consistenza interna della scala, limitatamente ai 34 item che esplorano le esperienze soggettive, è stata calcolata attraverso la misura del coefficiente alfa di Cronbach sul campione di pazienti (n = 50). L’alfa globale raggiungeva il valore di ,89, quello della sottoscala Disturbo dell’Attenzione e del linguaggio (AS).81; Idee di Riferimento (IR).70; Incertezza Uditiva (AU).71 e Devianza Percettiva (DP).65.
Discussione
I risultati di questa ricerca offrono un primo contributo alla validazione della versione italiana dell’Eppendorf Schizophrenia Inventory. In un campione di pazienti italiani con schizofrenia ricoverati per un’esacerbazione del disturbo, tutte e quattro le sottoscale ricavate tramite analisi fattoriale del campione originale tedesco discriminavano in maniera altamente significativa il gruppo di pazienti dai controlli. La sottoscala di controllo Sincerità (FR) tendeva ad avere valori medi lievemente maggiori nei pazienti, sebbene in maniera non statisticamente significativa, probabile indice di una situazione di minore difesa rispetto alla situazione del test. Nella presente analisi si è scelto di attenersi alle sottoscale trovate attraverso l’analisi fattoriale del lavoro originale (38), che nel frattempo sono state confermate attraverso Analisi Fattoriale Confermativa (CFA) su un campione totale di 167 pazienti con Schizofrenia (R. Mass, comunicazione personale).
Anche per la ESI italiana, i risultati del test non appaiono influenzati da genere, età e livello di istruzione. Nei lavori di riferimento sulla versione tedesca della scala (38) (39), solo il livello d’istruzione presentava una correlazione significativa, di segno negativo, con i fattori disturbo dell’attenzione e del linguaggio (AS) e devianza percettiva (DP), sebbene di lieve entità (rho .27 e .28 rispettivamente).
La mancanza di correlazione tra sottoscale dell’ESI con i punteggi totali della PANSS (se si eccettua una correlazione negativa con il punteggio alla sottoscala IR, di cui si dirà in seguito) e della sue sezioni generale e positiva, sono a favore della specificità dell’ESI a rilevare esperienze soggettive qualitativamente differenti dai sintomi esplorati dalla PANSS. Ciò appare importante rispetto all’ipotesi che le esperienze raccolte dalla ESI rappresentino semplicemente forme attenuate di sintomi positivi o di psicopatologia generale di cui costituirebbero, per così dire, rispettivamente gli equivalenti microproduttivi o subclinici in un continuum di gravità.
Un’analisi correlazionale più approfondita tra sottoscale della ESI e item della PANSS conferma questa differenza, sebbene risultino significative correlazioni di lieve entità tra i disturbi dell’attenzione e del linguaggio (AS) e gli item PANSS P2 “Disorganizzazione concettuale” (rho = ,29, p = ,04) e N5 “Difficoltà del pensiero astratto” (rho = ,27, p = ,05). Anche nella ricerca di Mass (38) la sottoscala AS correlava con il fattore “Sindrome cognitiva” della PANSS, costituita dagli item P2, N5 e G11 (45). In questo studio di riferimento, il disturbo dell’attenzione e del linguaggio era l’unico fattore dell’ESI che mostrava una buona stabilità alla prova di test-retest ad un anno e che correlava con la durata del disturbo psichiatrico. Sulla base di questi riscontri, e sulle correlazioni riportate con gli item della PANSS che individuano il disturbo formale del pensiero, Mass ha proposto che la sottoscala AS rappresenti un indice indiretto di vulnerabilità secondo Neuchterlein e Dawson (48). La ricerca qui presentata conferma sia la correlazione di questa sottoscala con gli item P2 ed N5 della PANNS, sia la correlazione con la durata della malattia, anche controllando per l’età (correlazione parziale r = ,338, p = ,05). Sembra interessante notare come, mentre anche la sottoscala incertezza uditiva (AU) presenti questa correlazione (r = ,42, p = ,01) nella nostra ricerca, altrettanto non si verifichi per nessuno degli insiemi fenomenici dell’FBF, il che può suggerire una maggior capacità della ESI di cogliere aspetti soggettivi legati ad una vulnerabilità al disturbo.
Per quanto riguarda la correlazione inversa rilevata tra l’ESI e tre delle sue sottoscale (IR, AU, DP) con la sezione negativa della PANSS, si può osservare che tale tendenza era già stata riscontrata da Maggini e collaboratori (19), sebbene altri studi abbiano mostrato una correlazione diretta (12). Le ipotesi interpretative possibili contemplano che all’accentuazione dei sintomi negativi corrisponda uno “spegnimento” della floridezza dei sintomi di base, oppure che dai fenomeni di alogia e di difficoltà di pensiero astratto appartenenti alla sindrome negativa derivi una incapacità di cogliere, riconoscere ed esprimere in parole i propri deficit. L’argomento è uno dei più controversi nello studio delle relazioni tra sintomi di base e sintomi della schizofrenia (49) e certo merita ulteriori approfondimenti.
Il riscontro di elevate e significative correlazioni dell’ESI con uno strumento da tempo disponibile per l’autovalutazione delle esperienze soggettive, il Frankfurter Beschwerde Fragebogen, suffraga una buona validità concomitante dello strumento. L’ispezione degli insiemi fenomenici dell’FBF con cui ciascuna sottoscala dell’ESI presenta le covariazioni di più elevata entità, ne rappresenta un’ulteriore conferma, essendo possibile verificare come gli insiemi fenomenici dell’FBF con cui ciascuna sottoscala dell’ESI correla maggiormente siano quelli che presentano item con maggiore affinità tematica. Per esempio, la sottoscala ESI disturbo dell’attenzione e del linguaggio (AS) presenta le più elevate correlazioni con le aree tematiche del Linguaggio (SP) e della Memoria (GED) dell’FBF; la sottoscala ESI idee di Riferimento (IR) correla maggiormente con il disturbo del Pensiero (DE) del questionario di Francoforte; l’incertezza uditiva (AU) correla strettamente con il disturbo della percezione semplice (WAS) e con il disturbo del linguaggio (SP); la sottoscala ESI devianza percettiva (DP) presenta le più alte correlazioni con gli insiemi fenomenici dell’FBF più affini per contenuto: disturbo della percezione semplice (WAS) e perdita del controllo (KO).
Malgrado questa ampia e significativa correlazione, i due questionari coprono aree psicopatologiche differenti. Il campo di esplorazione dell’ESI, infatti, appare più limitato e verosimilmente più specifico per le aree cognitive, del linguaggio, delle distorsioni del pensiero e dell’autoriferimento, ambiti cioè che, nel modello di Huber, si riferiscono ai sintomi di base di secondo livello (ipotizzati essere più caratteristici di stati prepsicotici e psicotici), mentre l’FBF estende il suo campo di osservazione alle aree aspecifiche dei cosiddetti “deficit dinamici” ovverosia della compromissione della capacità generale di far fronte ai normali compiti della vita quotidiana per mancanza di energia e accresciuta esauribilità. Nei confronti dell’FBF quindi, ma anche rispetto alla SRDB, che anzi enfatizza le aree di insufficienza dinamica di tradizione janzarikiana, l’ESI apparirebbe uno strumento più mirato a cogliere proprio quegli aspetti di disregolazione cognitiva attualmente ritenuti riflettere una vulnerabilità schizotropica (26). I vantaggi della sinteticità dello strumento, che tuttavia permette una stima dell’intensità dei fenomeni soggettivamente esperiti, costituirebbe un ulteriore vantaggio rispetto all’FBF.
Per quanto riguarda le caratteristiche di attendibilità della versione italiana dell’ESI e delle sue sottoscale, infine, i valori di alfa di Cronbach riportati, appaiono accettabili (con valore della scala globale e di tre sottoscale su quattro maggiori o uguali a ,70, ma lievemente inferiori a quelli dello strumento originale, il cui range era ,77-,87).
L’interpretazione di questi risultati ancora preliminari dell’applicazione della ESI nella versione italiana necessita di cautela, stanti le numerose limitazioni della presente ricerca. In primo luogo, il gruppo di controllo utilizzato non permette di compiere inferenze circa la validità discriminante dello strumento rispetto ad altri gruppi di pazienti psichiatrici con diagnosi diversa da quella di schizofrenia. Un’altra importante limitazione è rappresentata dalla scelta degli autori di non inserire nel protocollo sperimentale una misura di test-retest, scelta effettuata con l’intento di limitare al massimo il disagio per i pazienti e l’interferenza della ricerca con il processo terapeutico. Inoltre, la diagnosi clinica di schizofrenia, seppure controllata attraverso i criteri diagnostici ICD-10 per la ricerca, non era confortata dalla somministrazione di una intervista strutturata ed è possibile che alcuni dei controlli manifestassero una psicopatologia non evidente (il che tuttavia non inficia, anzi rafforza, le differenze riscontrate nei punteggi ESI).
Conclusioni
L’ESI appare un affidabile, anche se breve, e ben accetto strumento di screening per esplorare esperienze soggettive correlate alla psicosi. Numerose ricerche che utilizzano l’ESI sono attualmente in corso, tra cui uno studio comparativo multicentrico internazionale in fase di ultimazione, cui partecipano, oltre al nostro gruppo, colleghi argentini, messicani, cechi e turchi. Naturalmente, ulteriori studi appaiono necessari a chiarire la specificità dello strumento rispetto ad altri gruppi diagnostici, la sua test-retest reliability nella versione italiana e sue eventuali correlazioni con valutazioni neuropsicologiche delle funzioni cognitive, altre misure di esito, e, come proposto dall’autore dell’originale, una sua eventuale utilità nell’individuare stati mentali a rischio per sviluppo di psicosi.
Ringraziamenti
Si ringrazia il Dr. Martin Genau per la collaborazione nella traduzione, il Dr. Christian Drusiani per la collaborazione nella traduzione e nella raccolta di parte dei dati e Reinhard Mass, PD, Dr. phil. per utili commenti su versioni precedenti di questo contributo.
Tab. I. Confronto dei punteggi globali e delle sottoscale dell�ESI in 50 pazienti con diagnosi di Schizofrenia F 20.X secondo l�ICD-10 e 50 controlli. Comparison of total and subscale ESI scores in 50 patients with ICD-10 diagnosis of schizophrenia (F 20.X) and 50 controls.
Pazienti n = 50 |
Controlli n = 50 |
Test U di |
|||
Media |
DS |
Media |
DS |
||
ESI Totale |
39,1 |
19,2 |
7,9 |
8,7 |
133.500, p = ,000 |
AS |
11,4 |
7,1 |
2,5 |
3,3 |
237.000, p =,000 |
IR |
10,4 |
5,3 |
1,5 |
2,1 |
171.000, p =,000 |
AU |
9,2 |
5,7 |
2,4 |
2,5 |
348.500, p =,000 |
DP |
8,1 |
5,4 |
1,5 |
2,1 |
248.000, p =,000 |
FR |
8,2 |
3,5 |
7,0 |
2,5 |
1.004.500, p =,088 |
ESI = Eppendorf Schizophrenia Inventory |
Tab. II. Correlazioni (rho di Spearman) tra i punteggi ESI totali e delle sue sottoscale con dati sociodemografici, relativi al disturbo e punteggi delle sezioni della PANSS in 50 pazienti con diagnosi di Schizofrenia F 20.X secondo l�ICD-10. Spearman�s correlations (rho) between total ESI scores and its subscales and measures related to sociodemographic data, to the disorder abd to PANSS subsections in 50 patients with a diagnosis of ICD-10 schizophrenia (F 20.X).
ESI |
AS |
IR |
AU |
DP |
|
Età |
,057 |
,109 |
– ,017 |
– ,037 |
,055 |
Anni di istruzione |
– ,062 |
– ,082 |
,000 |
– ,050 |
– ,052 |
Durata del disturbo (anni) |
,301* |
,336* |
,165 |
,345* |
,098 |
Numero di ricoveri |
,086 |
,125 |
,018 |
,222 |
– ,112 |
PANSS |
– ,214 |
,034 |
– ,290* |
– ,154 |
– ,141 |
PANSS |
,028 |
,128 |
– ,146 |
,142 |
,058 |
PANSS |
– ,329* |
– ,012 |
– ,397* |
– ,290* |
– ,353* |
PANSS |
– ,142 |
– ,014 |
– ,090 |
– ,163 |
– ,012 |
* p < 0,05; ** p < 0,01 (2 code) Abbreviazioni: |
Tab. III. Correlazioni (rho di Spearman) tra i punteggi ESI totali e delle sue sottoscale con i punteggi totali e dei dieci insiemi fenomenici del Frankfurter Beschwerde Fragebogen in 35 pazienti con diagnosi di Schizofrenia 20.X secondo l�ICD-10. Onde facilitare l�interpretazione, si sono sottolineate, per ciascuna sottoscala ESI, tre correlazioni di valore più elevato con gli insiemi fenomenici dell�FBF. Spearman�s correlations (rho) between total ESI scores and its subscales and the scores on the ten phenomenic sets of the Frankfurter Beschwerde Fragebogen in 35 patients with a diagnosis of ICD-10 schizophrenia (F 20.X). To facilitate interpretation, for each ESI subscale, the three highest correlations with the FBF phenomenic sets were underlined.
FBF tot |
KO |
WAS |
WAK |
SP |
DE |
GED |
MO |
AUF |
AN |
REI |
|
ESI |
.711** |
.502** |
.583** |
.573** |
.587** |
.467** |
.602** |
.556** |
.6.23** |
.425* |
.499** |
AS |
.501** |
.322 |
.354* |
.352* |
.530** |
.230 |
.482** |
.333 |
.526** |
.245 |
.362* |
IR |
.591** |
.483** |
.477** |
.474** |
.377* |
.607** |
.441** |
.452** |
.524** |
.457** |
.319** |
AU |
.718** |
.479** |
.648** |
.575** |
.595** |
.528** |
.477** |
.657** |
.545** |
.485** |
.546** |
DP |
.701** |
.576** |
.612** |
.552** |
.522** |
.459** |
.620** |
.547** |
.542** |
.410* |
.544** |
p < 0.05; ** p < 0.01 (2 code) Abbreviazioni: ESI = Eppendorf Schizophrenia Inventory; AS = Disturbo dell�Attenzione e del Linguaggio; IR = Idee di Riferimento; AU = Incertezza Uditiva; DP = Devianza Percettiva; FBF = Frankfurter Beschwerde Fragebogen; KO = Perdita di controllo; WAS = Percezione Semplice; WAK = Percezione Complessa; SP = Linguaggio; DE = Pensiero; GED = Memoria; MO = Motricità; AUF = Perdita degli Automatismi; AN = Anedonia e Ansia; REI = Sovrabbondanza dei Stimoli |
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